Arte in Ambasciata. Italia Contemporanea a Vilnius è un progetto nato da un’idea di Emanuele de Maigret – Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica di Lituania. La sede dell’Ambasciata si è trasformata in un museo permanente che presenterà l’arte italiana, con 45 opere di 42 artisti dagli anni ‘50 ai nostri giorni, ai cittadini di questa regione dell’Unione Europea così vicina al conflitto russo-ucraino.
La mostra, a cura di Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi, con il contributo di Daniele Crippa per la parte storica e la collaborazione di Manuela Valentini per l’arte contemporanea, è parte di un’operazione di diplomazia culturale di ampio respiro voluta dall’Ambasciatore.
In occasione dell’evento di inaugurazione dello scorso 3 ottobre, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle principali istituzioni culturali e politiche lituane, l’Ambasciatore de Maigret ha affermato che: «Grazie a questa mostra permanente l’Ambasciata diventerà un museo d’arte italiana contemporanea nel cuore di Vilnius. L’obiettivo è quello di dare vita ad uno spazio multifunzionale che consenta di avviare un ciclo virtuoso di collaborazioni con controparti pubbliche e private italiane e lituane in molteplici settori».
Il curatore Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi ha aggiunto: «Questa mostra offre l’occasione di promuovere l’arte italiana contemporanea e di creare una serie di relazioni durature. Abbiamo voluto mandare il segnale che siamo presenti in Lituania, un paese in tensione per quanto sta succedendo a livello internazionale. Realizzare in questo momento storico una mostra di arte italiana, che vuol dire europea, nell’Ambasciata d’Italia in Lituania è un’operazione di diplomazia culturale, che pensiamo possa essere apprezzata e avere un impatto simbolico di continuità nelle relazioni di amicizia fra i due paesi. L’Italia è tra i paesi che si stanno maggiormente impegnando in tutto il mondo attraverso la diplomazia culturale».
Questa intervista a Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi, curatore, storico e critico d’arte, presenta un progetto dinamico che, iniziato a ottobre con questa mostra d’arte, prevede altri eventi a cavallo del nuovo anno per raccontare lo stile e la creatività italiani. Gli spazi dell’ambasciata si modificheranno, cambiando carattere, per creare continui dialoghi e connessioni. Si aggiungeranno nuovi focus sull’arte italiana contemporanea, che arricchiranno l’esposizione con nuovi prestiti di opere singole o piccoli nuclei, rendendo omaggio ad alcuni artisti in particolare.
Sarà poi la volta della presentazione del catalogo, che verrà realizzato con contributi di carattere scientifico e schede delle opere. Oltre alle mostre temporanee, saranno organizzati anche eventi, performance, progetti di video mapping e altre iniziative con la partecipazione di artisti italiani e lituani. La mostra occuperà non solo gli spazi dedicati alle esposizioni, ma anche le sale adibite agli impegni ufficiali di rappresentanza e gli studi dell’Ambasciata.
Il progetto è partito in un momento particolarmente ricco di eventi culturali, come la fiera internazionale d’arte contemporanea ArtVilnius conclusa il 6 ottobre 2024 e la ventesima Giornata internazionale del Contemporaneo del 12 ottobre, anticipando di qualche mese le iniziative del 2025 per l’anno dedicato ai rapporti bilaterali fra l’Italia e la Lituania.
L’arte racconta chi siamo, mette in comunicazione culture diverse, unisce o divide sui temi del nostro tempo, interpreta la Storia, anticipa le trasformazioni sociali e culturali. Quale obiettivo vi siete posti con questa mostra?
«L’Ambasciata, situata in un luogo simbolico della città, si trasformerà in un museo temporaneo dell’arte italiana contemporanea a Vilnius. L’intento non è quello di fare una mostra esaustiva o autocelebrativa dell’Italia, ma di creare un dialogo con la città. Vogliamo avviare nuovi progetti e collaborazioni con la sua importante rete di musei e favorire la nascita di collaborazioni tra gli artisti contemporanei italiani e la città di Vilnius o la Lituania stessa».
Raccontare oltre settant’anni di Arte Italiana, in uno spazio limitato e molto caratterizzato dalla sua funzione diplomatica, ha rappresentato sicuramente una sfida. Cosa l’ha guidata nelle sue scelte?
«In questa mostra ho voluto dare vita, su impulso dell’Ambasciatore De Maigret e assieme ai co curatori Daniele Crippa e Manuela Valentini, ad una breve storia dell’arte italiana contemporanea, seguendo linee maestre per tracciarne lo sviluppo. Come storico dell’arte e curatore generalmente mi piace realizzare mostre che partano dalle fonti filologiche e storiche con un percorso critico.
In questo caso, invece, non potendo in tale sede presentare l’intera storia dell’arte italiana del periodo ovviamente, abbiamo fatto una selezione delle tappe più importanti. Non sono stati seguiti criteri strettamente cronologici, ma abbiamo proceduto secondo una logica di relazioni elettiva ed estetica fra le parti e, dove è stato possibile, per parametri generazionali. Talvolta, il criterio scelto è stato per appartenenza degli artisti ad alcuni gruppi, per esempio la ‘Scuola di Piazza del Popolo’, i cui esponenti come Tano Festa, Franco Angeli, Mario Schifano, che sono allestiti, infatti, nella stessa sala.
Abbiamo, quindi, portato a Vilnius i grandi maestri, dal secondo novecento fino agli artisti di ultima generazione, molti dei quali presenti anche nelle collezioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Collezione Farnesina). Ci saranno anche alcune ‘riscoperte’, ovvero artisti che negli anni ’50 ma anche successivamente negli anni ’80 sono stati promettenti e innovativi per la loro epoca, ma che hanno poi perso appeal per il mondo dell’arte, anche se realizzarono opere importanti.
Abbiamo scelto alcuni di questi – come, per esempio Carla Prina o Enzo Nenci – con opere significative del loro percorso, perché le mostre, anche istituzionali come lo è questa, possono essere un’occasione per riscoprire molti lati della storia dell’arte anche più recente. La mostra, infatti, è stata, a tutti gli effetti, il frutto di ricerche sullo sviluppo dell’arte italiana contemporanea».
Possiamo dire, quindi, che la mostra rappresenti una summa della storia dell’arte contemporanea italiana. Quali sono le 45 opere d’arte che hanno inaugurato questo ambizioso progetto e chi sono i 42 artisti che avete selezionato?
«Per tutti gli artisti in mostra, abbiamo cercato di esporre opere significative del loro percorso, mi limito a ricordarne due: Notus Notte – Meditazione d’après Georges de la Tour di Luigi Ontani (1972), opera significativa della celebre serie fotografica dei D’après, in cui l’artista si fa sia autore, sia interprete principale dell’opera; così come In diretta dalla luna (prima metà anni ’70) di Mario Schifano che testimonia il suo costante tentativo di registrare il flusso delle immagini sulla tela. Ho, poi, pensato ad un omaggio particolare all’arte Optical. In Lituania, infatti, negli anni ’60 – ’70 diversi artisti importanti aderirono a questo movimento, come Kazys Varnelis, e hanno avuto successo oltreoceano.
Possiamo dire che sono rappresentati alcuni degli esponenti più significativi dell’arte italiana dell’ultimo secolo, in ordine misto da Carla Accardi a Renata Boero, da Federica Marangoni, Bruno Ceccobelli, Gianni Asdrubali all’arte concettuale di Concetto Pozzati; l’arte analitica di Paolo Cotani, Enzo Cacciola ed Elio Marchegiani; la Scuola di Piazza del Popolo con Tano Festa, Franco Angeli e Mario Schifano, poi ancora Mimmo Rotella fino alla neo Pop di Marco Lodola; la linea geometrica da Bruno Munari, Carla Prina, Achille Perilli fino a Vincenzo Mascia, Nicola Evangelisti, Daniela Forcella; la ricerca fotografico – concettuale con opere da Luigi Ontani a Matteo Basilè, Luca Pozzi, Davide Bramante.
Una nota particolare la merita la scultura dal secondo ’900 a oggi, partendo da Giacomo Manzù ed Enzo Nenci, passando per Salvatore Fiume, Germano Sartelli, Walter Di Giusto, Giacomo Cavina, Roberto Bricalli, fino alle ultime realizzazioni di Daniele Sigalot e anche di Gioni David Parra che lavora fra pittura e medium scultoreo. Non potevano mancare, infatti, opere d’arte dei giorni nostri, secondo le varie tendenze stilistiche, dallo studio della figurazione tendente quasi al sacro nei disegni sfumati di Omar Galliani e nelle pitture di Lorenzo Puglisi, così come nelle figure dell’italo-argentino Eugenio Cuttica, che fanno da contraltare al dionisiaco Vezio Moriconi. Forte, infine, la presenza delle ultime generazioni di artisti affermati come Pietro Ruffo, Sabrina D’Alessandro, Francesca Pasquali, Flavio Favelli, Veronica Montanino».
Rispetto alle scelte curatoriali di cui mi ha parlato c’è un caso particolare che ha colpito la mia attenzione e che vorrei approfondire. Si tratta di ‘Blu oltremare – Rosso cadmio’ di Omar Galliani, un’opera inedita che, però, reinterpreta una fase storica del percorso del Maestro. Per questa mostra, infatti, Galliani ha ripreso in mano i pastelli colorati ed è tornato ai suoi volti iconici degli anni ’90, abbandonando per un momento il nero della grafite e il tema del rapporto dell’uomo con la natura a cui sta lavorando nell’ultimo anno.
«Ho già lavorato con Omar in passato e conosco bene la sua ricerca. Ci siamo confrontati con l’artista e, siccome trovavo interessante la serie Oltremare da lui realizzata a partire dagli anni ’90, ha prodotto una nuova opera ad essa ispirata. Si è creato, così, un rapporto molto bello, che è curatoriale ma allo stesso tempo quasi di committenza, come del resto è successo anche con altri artisti in mostra».
L’Ambasciata si trova all’interno del palazzo in cui, agli inizi del Novecento, sorgeva la Società Elettrica di Vilnius, ossia la sede dell’ex compagnia elettrica lituana. Infatti, oggi come allora, il palazzo è sormontato da una scultura di Elektra, a simboleggiare l’ingresso nella nuova era della luce. Quindi, l’edificio torna oggi a splendere grazie all’Arte italiana come linguaggio di dialogo universale.
L’Ambasciata affaccia sul fiume Neris, che attraversa Vilnius, di fronte al Castello dei Gran Duchi della Lituania, luogo simbolo che rappresenta l’unità del paese. Lo stesso Castello fu dimora di Bona Sforza agli inizi del ’500, la quale fece riallestire parte degli spazi e delle architetture da maestranze italiane. Gli spazi espositivi, che occupano un intero piano, sono stati appena rinnovati per questa occasione, così come gli studi di rappresentanza che si prestano a ospitare una mostra di lunga durata.
La mostra è ospitata in un Palazzo storico che, per tutta la sua durata, continuerà a svolgere la funzione di sede di un’importante istituzione diplomatica.
Quali aspetti hanno richiesto più attenzione nell’allestimento?
«Un fattore molto importante su cui abbiamo lavorato in questa mostra è la luce. Rispetto ad un museo, nella sede dell’Ambasciata abbiamo la luce naturale che arriva dalle finestre. Si è dovuto tenere conto, quindi, dei cambiamenti nelle condizioni della luce durante le diverse fasi del giorno. Per questo motivo è stato coinvolto un architetto italiano, il light designer Filippo Erasti, che ci ha supportato per rendere il sistema di luci presente più museale, lasciando allo stesso tempo una certa dolcezza nella diffusione della luce che ci servirà anche per le opere di design, che saranno allestite negli stessi spazi nella seconda fase della mostra. Mentre la parte grafica del progetto, in ogni fase creativa – incluso il manifesto – è stata realizzata dall’artista e graphic designer Ren Jingge».
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