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I diversi sguardi su Beloved: Paolo Bufalini da Gelateria Sogni di Ghiaccio, a Bologna
Arte contemporanea
Con “Beloved”, ospitata negli spazi di Gelateria Sogni di Ghiaccio a Bologna e a cura di Condylura, l’artista Paolo Bufalini ci introduce in una dimensione intima che riflette e suggerisce un’intensa riflessione del concetto di profondità in campo affettivo, temporale, informatico e minerale. Ho voluto approfondire questa riflessione con l’aiuto dellɘ partecipantɘ al progetto, analizzando il punto di vista artistico, curatoriale e quello tecnologico introdotto dai Treti Galaxie con “Land of Nod”, dedicato all’ibridazione tra produzione artistica digitale e spazio fisico.
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Partendo da una riflessione sulla dimensione intima, ho chiesto a Paolo, da un punto di vista artistico e a Condylura, da un punto di vista curatoriale, di approfondire ed esprimere la propria visione riguardo l’indagine emotiva e fortemente personale.
Paolo Bufalini «Le tre opere in mostra costituiscono tutte, in modo diverso, delle forme di apertura sull’ignoto e/o sull’intimo: il mondo onirico e la natura di una relazione sentimentale (The Sleeper e tutto il progetto Land of Nod); il passato, in particolar modo l’infanzia (Tricksters); il futuro (Untitled). La mia compagna, Federica, è protagonista delle prime due: nella prima è ritratta dormiente; nella seconda una sua fotografia d’infanzia, che la ritrae mascherata, è moltiplicata e applicata su 239 lattine di energy drink. Il titolo della mostra, beloved, esplicita la mia relazione con questa persona, ma pone anche una serie di interrogativi: chi è questa “beloved”? Cosa sappiamo, oltre al fatto che è, appunto, amata? Cosa sa lei di sé stessa? Che cosa possono dirci in merito delle fotografie, o una tabella di dati biometrici? La memoria può essere considerata una fonte affidabile? In che misura l’immaginazione informa la nostra identità?
Queste domande hanno sì a che fare con una forma di endoscopia, ma anche con la distanza tra noi e il mondo, con l’impossibilità di accedere alla realtà in modo non mediato. Alla figura della beloved sono contrapposti i tricksters, anche se in realtà si tratta sempre di Federica. Se la definizione di beloved sembra alludere a una stasi, a una fissità, il trickster è colui che scompiglia l’ordine, che si trasforma continuamente. Il problema dell’identità è sospeso in questo limbo, è un riflesso della dialettica tra l’impulso trasformativo e ciò che di noi non cambia».
Condylura «beloved prosegue un percorso iniziato nel 2021 con la realizzazione di Condylura01, dove per la prima volta Paolo si è confrontato con la fotografia e con la dimensione del ricordo, riproponendo un album di fotografie d’infanzia che paradossalmente evoca temi cari alla sua (futura) pratica artistica. Se la pubblicazione intende richiamare il layout dell’album famigliare, beloved mette in scena l’ingresso in una dimensione altrettanto privata: uno spazio mentale, psichico o onirico. Potremmo dire che beloved oscura l’atmosfera per mettere in luce una sorta di materia grigia da cui si manifestano delle immagini epifaniche, come appunto in un sogno o in una sessione di ipnosi. L’idea dello spazio espositivo come uno spazio interiore è una caratteristica della sua ricerca, questa associazione tra esporre ed esporsi ricorre anche nelle sue opere, in cui spesso riferimenti all’ambito domestico e affettivo si caricano di tensione straniante proprio nel rapporto con immaginari animali o tecnologici.
beloved chiama in causa tematiche critiche legate al rapporto con dispositivi tecnologici, raccolta dati, profilazione del sé, suggerendo però la necessità di una prospettiva intima, personale e interpersonale. Allo stesso modo, il trattamento dello spazio evoca sì un luogo di interiorità, ma può essere percepito anche come una sorta di cava o di bunker sotterraneo. Un’associazione tra diverse immagini dello scavo – biografico, minerale, informatico – che si ritrova in tutti i lavori in mostra».
Concentrando l’attenzione sul binomio intimità/tecnologia, mi rivolgo ai Treti Galaxie riferendomi al rapporto di intimità che suggerisce la tecnologia tra dispositivi tecnologici e utenti dove “la fiducia e il controllo sono in continua negoziazione”.
Treti Galaxie «Ogni oggetto tecnologico prodotto dall’essere umano agisce sulla realtà in maniera ambivalente, e in questo troviamo estremamente appropriato il titolo scelto per l’opera delle lattine di energy drink nel frigo – Tricksters – e il ruolo che questo lavoro ha nell’economia della mostra: è una fonte di luce per lo spazio espositivo ma è inaccessibile, contiene una promessa di energia ma non la condivide, attiva riflessioni sulle altre opere pur essendo da queste formalmente distante. Nella sua inerzia opera su direzioni tra loro opposte.
La tecnologia emancipa perché permette di fare cose che il corpo umano, per sua struttura, non potrebbe fare (pensiamo alla pinza, alla pompa idraulica e al telefono) e al contempo rende schiavi, perché un nuovo strumento tecnologico, una volta comparso, si fa indispensabile e spinge verso una sua evoluzione di forme e rendimento. Ogni oggetto tecnologico ci allontana dalla Natura ma non fa nulla per colmare quel divario che a causa di esso progressivamente creiamo. L’arte, pur essendo ispirata e informata dall’evoluzione tecnologica, non ha un’utilità pratica, e per questo può fornire momenti di pausa e riflessione sulla natura del “fare” umano».
Paolo, in tutta la mostra mi sembra che si alternino tra loro il tuo rapporto con il passato inteso come azione dello scavare per riportare il ricordo al presente, allo stesso tempo cerchi di rendere il presente perpetuo (il registrare il respiro è come perpetuare la presenza fisica) e, infine, la dimensione di profezia e di interrogare il futuro (vedi anche la sfera di cristallo nella tua mostra “Eve” a spazio MASSIMO a Milano), come può essere analizzato ed espresso questa sorta di paradosso temporale e, più in generale, il tuo rapporto con il tempo?
PB «La sfera di cristallo, così come, qui, il dittico di sculture di stagno (Untitled), alludono alla possibilità – e al desiderio – di leggere, di interpretare – e quindi controllare – il futuro. Il presente e il passato, d’altra parte, sono altrettanto enigmatici e inafferrabili. I ritratti di Federica, sia quello fotografico quanto quello in forma di dati, ci permettono di guardare e di acquisire informazioni, ma ci rendono consapevoli, soprattutto, di ciò a cui non possiamo accedere. Il sonno e l’infanzia costituiscono delle dimensioni irriducibilmente altre: siamo indubitabilmente noi, ma anche stranieri a noi stessi.
La figura del Trickster allude, come dicevo, a questa mutevolezza dell’identità. È la mutevolezza, la trasformazione che ci rende consci del passare del tempo. Uno dei topos alla base di Land of Nod è quello del furto dell’anima: tutte le tecnologie, anche le più antiche, come la scrittura, sono accompagnate, al loro apparire, dal sospetto che ci sottraggano qualcosa, proprio perché, dando forma stabile a ciò che è mutevole, costituiscono una forma di tradimento, di corruzione. C’è, nella mostra, una dialettica tra la carica vitale ed eversiva dei Trickster e varie forme di tecnologia, compresa la superstizione.
In merito a quest’ultimo aspetto, vorrei spendere due parole sul processo di realizzazione di Untitled: gettando lo stagno fuso nell’acqua, esso assume, istantaneamente, queste forme astratte, che appunto vediamo nell’opera. La tradizione vuole che, in queste forme, si riconoscano forme e figure – animali, fiori, organi, figure fantastiche ecc. – e che, a partire da esse, si formulino auspici sull’anno nuovo. Io stesso, da bambino, ho partecipato a questo rituale, durante un Capodanno a Salisburgo. Mi sembra interessante che l’alfabeto del futuro sia costituito, sostanzialmente, da concrezioni materiche casuali, ma che all’interno di esse sia sempre individuabile un qualcosa di riconoscibile.
In questo processo pareidolitico, in maniera non troppo diversa dalla memoria, il dato è integrato da una componente immaginativa arbitraria. In questo senso, passato e futuro sono analoghi. Così come in eve, anche in beloved la sovrapposizione di temporalità diverse si articola in ritorni e anticipazioni, e trova una simbolizzazione nel mondo onirico, in particolar modo nel meccanismo della condensazione».
Da un punto di vista curatoriale, vorrei analizzare la scelta e la sfida di unire tre lavori che hanno una forte carica di significato e che, a mio parere, potrebbero potenzialmente funzionare in maniera molto forte anche da soli.
Condylura «Legandoci a ciò che si diceva prima, la scelta di far confluire nello spazio The sleeper (life-size), Trickster e Untitled è sembrata una naturale conseguenza di un processo portato avanti con Paolo. beloved ha una natura multimediale, le opere attraversano fotografia, oggetto trovato, installazione, scultura, dimensione analogica e digitale. Questa molteplicità di mezzi è però calata in una rete di rimandi che mettono nella condizione di percepire la mostra come un oggetto organico. I tre lavori sono accomunati da una contrapposizione tra la sentimentalità dei soggetti e la logica estrattiva che mettono in luce, e in atto, anche sul piano artistico, di valore e mediale.
Sono però tutti lavori autonomi, The Sleeper (life-size) è inoltre parte di Land of Nod, progetto a cura di Treti Galaxie, a cui abbiamo chiesto di poter ospitare in mostra il pazzo testo di fiction theory che hanno scritto. Per certi versi è una mostra che presenta direzioni recenti e inedite della ricerca di Paolo, ma l’organicità è sicuramente dovuta anche alla continuità con le sue produzioni precedenti.
Un esempio che potremmo citare, come per i lavori in cui ricorre la sfera di cristallo di cui parlavate, è Proposal (2020), una coppia di cuscini animati meccanicamente, il cui movimento evoca il ritmo respiratorio. Come in The Sleeper, anche in questo caso troviamo una figura dell’intimità, legata al legame di coppia, che cela allo stesso tempo una logica macchinica, inumana, perché il codice che la vivifica restituisce un movimento unisono e ripetitivo, rendendone perturbante la familiarità».
La parte del progetto Land of Nod, commissionato da OmniArtVerse e curato da Treti Galaxie, che prende parte alla mostra, contribuisce con il testo “Dalla collezione esperimenti onirici”. Come nasce? Mi sembra che suggerisca una visione contrastante del rapporto tra arte e tecnologia, in particolare l’arte viene presentata come pericolosa per la tecnologia e al tempo stesso inutile per il genere umano.
Treti Galaxie «Nel testo abbiamo cercato di osservare l’opera da una prospettiva archeologica, lontana nel tempo. Ci piaceva l’idea di considerare una tecnologia digitale estremamente contemporanea come se fosse antica. Abbiamo ipotizzato che un’opera d’arte fatta di dati potesse conservarsi inalterata nei secoli, sopravvivere al collasso della civiltà ed essere recuperata da un sistema organizzato di intelligenze artificiali, lo stesso sistema che quel collasso l’ha provocato in maniera diretta. Abbiamo la sensazione che se una rete di intelligenze artificiali dovesse acquisire una “coscienza” ci metterebbe una frazione di secondo a individuare l’essere umano quale principale oggettiva minaccia alla vita sul pianeta, e probabilmente in poche ore si adopererebbe per organizzarne l’estinzione. Ovviamente ci auguriamo che non succeda.
Nel testo abbiamo trascritto un ipotetico dialogo tra due di queste IA, che discutono il ritrovamento dell’opera di Paolo Bufalini e la giudicano pericolosa perché non la capiscono. In generale, l’IA sa che l’arte non ha una utilità pratica, sa che deriva da una deviazione del comportamento religioso umano, ma non capisce perché un essere umano debba dedicarsi a qualcosa al contempo molto pratico e molto astratto. L’opera di Bufalini è sia una fotografia che una raccolta di dati biometrici, e il titolo fa riferimento al mondo onirico. Troppe informazioni da ambiti tra loro troppo lontani. Nel testo, l’opera è tutt’altro che inutile per il genere umano: funge da spunto per l’organizzazione della resistenza attraverso lo sviluppo di una telepatia onirica, un nuovo modo di comunicare e coordinarsi inaccessibile alle entità digitali (e, nel nostro presente, anche a noi).
Il testo è l’intercettazione della conversazione tra le IA, che viene poi esposto come un trofeo nel museo dei ribelli, secoli dopo la loro vittoria».