Una serrata successione di inerpicati tornanti conduce al piccolo borgo di Casso, frazione del Comune di Erto e Casso situata nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, residenza di circa due decine di abitanti che si snoda tra strette stradine delimitate da case in pietra. Prima di addentrarsi nel cuore del paese, svoltando a sinistra, si arriva alla vecchia scuola elementare, ubicata al limitare del crinale scosceso sulla Valle del Vajont. Dal piazzale antistante l’edificio dominano la vista il Monte Toc e la mancante presenza del colossale volume di roccia che franò la sera del 9 ottobre 1963.
La scuola elementare, anche ricordata da Marco Paolini nel celebre monologo teatrale Il racconto del Vajont come il primo degli edifici a essere colpito dall’immensa massa d’acqua sollevata dalla frana, è ora il Nuovo Spazio di Casso, dal 2012 centro sperimentale per la cultura contemporanea della montagna e del paesaggio in cui opera Dolomiti Contemporanee. Laboratorio di arti visive in ambiente, Dolomiti Contemporanee riattiva siti «Ai piedi delle guglie dolomitiche» attraverso processi incentrati su arte e cultura, e avvia cantieri a medio-lungo termine in spazi complessi, come quello di Casso e il Villaggio Eni di Borca di Cadore, per riabilitarne il potenziale attraverso una ridefinizione culturale coerente con la loro significativa storia.
Il Nuovo Spazio di Casso chiede di misurarsi con il sostare tra due pareti squarciate che necessitano di tempi geologici per cicatrizzarsi. Di fronte l’imperante frana del Toc, alle spalle la scuola restaurata su progetto dell’architetto Valentino Stella, che sceglie di mantenere le mura originali offese e di generare sulla facciata un gioco di pieni e vuoti con parte delle finestre che paiono spettrali. Lo statico e rispettoso indugiare con lo sguardo sull’assenza viene scosso dalla pulsione che alimenta Dolomiti Contemporanee a Casso e la mostra Le fogge delle rocce, aperta fino al 31 dicembre 2024. Il tempo della riflessione è scandito da una vivace successione di dialoghi, esposizioni, concerti, dal via vai di visitatori e dei tre giovani artisti francesi ora in residenza con il progetto Nouveau Grand Tour.
Il Nuovo Spazio propone un approccio che genera una prassi fondata su processi e non su risultati definitori, in favore di sviluppi autogeni che incrociano saperi e pratiche. Si configura come un luogo di formazione artistica e culturale, meccanismo connettivo nel quale confrontarsi su idee e forme in divenire, non tautologiche contemplazioni, ma piuttosto proiettivi inneschi di percorsi e relazioni. Un metodo che assume la cultura contemporanea per il suo carattere non normato e aperto a chiavi interpretative.
Realizzata in partnership con il Museo della Pietra e degli Scalpellini di Castellavazzo e parte del programma dei Dolomiti Days 2024, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, che si realizza in collaborazione con la Fondazione Dolomiti UNESCO, la Magnifica Comunità di Montagna Dolomiti Friulane Cavallo e Cansiglio, insieme al Comune di Erto e Casso, la collettiva Le fogge delle rocce raccoglie opere di 54 artisti nazionali e internazionali, che aprono a saperi e discipline, a ricerche e nuove produzioni, a spazi e tempi prossimi o lontani, a relazioni, al territorio. In mostra, le pratiche sono riunite in una multiforme lettura di concetti tratti dalla geologia, tema non nuovo a Dolomiti Contemporanee, giacché da quando esiste il progetto «Gli artisti han sempre captato la montagna, utilizzato la roccia, raccolto pietre, scavato massi, scalato e calcato e segnato e frottato pareti, pestato ghiaie, […] e così via».
Questa stagione vede la significativa collaborazione scientifica del geologo Emiliano Oddone, ideatore e cofondatore di Dolomiti Project, progetto incentrato sulla divulgazione delle scienze della terra in area dolomitica. Oddone si confronta con gli artisti da una posizione privilegiata nello studio e nella sintesi scientifica in quanto membro del gruppo di lavoro coordinato da Piero Gianolla che ha stilato la candidatura delle Dolomiti per la lista UNESCO. Le suggestioni trasmesse da Oddone si incentrano sul concetto di geomimesis, che il geologo non intende come impiego della natura a modello per le invenzioni della tecnica, ma come lettura di un libro di storie raccolte e raccontate nelle rocce. Lettura che si fa camminando con consapevolezza tra le montagne per far propri i valori degli eventi che hanno formato il pianeta, per percepire gli equilibri geologici, per entrare in relazione con i limiti dell’essere umano nel confronto con i corpi fisici che indicano dove stare e quando fermarsi.
O ancora per immergersi nella suggestiva magnificenza delle cose che accadono in milioni di anni che, proprio perché non hanno testimoni, possono portare inattese soluzioni immaginative. Le fogge delle rocce presenta, ad esempio, Lithochronos (2024) di Stefano Caimi, installazione di sonic art che rende in pulsazioni sonore le stratificazioni geologiche delle Dolomiti, le curve che conservano il ritmo ciclico della sedimentazione delle rocce tra sommersione ed esposizione. O Rockers (2024), opera nata da Moe Yoshida e sviluppata con Enej Gala, nella quale vari materiali sono assemblati a formare esserini oscillanti che si muovono su diversi piani, mimando il caos armonico dei fenomeni terrestri e cosmici che hanno concorso a formare le curve sedimentarie. Forse sono i biocostruttori delle Dolomiti che segnano la ripresa della vita comunitaria dopo la grande estinzione del Triassico e che, in simbiosi, hanno cresciuto isole al ritmo oscillatorio del mare diventate enormi come le montagne che oggi vediamo.
Opera che apre a nuove produzioni è Siderale (2024 – in progress) di Caterina Erica Shanta, uno degli elementi del progetto Water Dreams – continuazione del film En Ausencia (2023) girato durante la residenza dell’artista a Città del Messico – che presenta la sua indagine sul rapporto tra sogno e acqua in specchi opachi di grafite. Propone, invece, un rapporto con luoghi vicini Federica Clerici in Aperture (2016 – 2024), forme lignee dalla montagna che delineano uno spazio fisico e relazionale.
Venerdì, 11 ottobre, nell’ambito della mostra, si terrà il Dialogo nelle rocce, nel quale Gianluca D’Incà Levis, ideatore e curatore di Dolomiti Contemporanee, direttore del Nuovo Spazio di Casso, il geologo Emiliano Oddone, i tre artisti Evelyn Leveghi, Caterina Erica Shanta e Kristian Sturi, con Iolanda Da Deppo, antropologa del GAL Alto Bellunese, discuteranno di concetti e pratiche che animano la montagna contemporanea.
Perché la montagna, racconta Oddone, non è mai statica, ma sempre dinamica e in relazione sistemica; perché il sasso non è morto, ma conservatore di memoria, che è prerogativa dei vivi.
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