Se inserite su Google Maps le coordinate 38.034°, -115.443°, vi si aprirà una vasta area di nulla nel deserto del Nevada. Ma solo a uno sguardo distratto perché, aguzzando la vista e scrollando con il cursore del mouse, si noteranno degli strani segni impressi sul terreno aspro, come un messaggio enigmatico lasciato da qualche civiltà antica o aliena. In realtà non c’è nessun mistero da circle crop nel grano, l’opera è assolutamente umana, anche se le dimensioni sono immaginifiche: si tratta infatti della leggendaria City di Michael Heizer. L’enorme complesso di interventi scultorei, i cui lavori iniziarono nel 1970, è finalmente concluso e, a partire dal 2 settembre 2022, potranno anche essere prenotate visite guidate sul luogo.
Certo, l’aura di eterno non finito aggiungeva una speciale suggestione al progetto ma, evidentemente, Michael Heizer, che è una dei padri fondatori della Land Art, ci teneva molto a concludere l’opera. Che è costata milioni di dollari e anni di duro lavoro ed è stata possibile solo grazie a una fitta rete di collaborazioni, in primis l’art dealer Virginia Dwan, tra i più attivi e longevi sostenitori di Heizer. E poi il Los Angeles County Museum of Art, il Museum of Modern Art di New York e la Dia Art Foundation, la potente organizzazione statunitense d’arte contemporanea che, tra le altre cose, gestisce siti come il Lightning Field di Walter De Maria, a Catron County, New Mexico, e la Spiral Jetty di Robert Smithson, nel Great Salt Lake, Utah.
La storia di City somiglia per molti versi a quella del Roden Crater, l’opera monumentale di James Turrell iniziata nel 1977, nel Painted Desert del Northern Arizona, e non ancora finita. Ma se il progetto di Turrell si sviluppa principalmente in una serie di cunicoli sotto terra e di aperture verso il cielo, la City di Michael Heizer sembra realmente una città ampliata in superficie, tra strade ed edifici dalla geometria armoniosa e pulita. Nonostante il minimalismo delle forme architettoniche, City si estende su uno spazio di circa 2 chilometri, ed è probabilmente l’opera d’arte contemporanea più vasta al mondo. Ed è anche tra le più costose, con un totale di spesa stimato intorno ai 40 milioni di dollari. Quasi tutti gli elementi all’interno della città sono realizzati con materiali di base, come argilla, sabbia e roccia, «Raccolti con mezzi minimamente invasivi, in modo che le piante autoctone e la fauna selvatica possano rimanere indisturbate», spiegano da Triple Aught Foundation, istituzione che gestisce il sito.
Ad Heizer l’idea venne dopo una visita a Luxor, in Egitto. Infatti, la prima parte di City a essere costruita e completata, chiamata Complex One, richiama volutamente la piramide a gradoni di Zoser. Negli anni ’80 si continuò quindi con Complex Two, un’altra porzione che ricorda le piramidi e l’antica architettura egizia. Ma in quel periodo il progetto rischiò di fermarsi definitivamente, a causa dei costi troppo elevati. Fu solo grazie all’intervento dell’imprenditore Patrick Lannan, diventato poi uno dei più importanti sostenitori di Heizer, che i lavori continuarono.
Oltre alle difficoltà economiche, Heizer ha dovuto fare i conti anche con problemi di altro tipo. Per esempio, la proposta di costruire nelle vicinanze una linea ferroviaria per il trasporto di scorie nucleari. Michael Heizer minacciò anche di distruggere la City se il progetto fosse stato approvato ma, fortunatamente, i piani per la linea vennero abbandonati nel 2010. Negli ultimi anni, è intervenuta anche la politica per preservare City e il territorio sul quale sorge. Nel 2015, il senatore Harry Reid e l’allora presidente Barack Obama hanno firmato un atto che proteggeva i 700mila acri di terreno, rendendo l’opera parte del Basin and Range National Monument.
City è visitabile su prenotazione solo in un numero limitato di giorni dell’anno, con condizioni meteo favorevoli, per sei persone alla volta e con trasporto organizzato. L’ingresso è gratuito per i residenti delle contee di Lincoln, Nye e White Pine in Nevada, mentre costa 150 dollari per tutti gli altri. Sul progetto è in preparazione anche un libro, a cura dell’artista e in collaborazione con Gagosian Gallery.
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