Da poco è stata inaugurata “Double Fantasy” di Milica Ćirović e Ola Czuba, la mostra che fino al 7 marzo occuperà l’originalissima galleria Casa Vuota, a Roma.
Si tratta di un progetto unitario pensato e realizzato dalle artiste per abitare lo spazio domestico di Casa Vuota, in un dialogo serrato tra le opere e le stanze consunte dell’appartamento, che mantengono la stratificazione delle storie private che sono accadute al loro interno. Gaia Bobò, classe 1995, critica d’arte e curatrice della mostra, definisce “Double Fantasy” un percorso di apparizioni e visioni allucinatorie in cui la coerenza identitaria si sgretola nella narrazione di una fluidità contradditoria e irregolare. Milica Ćirović e Ola Czuba trasformano lo spazio domestico attraverso l’intrecciarsi e susseguirsi di visioni oniriche, intessendo una narrazione fluida e sediziosa. Lo spazio espositivo, di cui sono direttori artistici Sabino de Nichilo e Francesco Paolo Del Re, riconferma la sua abitabilità, conservando le tracce del tempo con uno sguardo sul tema della ricerca identitaria.
Video, fotografe, installazioni evocano atmosfere oniriche e delicati atti di rivoluzione. Un letto che tra le lenzuola trattiene visioni di intimo piacere, vari poster, un televisore, schermi come specchi. Le opere delle due artiste restituiscono allo spazio domestico espositivo la sua natura originaria di spazio abitato, portando una riflessione sulla tematica identitaria e rendendo così le stanze di Casa Vuota orizzonti di delizie e tormenti.
“Double Fantasy”, che riprende il titolo dall’album di John Lennon e Yoko Ono, e si articola in una scenografia intima e conturbante che connota l’arredo domestico dello spazio come un territorio intriso di contraddizioni e fragilità, attivato dalla ricerca attorno a tematiche femministi e di genere.
L’osservatore è intimamente immerso in un continuo rovesciamento di ruoli e punti di vista, che, come suggeriscono le due artiste, è una spinta propulsiva che si origina dai meandri più intimi del vissuto: dalla libertà sessuale all’autoerotismo, dal rifiuto della necessità di una definizione di genere alla crisi della cultura patriarcale.
Lo spazio originalissimo di Casa Vuota modula a sua volta la percezione delle opere. La luce che cambia per le ore che passano, penetrando dal piccolo balcone e dalle finestre di Casa Vuota, rende le opere sempre di diversa percezione. Come scrive la curatrice della mostra «i due corpus di produzione si assemblano come in un unico organismo».
Le opere di Milica Ćirović esprimono ora la temporaneità di un poster, ora la perentorietà di un’icona, in una tensione ravvolta tra eversione e adorazione, identificazione e respingimento. Ola Czuba esplora la dimensione del tableau vivant problematizzandola con l’irruzione del movimento, e anche la sua installazione propone un dirottamento di medium. I travestimenti di Milica Ćirović indagano lo stereotipo maschile, verso il quale il femminile si pone come entità conflittuale e polarità attrattiva. L’immagine è il mezzo dove i confini di genere sfumano, dove l’individuo ritrova sé stesso e si riscopre nello spazio. Ola Czuba indaga il crollo di una netta contrapposizione di genere e porta in scena una riflessione sui paradossi della cultura patriarcale e sulla marginalità della figura femminile come elemento decorativo.
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