Impatto, sconfinamento, scoperta di un segreto attraverso il riflesso. Sembra un richiamo al romanzo di Carrol, invece è il vademecum per inoltrarsi nelle viscere di Palazzo Brancaccio, dove il 25 febbraio è stata inaugurata la mostra “Per speculum in aenigmate” del duo Draga & Aurel. Nella luxury location di via Merulana, ultima dimora del patriziato romano, pulsa la galleria Contemporary Cluster, premiata come miglior spazio ibrido d’Italia, che ospita la rassegna fino al 13 marzo 2022.
La coppia di artisti e designer, con background diversificati, tra progettazione d’interni e alta moda, attua una sofisticata messa in dialogo di pittura e design.
L’intero percorso è un’indagine sulla linea di confine tra dispositivi mixed-mediali, che si caricano attraverso la reciprocità.
Opere pittoriche e pezzi di design specchiandosi trovano spazio nella stessa definizione: oggetti d’arte-funzionali. “Questo è un quadro, ma può diventare il piano di un tavolo” ha spiegato Aurel K. Basedow, indicando una delle sue opere riflettenti. La messa a fuoco è sulle connessioni che scavalcano i limiti oggettuali e gli ambiti espressivi. Nulla è solo ciò che appare. I dipinti sono anche sculture: rettangoli totemici traslucidi, la cui estensione nelle tre dimensioni è essenziale.
Il titolo della mostra, un frammento dall’Inno alla Carità di San Paolo, dice del sussurrato spiritualismo degli artisti. “I nostri lavori vengono realizzati separatamente, ma uniti creano una connessione mistica” ha aggiunto Aurel.
Mistica, come la prima grande sala dove la trinità delle luci al neon fa della parete di fondo un altare pop.
Al centro dello spazio un grande oggetto circolare: “è un cerchio, ma un cerchio aperto, dove entra il simbolo della croce. Un elemento che si nasconde sempre anche nei lavori di Aurel” ha rivelato Draga Obradovic alludendo alla sua panca verde, in resina e cemento corroso con il sale, l’antica tecnica usata dai romani per imitare il travertino. “Il valore di un’opera non risiede nella sua materia, ma nel modo in cui viene lavorata” ha precisato l’artista. Il passato è fonte inesauribile d’ispirazione per artisti nati come ‘pescatori’ di arredi da rinnovare.
Lungo l’iter il leit-motiv è quello dello specchio: gli oggetti di design di Draga, a terra, si legano ai lavori di Aurel, appesi, attivando nel fruitore una percezione dilatata nella direzione della variabile materica e cromatica. L’intonaco rivela un suo vissuto attraverso chiazze degli stessi colori della resina. Le fredde luci led, scavalcano la patina neoclassica dei soffitti a volta con rosoni in stucco, secondo una logica di stratificazione molto cara ad Aurel. La sintesi del suo percorso è costellato da opere collocabili nell’alveo di un neo espressionismo astratto. Si va dal grande al piccolo formato. Fil rouge: la tecnica della sovrapittura. Un tipo di pittura che s’imprime, modifica l’immagine sottostante, ma non ne cancella l’intreccio, che si tratti di una fotografia oppure di un tappeto.
“Non vogliamo affermare grandi verità, semmai esprimere una relatività. Mettiamo insieme il nostro mondo e speriamo di trasmettere agli altri la stessa forza creativa” ha commentato Draga. L’arte, sempre fagocitante, attira a sé l’oggetto d’uso quotidiano, mentre il contemporaneo instilla l’idea di trascinare una creazione artistica entro il contesto delle quattro mura. Il riflesso cattura, ma lo specchio è Vanitas o Conoscenza?
L’enigma di Draga & Aurel scardina la furia incasellatrice attuale facendo leva sulla tecnica e sfida alla ricerca di più soluzioni.
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