Due installazioni immersive alla Casaforte di Napoli, tra uomo e universo

di - 19 Febbraio 2022

Sono stati mesi di enorme fatica e distanziamento questi ultimi, un continuo divincolarsi tra un’ondata pandemica e l’altra. Un pendolo che oscilla tra chiusure/aperture di attività sociali, con continui cambiamenti di regole di comportamento che hanno causato confusione e un prolungato stato d’incertezza. È una premessa necessaria per motivare la necessità di riattivare non solo la produzione artistica ma anche i momenti di collettività. Omicron era ormai già diffusissima in tutto il vecchio continente mentre La Casaforte SB di Napoli ha visto riunire al suo interno tavole rotonde sul tema della comunità e sull’importanza dell’interazione umana e sociale. La Casaforte è un grande spazio permanente di ricerca, che pone l’accento sulle interconnessioni e sulle pratiche artistiche di comunità.

Situata all’interno dei Quartieri Spagnoli – l’area cinquecentesca della città partenopea, un reticolo di vicoli e di vite che si intrecciano disordinatamente, un luogo non casuale ma, anzi, pertinente con le attività proposte e svolte al suo interno –, La Casaforte è stata fondata nel 2011, a seguito del recupero di un Chiostro, parte del Convento della Trinità degli Spagnoli, e già sede dell’antica litografia Manzoni e De Lucia.

È anche in relazione a questi pre-testi che nasce il progetto espositivo “N.O.I Not Only Indivisual”, a cura di Casaforte in collaborazione con Valentina Rippa, che trova la sua restituzione in una doppia installazione, accolta in due grandi aree.

Il lavoro del collettivo Nimbus consiste in un architettura/display sulla quale è proiettata una performance in cui si mette in scena un movimento lento e circolare, una danza perpetua in cui i corpi si muovono intrecciati. Lo schermo è costruito in modo da poter essere attraversato, invitando il fruitore a perdersi da individuo all’interno di un’azione perfettamente collettiva. Tutto si muove in maniera caotica e in divenire come il moto circolare dei pianeti, tutti unici e autonomi e, allo stesso tempo, interdipendenti in maniera reciproca. Una dicotomia ormai evidente nella vita quotidiana ma che diventa poetica grazie al fenomeno visivo.

L’altra installazione, intitolata Blackforest/Whiteforest, è stata realizzata da fornaceceramics e mette al centro la natura. L’opera, che si trova in un ambiente sotterraneo dell’edificio, genera uno spazio architettonico ricostituito in una dimensione onirica e il fruitore è reso partecipe di questa natura materica e sovrannaturale, diventandone parte. L’ispirazione rimanda al Giappone e alle culture orientali, estendendo così emozioni come l’armonia, il rispetto, la connessione con la natura a tutto il genere umano, a tutto ciò che è vivente su questo pianeta. Si riprendono così i fondamenti della religione Shintoista: «Ogni piccola, singola cosa intorno a noi ospita uno spirito, kami, che guida tutto ciò che accade nel mondo, fonte di tutte le meraviglie naturali e delle energie più potenti insieme ai Kodama, ninfe degli alberi, che nella mitologia greca corrispondono alle Driadi», spiegano i curatori.

L’arte, ancora una volta, indica una direzione che è sia politica che sociale, una rotta che troppo spesso è mancata in questa epoca emergenziale, proponendosi come strumento di riflessione, di costruzione di coscienza e di dialogo tra esseri umani unici e irripetibili.

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