Il mare, da sempre protagonista nell’arte, nella poesia, nella letteratura, riveste anche nelle opere di Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) un ruolo centrale, lo snodo intorno al quale si svolge la sua poetica.
“Imperfetto mare” è il titolo del percorso espositivo, a lei dedicato, in corso fino al 23 settembre 2022 presso il Cubo di Bologna, nelle due sedi Cubo in Porta Europa e Cubo in Torre Unipol, a cura di Leonardo Regano.
Il mare viene investigato dall’artista, vincitrice del premio Arteam Cup 2020, sotto molteplici aspetti: culturali, sociali, politici, ambientali. Per Bellantoni il rapporto con il mare si instaura in modo forte e radicato sin dall’infanzia e, come ella stessa riferisce: «Il mare per me è sperimentazione, gioco, rispetto, ma anche attraversamento, orizzonte. Tutti elementi che sono confluiti nella mia poetica. È un elemento forte d’ispirazione non solo lirica, ma politica […]. Il mare abbraccia tutti senza distinzione di sorta, ci racconta del mare nostrum, il Mediterraneo. Il mare ha il suo linguaggio: può essere calmo o burrascoso. Il mare è l’elemento estetico centrale, protagonista indiscusso delle opere che presento in mostra, è un soggetto agìto con il quale mi relaziono rispettosamente e dolorosamente, compiendo in parallelo un viaggio nel mio Io, che è singolo ma anche collettivo, cogliendo spunti dall’attualità della storia del nostro Paese».
Il progetto mette in risalto il viaggio artistico, ma soprattutto personale svolto dall’artista negli anni dal 2013 al 2020, partendo dalla Patagonia, fino alla Puglia e documentato con le più diverse forme espressive, quali la fotografia, il video, la scultura, la performance, gli interventi nello spazio pubblico. Attraverso di essi, la trama della narrazione conduce lo spettatore nel percorso introspettivo della Bellantoni, che si incrocia con l’elemento naturale del mare, specchiandosi in esso.
In questo percorso la parola, il linguaggio, rivestono un ruolo sostanziale. E’proprio grazie a questi, che da sempre è stato possibile comunicare tra i diversi popoli. Per l’artista il ricordo, il tramandarsi di tali lingue antiche ha un significato profondo, sostanziale, in quanto indica il conservare la tradizione e quei mezzi di comunicazione che hanno permesso l’interazione tra i popoli grazie alla navigazione dei mari.
Il progetto Hala Yella adiòs/addio (2013, Capo Horn), infatti, rende omaggio all’Abuela Cristina Calderón Harban (1928 – 2022), ultima conoscitrice e parlatrice da madrelingua, dello yaghan, lingua dei nativi americani della Patagonia e della Terra del Fuoco.
Nel video Maremorto (2016), l’artista si confronta e si mette in dialogo con il mare della Sicilia rivolto all’Africa, affrontando le acque su una bicicletta, simbolo della precarietà di chi si imbatte in esso per trovare rifugio in nuove terre e in nuovi paesi. Bellantoni nella performance rappresentata in Maremorto esprime l’enigma che si prova nell’iniziare un viaggio in mare interagendo in maniera quasi simbiotica con l’altro, con tutti coloro costretti alla fuga e riporta: «Il mare sottolinea la fragilità dell’essere umano, il suo affanno nel sopravvivere, la sua violenza usurpatrice, la sua paradossale ricerca di superamento che si tramuta in virulento parassitismo distruttore».
Attraverso le opere, l’artista tratta anche il tema dell’ambiente e sono rappresentative di tale impegno: Ho annegato il mare (2018) e l’installazione CeMento (2019), nate dall’esplorazione della costa palermitana. In questi lavori il mare è sempre protagonista, seppur non in modo diretto, essendo rappresentato da oggetti e situazioni ad esso evocative. La riflessione si focalizza sull’impatto del cemento e dell’opera dell’uomo sulla natura e sul mare e di come sia quasi del tutto impossibile ritrovare un equilibrio salvifico per entrambi.
In Corpomorto (2020), l’artista si immerge nel mare del Salento e di tale esperienza racconta: «Il mare come luogo di esplorazione, crocevia, come liquido amniotico, come riflesso del sé, come voce che diventa scrittura nelle lettere colore arancio che getto nel mare pugliese vicino Tricase. Dove la mia voce e quella dal mare si sovrappongono in: “ancora corpo morto tra cielo e terra coraggio».
Nel linguaggio nautico “corpomorto” indica qualunque oggetto pesante, generalmente in cemento, posizionato in fondo al mare per collegare le boe. Nell’opera performativa dell’artista, quest’ultime sono sostituite da lettere, che compongono la scritta: ancora corpo morto tra cielo e terra coraggio. Significativo il legame tra le parole composto dall’artista, che crea una connessione, un legame tra Ancora – coraggio. Ancoraggio. Anche in questo caso, la parola è il fulcro espressivo nella sua poetica, in quanto la rappresentazione viene maggiormente enfatizzata attraverso l’uso di alcuni termini indicativi e identificativi del significato più profondo dell’opera stessa.
La ricerca e la riflessione sul mare si concludono con l’opera Il Mare si è scocciato (2021-2022), in cui il termine “scocciato” richiama in modo inequivocabile il materiale utilizzato per rappresentare il mare. Il titolo suggerisce anche la “stanchezza” del mare provato dall’inquinamento e dalle vicissitudini storico-politiche che lo rendono protagonista.
Imperfetto mare è, dunque, un viaggio, un percorso, che nella sua profondità racconta l’esperienza vissuta dall’artista e la riflessione da essi generati. Partendo dal mare, lo spettatore non può che condividere gli spunti proposti, riconoscendo l’universalità delle problematiche trattate e la necessità di non restare indifferenti davanti alle vicende dell’altro.
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