Ha inaugurato a Bologna la mostra personale di Alessandro Pessoli “CITY OF GOD”, a cura di Fulvio Chimento, nell’ambito di ART CITY Bologna 2021, manifestazione promossa dal Comune in occasione di Bologna Estate.
La mostra è allestita all’interno di Palazzo Vizzani, nel cuore del centro storico, ed è organizzata da Alchemilla (Bologna), greengrassi (Londra) e ZERO… (Milano). Il curatore Fulvio Chimento spiega che CITY OF GOD «si presenta come elogio al plurilinguismo artistico, che lascia affiorare le presenze simultanee che abitano la memoria involontaria di un artista, al pari delle voci che convivono nell’anima irrequieta del poeta, o delle partiture ancora non scritte nei presagi di un violinista irregolare».
La mostra è stata realizzata ad hoc per gli ambienti di Palazzo Vizzani: la scelta dei nuclei di opere e la loro collocazione si coniuga con le geometrie chiare delle pavimentazioni, i colori scuri e avvolgenti del tessuto delle pareti e con i raggi di luce differentemente modulati, provenienti dalle finestre o da punti di illuminazione artificiale.
La mostra prende il nome dalla scultura City of God, già presentata a Los Angeles nell’esposizione “Morning Becomes Eclectic” nel 2017. La scultura è stata riassemblata e collocata nella “Stanza del lampadario”; a prima vista giocosa, è carica di colori saturi e rimandi pop, il foulard e i lustrini richiamano l’immaginario circense quasi come se si trattasse di un’improvvisazione nella piazza pubblica del paese. Il volto scavato della figura, più simile ad un teschio, abbinato all’abbigliamento streetwear e al fucile collocato a terra, trasmettono invece il disagio esistenziale e interrompono la sensazione ludica generata inizialmente. City of God è il titolo di un film di Fernando Meirelles (2002): ambientato nella Cidade de Deus, una favela di Rio de Janeiro, racconta la storia di Buscapé e Dadinho, entrambi tredicenni, mossi da ambizioni diverse, ma apparentemente prigionieri delle regole che vigono incontrastate nella città che abitano; il personaggio di Buscapé si ispira alla figura di Wilson Rodrigues che, pur vivendo nella violenza, riuscirà a coronare il suo sogno di diventare fotografo ed esempio per tanti ragazzi cresciuti nella povertà e nella rassegnazione ad un futuro già scritto. Pessoli guarda ai personaggi protagonisti delle sue opere con lo stesso sguardo super partes del regista che, con occhio clinico, descrive le apparenze non giudicando, ma semplicemente mostrando il male che soverchia il bene e l’urgenza di rompere la ciclicità di una storia apparentemente inevitabile.
La contrapposizione tra paradiso perduto e inferno si rivela nell’opera in mostra Couple, rappresentazione classica di una moderna Eva che volge lo sguardo allo spettatore e, ad una prima impressione, non attratta dalla figura di un diavolo di spalle dai colori saturi. Dal momento in cui si è trasferito a Los Angeles l’artista ha iniziato a inserire sulle figure dipinte dettagli, oggetti, frammenti fotografici attraverso il collage. La figura arcaizzante sullo sfondo è spezzata, interrotta da questi dettagli pop che si reiterano nello spazio e permettono all’immagine di entrare in una dimensione altra. Le bottiglie, oggetti identici gli uni agli altri e riproducibili, qui si stagliano sulla tela, si rincorrono sulle linee che delimitano le figure nella stessa forma, ma anche, ad un’osservazione più approfondita, possiedono dettagli e tinte che rivelano l’oggetto deformato e tradiscono l’usura del materiale, sovrapposti grazie alla tecnica del collage. I colori stridono in forti contrasti e richiamano la transavanguardia di Cucchi e Clemente, ma anche la forte espressività di Baselitz.
È nel disegno che Pessoli trova la sua vera espressione: il disegno per sua natura è dotato di un limite più labile rispetto alla tela, che diventa carica attraverso la sovrapposizione degli strati di pittura; nel disegno la creazione è leggera e continua, il foglio è un supporto sottile che può essere sottoposto a cancellature, rimaneggiamenti e tentativi di colore alternativi.
La serie Set Your Body free è allestita così da formare un unicum a parete: i colori sono brillanti, la cornice del foglio è realizzata attraverso l’uso della bomboletta spray e le figure sono combattute da una continua alternanza tra proporzioni classiche dei corpi e un sentimento grottesco che emerge nel dualismo di angeli e satiri. Il curatore ha scelto di isolare uno di questi disegni, Phoenix, all’interno di una cabina angolare dalle pareti trasparenti, illuminato da una luce al neon fredda e diretta, una scelta di allestimento che invita il fruitore ad isolarsi per contemplare al meglio la costante contrapposizione tra bene e male, visioni apollinee e dionisiache chiaramente deducibili dalla figura di ragazzo rispondente ai canoni della Grecia classica, pervasa però da qualcosa di malefico, esemplificato dai colori accesi e fiammeggianti e dal volto oscuro e sfuggente.
Un punto di congiunzione importante tra le opere in mostra, disegni e sculture, è rappresentato dalle terrecotte. Tale tecnica ha caratterizzato il lavoro di Pessoli negli ultimi quindici anni e Fellini’s Cinema è l’opera in terracotta che nella sua semplicità esprime tutti i capisaldi della poetica felliniana, legata alla musica, al mondo del circo e agli artisti di strada. Nell’apparente giocosità della rappresentazione si cela invece quello che il curatore definisce «un surrealismo di stampo adriatico-romagnolo, che rappresenta probabilmente la parte più feconda del suo agire artistico, e che rifugge da qualsiasi storicizzazione».
I diversi linguaggi usati da Pessoli sono uniti da una poetica che pervade sia la materia delle opere, carta, tela o terracotta, e la mente e il sentimento del fruitore, che non può non sentirsi attratto e al contempo respinto dall’intera rappresentazione e dal viaggio in cui è condotto.
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