“Sourcecode” è il titolo della terza ed ultima mostra della trilogia espositiva ispirata al progetto rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me) di Emilio Vavarella (Monfalcone, 1989), vincitore della sesta Edizione dell’Italian Council. Il progetto a cura di Ramdom, organizzazione che si occupa di produzione artistico-culturale con sede a Gagliano del Capo (LE), esplora le origini della tecnologia binaria e le sue più recenti attuazioni fino ai processi di automazione e digitalizzazione dell’essere umano.
Dopo “Idee, ipotesi, assunti e oggetti” (luglio-settembre 2020, Gagliano del Capo) ed “Errori, limiti e malfunzionamenti” (gennaio-febbraio 2021, Shanghai) il progetto arriva a Bologna presso Gallleriapiù. “Sourcecode”, ‘codice sorgente’, è la parola chiave che dà l’idea di origine ed elaborazione, fonte di vita ed effetto della tecnologizzazione e sorregge l’impianto teorico ed espositivo della personale e dei lavori esibiti.
Le due mostre precedenti, che si sono concentrate sul processo di ricerca e metodologia di Vavarella, trovano la loro naturale conclusione nella mostra di Bologna presentata lo scorso maggio in occasione di ART CITY 2021. Appena si varca la soglia della galleria di via del Porto, ci accoglie la grande installazione che mutua il titolo dall’intero progetto, che fa riferimento alla prima riga di testo risultante dalla genotipizzazione del DNA di Vavarella. L’opera parte dalla traduzione, effettuata dalla madre dell’artista, del codice genetico di Vavarella in tessuto usando il telaio Jacquard, una delle prime macchine computazionali moderne risalente a fine Ottocento. L’opera è composta da un tessuto, il telaio e un video, entrato a far parte della collezione permanente del vicino MAMbo, visibile da uno schermo installato sul telaio stesso.
La mostra continua con Sections (The Other Shapes of Me), una serie di arazzi di medio e grande formato che ribaltano i parametri imposti dalla macchina e dalla tecnologia disponibile a fine Ottocento, rimettendo l’uomo al centro, in questo caso Vavarella stesso, il quale opta per la realizzazione di una serie di autoritratti “genetici” rispettando le misure della sua altezza. Il telaio Jacquard e le schede perforate delimitano i confini tecnologici ed estetici entro i quali è stato possibile dar vita ad un tessuto in scala di grigi di sessanta centimetri di larghezza per più di ottanta metri di lunghezza. L’altezza dell’artista costringe però ad un salto tecnico in avanti che impone l’utilizzo di una tecnologia più recente: il telaio elettronico, che ha prodotto come risultato finale un tessuto in quadricromia di più ampia estensione. Ogni singolo pezzo degli 8 presenti in mostra è una sezione allo stesso tempo del tessuto e del DNA dell’artista.
Nella sala finale si trovano in ultimo alcuni esemplari del ciclo Samples (The Other Shapes of Me): una serie di arazzi di piccolo e medio formato esposti in Italia per la prima volta. Ciascuno corrisponde ad un campione di DNA dell’artista visualizzato attraverso delle elaborazioni digitali. Infine va inoltre segnalata la pubblicazione a chiusura della mostra, dal titolo rs548049170_1_69869_TT, la quale funge da estensione della ricerca dell’artista attraverso il contributo di quindici professionisti ed esperti in varie discipline (arte, filosofia, biologia, informatica, economia e artigianato) edita da Mousse è curata da Claudio Zecchi, Paolo Mele e da Emilio Vavarella stesso.
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