Adrian Balseca, Untitled, 1987 - 1992, 35mm film slide Adolfo Maldonado (Clinica Ambiental) part of Archivo Visual Amazonico
Quanto sono distanti i luoghi? Quali tracce lasciamo dietro di noi? In che modo l’arte può riportare alla luce un vissuto storico ignorato e sopito? Al PAV – Parco Arte Vivente di Torino, fino al 15 febbraio 2025, è visitabile Cambio de Fuerza, la prima mostra personale in Italia dell’artista ecuadoregno Adrián Balseca, curata da Marco Scotini.
Il progetto espositivo si sviluppa attraverso una serie di opere realizzate nell’arco di dieci anni, che indagano la geografia, l’economia e i substrati sociali dell’Ecuador. Balseca si concentra sulle complesse dinamiche ecologiche e politiche che hanno silenziato la memoria collettiva e consolidato il legame tra potere dominante ed estrattivismo, generando paesaggi tagliati, scavati e profanati con segni causati dallo sfruttamento della natura.
Tutto parte dal titolo, Cambio de Fuerza, che richiama lo slogan «La fuerza del cambio», la forza del cambiamento, utilizzato dal presidente ecuadoregno Jaime Roldós Aguilera alla fine degli anni ’70, ribaltandone però il significato. Siamo sicuri che il cambiamento è necessariamente una forza? Come può la promessa di trasformazione concretizzarsi o restare imprigionata nelle contraddizioni del potere? Balseca espande questa riflessione, estraendo non solo la sfera politica, per interrogarsi sulle possibilità di un cambiamento predatorio e lesionato, ma riversando lo sguardo anche in ambito ecologico e sociale.
Quanti pneumatici vediamo ogni giorno? Ci chiediamo mai da dove vengono? Ci poniamo mai un interrogativo sulla loro storia? Balseca indaga, con fare archivistico, l’industria della gomma, che ha avuto un impatto devastante sull’Amazzonia ecuadoregna tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Le piantagioni di Hevea Brasiliensis, l’albero da cui si estrae il caucciù-lattice, sono state al centro di un sistema di schiavitù e sfruttamento imposto alle popolazioni indigene. La corsa alla gomma ha portato all’espropriazione di terre, alla distruzione degli ecosistemi e alla sottomissione forzata delle comunità locali a favore di un’industria destinata a servire i mercati europei e nordamericani. Ci sono le pelli, i tronchi degli alberi incisi, il segno delle nostre gomme sulla vegetazione.
La mostra è come una grande installazione d’archivio, dove mappe, piante, foto e documenti sottolineano il legame tra la natura e il lavoro forzato nell’industria della gomma. Le opere si concentrano sulla pelle, intesa sia come superficie vivente dell’albero della gomma, che come metafora della condizione umana. Così, ecco Plantasia Oil Co, un’installazione dove Balseca utilizza barili e lattine di olio per motori e lubrificanti industriali, prodotti da multinazionali come Shell, Total, Fiat e Agip. Questi rifiuti dell’industria petrolifera diventano contenitori per piante, che crescono tra i detriti dell’economia fossile. Si genera un paesaggio nuovo o, forse, contemporaneo, dove si mostra una natura contro il petrolio, una vegetazione che si radica nella terra che fa germinare pneumatici.
Le opere mostrano il paradosso dell’interdipendenza tra natura e industria: mentre il petrolio ha devastato interi ecosistemi, la vita vegetale riesce a riemergere nei luoghi più inaspettati. Tuttavia, questa resilienza della natura è sufficiente a contrastare la distruzione provocata dall’estrattivismo neoliberista?
Adrián Balseca costruisce un dialogo tra passato e presente, mostrando come i cicli economici dell’Ecuador siano stati segnati da sfruttamento, promesse di sviluppo e fallimenti sistemici. How do you say caucciù? Sfruttamento neoliberista!
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