Il LabOratorio degli Angeli ha aperto la sua decima mostra nella cornice di Art City 2023, intitolata Guarda Caso e dedicata ad Eva Marisaldi con la curatela di Leonardo Regano. L’artista si è inserita nel contesto dello storico laboratorio di restauro specializzato nel recupero dei materiali cartacei con grande attenzione e curiosità. Il laboratorio, già chiesa quattrocentesca, oggi diretto da Camilla Roversi Monaco, è da decenni luogo dedicato al restauro e contiene opere d’arte, documenti e testimonianze preziose che sono state raccolte e tesaurizzate nel tempo. Stimolata anche dalla funzione di archivio dello spazio, Eva ha recuperato disegni e documenti disponendoli su cinque grandi tavoli.
Quel “guarda caso” del titolo della mostra rispecchia proprio lo scavo nell’archivio e la gioia del ritrovamento di materiali che risuonano con la ricerca e la poetica dell’artista. È importante tuttavia osservare che il percorso inizia con un’opera particolare e giocosa chiamata Narciso (2022): due manine d’argento rivolte verso l’alto giocano con i riflessi rossi di onde trasmesse con il laser che richiamano il “gioco dell’elastico” che facevamo da bambine con le mani. L’entrata quindi è all’insegna della leggerezza, dell’uso low-tech della macchina sonora e luminosa (programmata da Enrico Serotti) che produce le onde immateriali sul soffitto, del ribaltamento dell’idea drammatica della morte di Narciso attraverso la direzione dell’affondo a favore di una direzione aerea, ascensionale, rivolta verso il soffitto e quindi il cielo.
Poi si entra nello spazioso laboratorio e ci si trova di fronte alle cinque tavole “apparecchiate” con delle tovaglie-carte con sopra gli aggrovigliati e verdi scarabocchi prodotti da un robottino sempre low-tech (programmato da Serotti). I grandi fogli sono la base su cui si depositano le riscoperte dell’archivio. Ci sono gli ottocenteschi e perfetti disegni che testimoniano il nuovo Cimitero della Certosa, inaugurato per volontà napoleonica e il risultato degli scavi della zona cimiteriale. Il fascino per Eva sta nel sottosuolo, in ciò che è nascosto e riportato alla luce e allora tra i disegni troneggia un paralume a cui sono attaccati gli editti napoleonici e dentro al quale delle lucette danzano, facendosi intravvedere nella parte superiore dell’oggetto. Il secondo tavolo invece è costruito attorno a una stampa della Santa Caterina de’ Pazzi: un libro con le visioni della santa raccontate dalle consorelle è messo in relazione con le memorie scritte di persone riguardanti la mostra Changing bags di Eva del 1992 allo Studio Guenzani.
L’immagine viene così messa in rapporto con le parole attraverso una specie di ekfrasis contemporanea. Il ritmo dei tavoli e del recupero archivistico è ingentilito dall’esposizione su un pannello verticale di quattro stampe con il viso della Vergine, che mostrano gli stadi di avanzamento del restauro sulla carta. Si prosegue con il terzo tavolo, disseminato da carte con la riproduzione di antichi disegni pavimentali e sorvegliato da una sculturina con assonanze arcaiche prodotta con l’Intelligenza Artificiale. Più di una mostra di Marisaldi è stata costruita nel tempo da disegni pavimentali che costituivano ideogrammi o sistemi ad albero.
Il quarto tavolo ha come protagonista l’album ottocentesco dell’ingegnere che ha costruito la prima linea ferroviaria tra Bologna e Pistoia e Piacenza e Milano. I nitidi disegni architettonici accompagnati da un’elegante e precisa calligrafia richiamano l’interesse dell’artista per l’architettura e le sue strutture funzionali. Infine sull’ultimo tavolo, si trovano delle pagine miniate e manoscritte in arabo d’epoca Moghul e il Cavallino di cartone ondulato di Giovanni Castagnoli (1988).
Vengono accostati così il gusto per una sorta d’esotismo moderno o interesse per l’alterità e il gioco che inaugura la mostra e sottende l’accostamento libero dei materiali e delle opere. Nell’anticamera posteriore due carte incollate sul muro in maniera perfetta grazie ai restauratori del laboratorio danno l’impressione che le decorazioni siano dipinte sul muro. Un disegno ordinato che ha il sapore degli antichi ornati ottocenteschi, parte della serie Parties (2006-2007), è in realtà anch’esso costruito da un robottino. Infine, nella Biblioteca si viene invasi dall’onda sonora dell’opera 3000 pagine, un’azione collettiva avvenuta nel 2018 nel piccolo Teatro di Villa Aldrovandi Mazzacurati a Bologna, in cui i performer sfogliavano l’elenco telefonico all’unisono guidati dal musicista Enrico Serotti.
Eva è entrata in punta di piedi e curiosa nell’archivio, come aveva fatto due anni fa nella sua personale all’archivio dello CSAC di Parma, si è messa in relazione con lo spazio e le sue laboriose operosità, si è presa cura del luogo e degli oggetti così come in quel luogo ci si prende cura di preziose testimonianze del passato, riportandole ad una nuova vita ad memoriam. Con queste scoperte fortuite e improvvise ha creato delle sottolineature, delle interiezioni, delle puntualizzazioni, ritrovando delle risonanze con il sé. Questo fa l’arte, indica con delicatezza (spesso) il senso delle cose del mondo.
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