Taranto si racconta attraverso workshop ed esposizioni. Fino al 31 luglio è possibile visitare Eyeland: L’isola delle arti, il progetto nato dall’associazione PhEST, con lo scopo di riqualificare la zona della Città Vecchia.
Dalle esposizioni outdoor, vicino le due monumentali colonne doriche, si prosegue lungo via Duomo, addentrandosi sempre più nel cuore dell’isola; superata l’ex caserma Rossaroll, oggi sede dell’università, il percorso raggiunge l’esposizione indoor di palazzo Galeota: ad attenderci troviamo i lavori di Arko Datto, Buster Keaton, Vedovamazzei, Marco Neri e Ugo La Pietra. Gli scatti di Arko Datto, selezionati nella raccolta Where Do We Go Where The Final Wave Hits (2023) mostrano gli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni del delta del Gange. Di un altro tipo di metamorfosi parla Vedovamazzei, duo artistico formato da Simone Crispino e Stella Scala; l’opera After After Love (2017), fotografia dell’installazione in legno e vetro ai Fori Imperiali, è una parodia della più celebre “casa-fai-da-te” protagonista di One Week (1920) di Buster Keaton, emblema degli incerti e tecnologici tempi moderni. Nel cortometraggio di Keaton, il destino della casa, una volta ultimata, è quello di essere distrutta a causa del passaggio di un treno, altro simbolo indiscusso del progresso tecnologico. Terzo e ultimo cambiamento raccontato nell’esposizione è quello che avviene sul piano sociale e urbano: a descrivere questo tema vediamo due cortometraggi, Interventi pubblici per la città di Milano (1979) e La riappropriazione della città (1977), di Ugo La Pietra. Nei cortometraggi si racconta lo spazio urbano utilizzato in maniera esclusiva dalla speculazione edilizia, creando non pochi disagi ai suoi abitanti (alcuni costretti a ricorrere a soluzioni fortuite per viverlo ed abitarlo); È sempre di spazio urbano che si parla ammirando l’imponente scultura realizzata a tecnica mista di Mario Neri, Costruire (2018).
Usciti da Palazzo Galeota si può decidere se continuare lungo via Duomo, verso Palazzo de Notaristefani, o imboccare la suggestiva Postierla dell’Immacolata. In entrambi i casi è possibile incontrare gli sguardi dirompenti che i protagonisti delle foto di Sam Gregg lanciano a chi le osserva. Il fotografo londinese espone, oltre che nelle strade diroccate del borgo antico – in cui presenta un corpus di fotografie monumentali, At First Sight, interamente dedicato a Taranto e ai tarantini – anche a Palazzo de Notaristefani la sua raccolta intitolata See Naples and Die (2014-2020); all’interno di una delle sale più spaziose del palazzo nobiliare, Sam Gregg ci svela il suo punto di vista raccontandoci la città di Napoli con le sue foto. Condivide le sale del palazzotto con altre due artiste, la russa Polina Osipova e l’iraniana Azadeh Akhlaghi: Osipova, presenta in mostra Natural as Breathing (2023), un pannello diviso in sei riquadri in cui brevi video si ripetono simultaneamente, accompagnati da un incalzante rumore metallico, mostrando l’artista in sei diverse versioni di se stessa; i tableaux vivants fotografici di Azadeh Akhlaghi mostrano invece i soprusi commessi nella storia dal governo religioso iraniano: un’arte che si fa testimone degli omicidi di stato come quello della poetessa Forough Farrokhzad o del giornalista Mirzadeh Eshghi. Palazzo de Notaristefani ben accoglie al suo interno le opere in mostra, dando vita ad un dialogo spontaneo tra i protagonisti popolari delle fotografie e le sfarzose ma decadenti sale.
Presenti in giro per tutta l’isola laboratori e residenze artistiche creati con l’intento di dare spazio all’arte e alla creatività, piantando un seme che si spera possa germogliare forte e robusto. Tra i protagonisti della open call Isola Madre gli artisti Claudia Fuggetti, Aminta Pierri, Andrea Petrosino e Serena Manca, con i loro progetti fotografici raccontano la realtà tarantina da quattro punti di vista diversi e personali. È bene ricordare che questi sono solo alcuni dei numerosi artisti che hanno preso parte alla realizzazione del progetto curato da Giovanni Troilo.
La bellezza e la decadenza sono i temi principali che emergono dai lavori presentati nella mostra diffusa; le immagini tanto affascinanti perché vere, tanto crude perché reali, sono emblematiche del contesto in cui sono inserite, un contesto complesso, ben lontano dalla patina di mondanità e leggerezza che di solito accompagna questo tipo di manifestazioni. Eyeland è un’iniziativa ambiziosa che attraverso arte, fotografia e design contribuisce alla rinascita di una città che accoglie sempre più importanti eventi culturali di respiro internazionale: dal Map Festival alle varie edizioni di Trust, fino all’edizione pilota della Biennale del Mediterraneo di Architettura e Arte Contemporanea del 2024, questi progetti sono il frutto più dolce della lotta intestina tra la città e la voglia di vivere dei suoi abitanti.
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