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Focus Buenos Aires #2: memoria e presente di un Paese attraverso l’arte
Arte contemporanea
Florencia Battiti (Buenos Aires, 1965) si è laureata in Arte presso la Facoltà di Filosofia della città capitale ed è vicepresidente dell’Associazione argentina di critici d’arte. Nel 2019 ha curato il Padiglione dell’Argentina alla Biennale di Venezia, incarico che si è aggiudicata nel primo concorso pubblico realizzato nel Paese per quest’occasione, insieme all’artista Mariana Telleria, per il progetto El nombre de un país (“Il nome di un Paese). Attualmente ricopre il ruolo di Chief Curator del Parque de la Memoria, creato con una legge del 1998 ma inaugurato nel 2010. Il Parque de la Memoria-Monumento a las Víctimas del Terrorismo de Estado è uno spazio pubblico di quattordici ettari situato sulla fascia costiera del Río de la Plata. Immerso in una distesa di erba spoglia, il Monumento si erge come quattro stelle di cemento, muri color piombo di grande altezza; un luogo della memoria progettato come un taglio, una ferita, in cui sono stati incisi i nomi degli scomparsi e degli assassinati – dei “desaparecidos” – durante le azioni repressive perpetrate dallo Stato nel periodo 1969-1983.
Poco più in là, oltre la riva del fiume galleggia la scultura realizzata da Claudia Fontes (Buenos Aires, 1964) e intitolata Reflejos de agua del Río de la Plata sobre acero inoxidable pulido espejo 1999–2010 (Riflessi dell’acqua del Rio de la Plata su acciaio inossidabile lucidato a specchio). L’opera è stata concepita appositamente per il suo sito: il Río de la Plata, dove sono state scaricate molte delle vittime del terrorismo di Stato. La scultura articola i concetti di presenza-assenza e si basa sul ritratto di un adolescente, Pablo Míguez, scomparso quando aveva quattordici anni. Ma prima di arrivare sulla riva l’orizzonte viene interrotto da un palazzo basso, dalle linee semplici e regolari che albergha una biblioteca e un archivio consultabile dal pubblico riguardanti la vita e le circostanze della scomparsa e/o dell’assassinio di ciascuna delle persone nominate sul memoriale. Inoltre, uno spazio espositivo in stile white cube ospita rassegne d’arte moderna e contemporanea.
Nella reception, a pochi passi dall’ingresso, un’opera appesa alla parete accoglie lo spettatore. Si tratta dell’artista Fabián Trigo (Buenos Aires,1964) che ha donato un lavoro realizzato con piccole schede rettangolari in cui sono registrate le pubblicazioni (riviste e libri) di circolazione proibita. Trigo ci racconterà nel prossimo articolo come e dove ha trovato questi documenti. Nel frattempo, ecco la nostra intervista a Florencia Battiti.
Come potresti definire l’approccio curatoriale di questo spazio espositivo all’interno del Parque della Memoria-Monumento a las Victimas del Terrorismo de Estado?
Il progetto curatoriale ha la vocazione di aprire, di includere le violenza in tutte le sue sfaccettature: economica, statale, sociale. Seguendo quest’idea di apertura si realizza un programma di tre o quattro mostre all’anno insieme al team che lavora con me. Alcune esposizioni sono pensate direttamente in relazione alla missione centrale di questo luogo e invece altre, come ad esempio la mostra sulle dissidenze sessuali nell’arte argentina, organizzate attraverso l’invito di curatori come Fernando Davis, che si dedica alla ricerca di questo temi da oltre dieci anni. Lo spazio è stato pensato per ospitare mostre temporanee mentre il discorso del parco è di carattere permanente, sia il Memoriale che le sculture di artisti contemporanei che accompagnano l’installazione centrale.
Quali progetti espositivi hanno segnato questo spazio dedicato alla memoria?
Direi soprattutto il progetto “Identidad” legato direttamente al nostro discorso centrale. Si tratta della riedizione di una mostra storica realizzata nel 1998 nel Centro Cultural Recoleta da un collettivo di artisti tra cui León Ferrari, Nora Aslán e Felipe Noé, con il proposito di aiutarele Abuelas de Plaza de Mayo a identificare i nipoti sottratti ai loro figli scomparsi durante la dittatura e non ancora recuperati – fino ad allora erano sessanta e rimanevano ancora centinaia di dispersi. Gli artisti avevano deciso di creare un’installazione con i ritratti delle madri e i padri scomparsi e in mezzo uno specchio, al posto del ritratto del figlio scomparso, con il proposito d’interpellare direttamente lo spettatore che poteva essere figlio di desaparecidos. Le fotografie utilizzate per la mostra erano – e sono tutt’ora – le stesse con cui i familiari cercavano i propri figli all’epoca. É stato un modo di sensibilizzare la società, poco consapevole della situazione. Noi abbiamo rieditato l’esposizione con i dati attualizzati, dal momento che nel 2004 si riaprirono le cause per i crimini contro l’umanità fino ad all’ora chiuse.
La popolarità del calcio ha fatto sì che all’estero questo periodo politico dell’Argentina sia soprattutto conosciuto per il Campionato mondiale…
È vero, e anche qui il calcio ha una forte pregnanza sociale. Infatti un’altra mostra emblematica è stata intitolata “Mundial ’78: tra la fiesta y el horror” (Mondiale ’78: tra la festa e l’orrore). Lo ricordo tra i progetti di maggiore ripercussione perché si incrociava la memoria del campionato del mondo vinto dall’Argentina con ciò che succedeva nei campi clandestini di detenzione. Nell’immaginario della gente c’è appunto un ricordo associato all’allegria ma anche a un momento buio della nazione.
Per concludere e aprire il discorso a un campo più vasto, cosa manca oggi al mondo dell’arte?
Non credo che esista “un” mondo dell’arte. Il nostro, qui in Argentina, ha bisogno di un maggiore consolidamento delle istituzioni, dei musei e una maggiore presenza e coinvolgimento anche del settore privato. È necessario che le istituzioni si consolidino e non dipendano così tanto da coloro che le gestiscono. In realtà, la società nel suo insieme ha bisogno di afferare l’enorme valore del lavoro degli artisti. L’arte contemporanea è un modo di pensare da un punto di vista intellettuale e sensibile, e in questo mondo complesso l’arte è uno strumento prezioso per capire la nostra contemporaneità.