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Focus curatori in 22 domande: intervista ad Azzurra Immediato
Arte contemporanea
Prosegue il nostro FOCUS curatori, 22 domande (le stesse per tutti) destinate a curatori e curatrici spesso “outsider”, per raccontare attraverso declinazioni personali, caratteristiche, metodologie e modalità proprie della professione curatoriale odierna. Un mestiere relativamente nuovo che, nel corso di qualche decennio, ha cambiato radicalmente forma. Una pratica dinamica, basata su studio, fonti d’ispirazione e conoscenze interdisciplinari. Un ruolo di “cura” e responsabilità nei confronti degli artisti e delle loro ricerche, del pubblico, di attenzione ai cambiamenti nella società, nel dibattito sociale, politico e culturale del momento. La quindicesima puntata della nostra rubrica ha per protagonista Azzurra Immediato.
Come ti definiresti?
«Curatrice indipendente, Storica dell’Arte, Art Editor, Media Strategist. Questo è ciò che dice la bio ufficiale e con cui sono appellata nel nostro mondo. Art Thinker è la definizione che esprime e racchiude tutto quanto. In sintesi, una curiosa del mondo».
Dove sei nata e dove vivi?
«Nata a Benevento, vivo a Bologna da 20 anni. Città scelta a sei anni e nuovamente, 19enne, diventando matricola DAMS – già nuovo ordinamento – al cospetto di grandi come con Renato Barilli, Vera Fortunati, Deanna Lenzi, Daniele Benati, Claudio Marra, Lucia Corrain, Stefano Ferrari per citarne alcuni. Tuttavia, trascorro moltissimo tempo in stazioni, treni, aeroporti e…tra le nuvole, viaggiando per lavoro».
Dove vorresti essere nata e dove vorresti vivere?
«In Italia, in una città di mare – nomen omen – Istintivamente, però, penso al Maghreb o al Medio Oriente. In Grecia, però, mi sono sentita a casa. Dove vorrei vivere? In Italia a Milano, all’estero a Berlino o a New York; ma anche su un atollo oceanico, privo di folla umana».
Quando hai capito che ti interessava l’arte?
«La cultura e le lettere sono parte del bagaglio familiare e sognavo di diventare architetto. Alle medie un docente di rara sensibilità mi ha trasmesso l’amore per l’arte».
Quando hai deciso che avresti fatto la curatrice?
«Quando ho lasciato decidere alla passione che mi ha riportata in questa dimensione nonostante, dopo la laurea in storia dell’architettura e storia dell’arte comparata, avessi scelto il campo delle HR. Il resto lo ha fatto, in particolare, la scrittura».
Quali sono i libri che ti accompagnano nel tuo percorso professionale da curatrice?
«Mesi fa, un caro amico fotografo, entrando in casa, ha constatato quanto fosse ingombra di libri ‘veri’ (cit.), restandone ironicamente sorpreso. Resto fedele ai libri del liceo, come i manuali di C. G. Argan e tutta la bibliografia DAMS, preziosissima. Ciononostante, trovo continui capisaldi nelle pubblicazioni di psicologia, filosofia, architettura e fotografia. La trasversalità di questa professione offre il vantaggio di spaziare ed ecco che se Deleuze è spesso al mio fianco, altrettanto lo sono Dorfles e Barthes. Cedo ogni qualvolta entro in libreria: shopping smodato di saggistica e poesia».
Quali sono le fonti, gli autori e le opere extra-arti visive, di cui ti nutri nello svolgimento della tua attività scientifica?
«Credo in parte d’aver già risposto nelle righe precedenti. La mia curiosità innata, la sete di lettura e parole è inesauribile, come il desiderio di interfacciarmi con l’immaginifico. Ed è per questo che il cinema d’antan o d’avangarde, il jazz e l’elettronica, architettura e poesia sono alvei in cui mi getto come viaggiatrice».
Qual è la mostra che ti ha segnato e perché?
«In verità, e non è piaggeria, ogni mostra ha significato e portato qualcosa, ragion per cui ognuna mi ha segnata, lasciato una traccia mnestica nel mio percorso, nuove indicazioni, nuove vie. Il perché è dato dagli innumerevoli processi propri di una curatela: dalla scoperta di un desiderio di artisti, sino a riconoscere le necessità collettive traducibili in una esposizione. Per quanto riguarda, invece, i segni intesi come rughe, beh, l’adrenalina e gli inconvenienti che a volte si presentano…fanno il resto».
Qual è l’opera d’arte che ti ha avviato nei sentieri della professione nelle arti visive?
«Alcuni dipinti dell’ottocento francese, in cui Parigi era rappresentata in modo brulicante e altri veneziani del settecento, nel grande salotto affrescato dei miei nonni: mi incantavano quelle rappresentazioni in cui ‘vedevo’ e immaginavo storie. Poi le opere di Antonio Del Donno, maestro della Transavanguardia, nonché mio zio. Anni dopo, ho iniziato a raccontare l’arte attraverso le opere di un pittore autodidatta».
Quali artisti contemporanei che hai personalmente conosciuto sono stati importanti nell’avviamento della tua professione? E perché?
«Ogni artista, già noto e storicizzato o emergente, è stato nutrimento e compagnia d’avventura del mio percorso. Ogni artista è stato, per me, fondamentale e a tutti sono grata».
Quali sono stati i tuoi maestri diretti e/o indiretti nella curatela?
«L’esperienza diretta e anche in parte autodidattica. Ogni curatela è una sfida, un percorso, spesso piacevole e semplice, talvolta complesso, caotico, snervante e privo di riconoscenza. Imparo da ogni cosa che accade e traggo lezione da ogni mostra che visito, di cui leggo o scrivo, a cui collaboro o progetto. Ogni persona con cui ho lavorato, colleghi, addetti ai lavori che hanno permesso la realizzazione di un progetto, possono esser definiti ‘maestri’».
Con quale progetto hai iniziato a definirti curatrice?
«Mi hanno definita così, in una serie lunga di mostre allogate da una galleria di Bologna che oggi non c’è più. Scelgo però la prima importante: KM 0 – Bologna|Londra incontra Benevento al Museo ARCOS sannita, delle artiste fotografe Anna Rosati e Vittoria Amati nel 2016».
Qual è la tua definizione di curatore?
«Ben oltre le definizioni standard, la curatela è prendersi cura di desideri, idee, necessità degli artisti, della società, del pubblico e delle opere, oltre che dei luoghi e degli spazi. Il curatore? Un essere umano fortunato con insana predilezione per i processi della psiche».
Qual è la tua giornata tipo?
«Sveglia presto e poi diverse strade: quella curatoriale e giornalistica con press tour, preview, redazioni articoli, scrittura progetti, relazioni con artisti e quel che concerne tali dinamiche, aggiornamento e lettura. Se è quella che ha a che fare con DOT-net, l’impresa digitale in cui lavoro, si trasforma in una avventura informatica, fatta di marketing, comunicazione, branding, relazioni con i clienti e costruzione di siti web. Ah, poi c’è la terza giornata tipo: quella in cui parto, come oggi».
Hai dei riti particolari quando lavori?
«Telefono silenziato, musica. Se sono al lavoro per la stampa o per curatele cerco di sempre di riportare tutto alla massima organizzazione e semplificazione: odio il tempo perduto, le chiacchiere a vanvera e il caos».
C’è uno spazio per l’imprevisto nel tuo lavoro?
«Sempre calcolato, amo fare tutto con largo anticipo. Il piano B è sempre più importante del piano A».
Qual è il progetto, la mostra che hai curato che trovi più rappresentativa del tuo percorso scientifico?
«Ognuna è rappresentazione di un mio modus operandi. Quella appena conclusa, MEMORIE IPOGEE di Emanuele Scuotto al Museo ARCOS di Benevento traduce il modo di lavorare per e con un museo e una galleria – OFF Gallery – insieme a un artista, in questo caso scultore. Poi ci sono quelle di fotografia come Abitare l’emergenza con l’Ordine degli Architetti di Bologna nel Padiglione Esprit Nouveau con opere dei fotografi Allegra Martin, Silvia Camporesi, Alessandro Imbriaco, Luca Capuano e Camilla Cesari Maldini: nelle stesse settimane del 2023 due progetti completamente diversi eppure straordinari».
A tuo avviso, qual è lo stato della critica d’arte in Italia?
«Privo di militanza, quella vera».
Quali sono i tuoi riferimenti critici?
«Tre nomi: Renato Barilli, Gillo Dorfles, Teresa Macrì».
La mostra di un altro collega che avresti voluto curare?
«Julian Charrière. All We Ever Wanted Was Everything and Everywhere al Museo MAMbo, del 2019, curata dal caro Lorenzo Balbi».
Quale ritieni che sia il tuo più grande limite professionale?
«Essere una donna, in questo mondo, in Italia. Troppo spesso colleghi uomini o papabili collaboratori come galleristi, artisti, colleghi si soffermano su questo aspetto e non su quello professionale. Altro limite, la buona educazione, sembra un paradosso, e lo è».
Progetti in corso e prossimi?
«Per il sesto anno, la direzione della sezione fotografia di VinArte 2023, nell’entroterra campano, ideata da Giuseppe Leone; il 6 Settembre, a Bologna, la personale di Fabio Ricciardiello I Codici della Trasparenza in un luogo speciale: Adiacenze. In fieri un progetto policuratoriale di cui sentirete presto, con colleghi fantastici ed un artista che amo molto, Matteo Attruia».
Chi è Azzurra Immediato
Storica dell’arte e curatrice, nata a Benevento, è laureata al DAMS di Bologna, in Storia dell’Architettura e Storia dell’Arte comparata; è art editor per Segno, Photolux Magazine, ArtsLife, Il Denaro e l’austriaco stayinart e chief editor di Ottica Contemporanea. Tra primi i firmatari del Manifesto Art Thinking, è stata senior curator di Arteprima Progetti; siede nel board di IAR, International Artist Residency e nell’ultimo anno è nella direzione artistica del Premio LILT per la Fotografia Contemporanea.
Indaga progetti multidisciplinari, con attenzione alla fotografia, alla videoarte; dirige la sezione fotografia della rassegna campana VinArte. Si dedica alla curatela di mostre e progetti riguardanti la pittura, la scultura, per gallerie e musei, indagando le relazioni tra spazio, territorio e ricerche artistiche, in Italia o all’estero. Segue diversi artisti emergenti e non, da diversi anni coopera con alcune gallerie, tra cui OFF Gallery di Napoli, in veste di critico e nel lavoro di ideazione, scrittura e redazione di cataloghi e libri d’arte, curatela per mostre monografiche e collettive; lavora, poi, ad allestimenti e progetti artistici d’altra natura.
Collabora come docente con il Photolux Festival e altre realtà come Riaperture Festival. È consulente editoriale per Jaumann, unendo arte, giurisprudenza e Intellectual Property. Per DOT-Net|Sartoria Digitale si occupa di marketing, comunicazione aziendale, realizzazione siti, brand identity, web|social presence.