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Forever is now. L’arte contemporanea arriva tra le Piramidi di Giza
Arte contemporanea
La mostra
Fino al 30 novembre, l’antica Necropoli di Giza ospita la seconda edizione della collettiva di arte contemporanea Forever is Now, evento concepito da Art D’Égypte, società privata a sostegno dell’arte e della cultura egiziana, e dalla sua fondatrice Nadine Abdel Ghaffar, in collaborazione con l’UNESCO e il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano. Il progetto espositivo ha portato in uno dei siti archeologici più noti e affascinanti al mondo le installazioni di 12 artisti internazionali: Emilio Ferro, JR, eL Seed, Jwan Yosef, Ahmed Karaly, Zeinab Al Hashemi, Mohammad Alfaraj, Therese Antoine, Natalie Clark, SpY, Liter of Light e Pascale Marthine Tayou.
A connettere le singole opere, realizzate con una combinazione di materiali naturali e industriali in dialogo con i monumenti iconici di pietra naturale di Giza, è il tema di questa seconda edizione, che riflette su tempo e atemporalità, terra e storia, ecologia e umanità, collocando opere d’arte contemporanea nel magnifico sito delle piramidi. Attraverso un’esperienza immersiva, la mostra immagina un futuro ancorato a una profonda conoscenza del passato, indicando che non c’è futuro senza storia e che non c’è storia senza presente.
Il titolo, Forever is Now (Per sempre è adesso) richiama uno dei temi principali del progetto: è un’ode al potere trascendentale dell’arte, in cui convergono influenze storiche e
globali e gli artisti possono diventare co-creatori, collaboratori e protagonisti di una più ampia narrazione dell’arte. L’arte diventa una responsabilità collettiva, una conversazione dialogica attraverso il tempo che permette a ogni artista di contribuire con la propria storia alla memoria collettiva.
Le installazioni
Ahmed Karaly
A Pyramid in Other Vocabularies
el Seed
Secrets of Time
Emilio Ferro
Portal of light
JR
Inside out Giza
Jwan Yosef
Vital sands
Pascale Tayou
Dreams in Giza
Mohammed Al Faraj
Guardians of the well
Natalie Clark
Spirit of Hathor
SpY
ORB: Under the same sun
Therese Antoine
Sheets of metal
Zeinab Al Hashemi
The unfinished obelisk ‘Camoulflage’
Le criticità
Nadine Abdel Ghaffar, fondatrice e direttrice della manifestazione, ha affermato che Art d’Égypte, ha sempre avuto lo scopo di “generare consapevolezza” sui principali siti del patrimonio egiziano per assicurarne la conservazione. È innegabile che, dopo anni di silenzio, la comunità artistica internazionale abbia iniziato a puntare gli occhi sull’Egitto: al momento del lancio del progetto, si parlava poco della scena artistica contemporanea egiziana a causa delle preoccupazioni per la sicurezza e di una repressione governativa verso qualsiasi forma di dissenso, ancora in corso.
Come riportato da Rebecca Anne Proctor in un recente articolo pubblicato su Artnet, le critiche non hanno tardato ad arrivare: secondo alcuni artisti locali, l’evento, già nella prima edizione, ha tralasciato alcuni aspetti cruciali dell’attuale scena artistica contemporanea del Cairo, un tempo vivacissima, ma oggi notevolmente ridotta a causa della diminuzione delle risorse e della chiusura di moltissime istituzioni da parte dello Stato. Gli spazi di lavoro degli artisti e i vecchi edifici storici vengono demoliti e minacciati da una rapida gentrificazione autorizzata, in linea con il piano del governo di modernizzare e monetizzare la capitale egiziana consegnandola a sviluppatori privati. Interi quartieri storici vengono rasi al suolo per costruire grattacieli scintillanti, mentre le Awamat, le storiche case galleggianti del Cairo, alcune delle quali risalgono all’epoca della dominazione ottomana, di cui mantengono lo stile architettonico con le ampie terrazze dalle ringhiere intagliate, le vetrate a riquadri o le gelosie in legno, vengono sostituite da ristoranti galleggianti per attirare visitatori e investimenti stranieri.
“Vogliono cambiare il carattere della città; se si cambia il suo carattere, si cambia la sua anima”, ha detto il pittore Mohammad Abla. Il destino del suo studio a Qursaya, un’isola sul Nilo, rimane incerto. Nel 2007, il governo egiziano ha cercato di vendere l’isola agli investitori per costruirvi moderni grattacieli. I cittadini, tra cui Abla, hanno protestato e nel 2010 la vendita è stata bloccata. Ma dal febbraio 2022 il presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi ha ceduto all’esercito egiziano la proprietà di 37 isole, tra cui Qursaya, e i residenti sono molto preoccupati. “Vogliono trasformare il Cairo in un’altra Dubai”, ha aggiunto Abla.
C’è da dire che fin dall’inizio, Art D’Égypte ha avuto come obiettivo quello di presentare l’arte contemporanea internazionale ed egiziana all’interno di rinomati siti del patrimonio e della cultura egiziana antica e moderna, e ha continuato a farlo attraverso mostre annuali che hanno beneficiato del supporto del Ministero delle Antichità egiziano. Il responsabile della piattaforma espositiva, Ghaffar, afferma che la missione principale di Art D’Égypte è “democratizzare l’arte” e che le sue mostre in spazi pubblici sono “aperte a tutti e gratuite”; un modello che funziona bene, visto che la mostra dell’anno scorso ha attirato oltre 500.000 visitatori.
Nel 2021 la rassegna ha presentato opere di artisti prevalentemente internazionali, tra cui lo street artist JR, presente anche quest’anno, lo scultore italiano Lorenzo Quinn, l’artista saudita Sultan bin Fahad e solo due artisti egiziani, Moataz Nasr e Sherin Guirguis, l’edizione di quest’anno si concentra maggiormente sul Medio Oriente e sull’Africa, con la presenza di Mohammed Al Faraj dall’Arabia Saudita, del tunisino eL Seed, dell’egiziano Ahmed Karaly e del camerunense Pascale Marthine Tayou.
Tuttavia, una lista di artisti locali non ha ripristinato del tutto la fiducia nell’evento. “Il mio problema con Art D’Égypte è che cancella la nostra storia”, ha detto un artista anonimo del Cairo ad Arnet. “La scena artistica qui è crollata. Molti giovani artisti stanno lottando, soprattutto dopo la pandemia e in seguito alle sfide economiche dell’Egitto, per lavorare e mostrare le loro opere”.
Alcuni egiziani sostengono che il governo sia interessato solo a salvaguardare l’antico patrimonio egizio della nazione, al quale è dedicato il Grande Museo Egizio, polo che sarà interamente dedicato all’egittologia, per un costo di oltre un miliardo di dollari. Mentre alcuni lo elogiano come un esempio di recupero del passato da parte del governo, altri lo vedono come l’ennesimo esempio di utilizzare l’antico Egitto per promuovere il turismo.
Nel frattempo, il patrimonio e la cultura egiziana stanno affrontando una crisi senza precedenti, mentre la città si trasforma: nascono nuovi quartieri esclusivi e scintillanti come New Giza e Sheikh Zayed City, zone della città più simili alle sfarzose metropoli futuristiche di Dubai e Doha che alle aree storiche del Vecchio Cairo, o ai quartieri di Zamalek o Giza.
Sebbene gli attivisti egiziani si siano a lungo battuti per mantenere in piedi gli edifici antichi nel regime autoritario dell’ex capo dell’esercito e attuale presidente Abdel Fattah el-Sisi, i loro sforzi non hanno dato i frutti sperati; il patrimonio egiziano continua a essere minacciato di estinzione e con esso l’identità, il patrimonio e la memoria collettiva del Paese. Una manciata di istituzioni private che lavorano per restaurare e far rivivere il patrimonio islamico dell’Egitto sta combattendo una battaglia al rialzo. Una è la Egyptian Heritage and Rescue Foundation, fondata nel 2013 per promuovere e salvaguardare il patrimonio culturale egiziano e regionale. Un’altra, la Jameel House of Traditional Arts del Cairo, fondata nel 2009 da Art Jameel, un’organizzazione artistica senza scopo di lucro, con sede in Arabia Saudita, ammette 22 studenti all’anno con borse di studio per l’apprendimento di tecniche artigianali tradizionali. Tuttavia, queste istituzioni sono poche e lontane tra loro, proprio come la manciata di gallerie d’arte contemporanea e gli artisti che lottano per essere visti e ascoltati tra i pochi e sfarzosi eventi artistici della capitale che ai nostri occhi, riescono benissimo a mettere in ombra il disastroso stato in cui verte il Paese.