Forum dell’Arte Contemporanea 2020: un riassunto

di - 30 Maggio 2020

“Ho bisogno della felicità di tutti per essere felice”
André Gide. Les nourritures terrestres

Esattamente come quando il corpo si ammala per dimostrare che non è più in grado di sopportare gli errori cui l’uomo sottopone il suo apparato fisiologico, la natura ci ha appena dato un incontrovertibile segno dei rischi cui l’intera umanità andrà incontro se proseguirà il suo cammino produttivo in una linea di superfetazione delle merci cui non corrispondono più bisogni reali e umani per il persistente squilibrio tra ricchezza e povertà e una scellerata dimenticanza del mondo, della terra e del suo ambiente, che abbisognano anche di nutrimento spirituale e di equità sociale.
Già rivelatosi un utilissimo strumento negli anni scorsi, il Forum dell’Arte Contemporanea, nato nel 2015 grazie al Museo Pecci di Prato – con edizioni a Genova – Villa Croce (aprile 2016), a Prato (ottobre 2016) e a Bologna (novembre 2018) – mentre era atteso al Palazzo delle Esposizioni di Roma, approda quest’anno on line per cause di forza maggiore, affrontando un’esperienza che può rivelarsi strategica per il futuro, quanto a capacità di connettersi più largamente, e non solo fra addetti ai lavori, in una rete interdisciplinare e transdisciplinare.
Per individuare l‘orizzonte in cui situare i tanti e complessi problemi che riguardano il futuro artistico del nostro paese e, per la sua facoltà di esporre proposte largamente condivise, il Forum si è annunciato quest’anno come fattore indispensabile per affrontare le sfide impellenti che l’arte è chiamata a compiere.

Un momento storico del Forum dell’Arte Contemporanea, nel 2015 al Teatro Sferisterio di Prato

I tratti della svolta del Forum dell’Arte Contemporanea

Segnalo subito due di quelli che colgo come i tratti della svolta in una nuova direzione, per una prima riflessione. Innanzitutto, la consapevolezza che ogni azione compiuta dall’artista s’inscrive in un tessuto di relazioni che non ha come destinatario solo il pubblico dell’arte, ma ogni cittadino, e può avere valenze che vanno ben oltre il diletto estetico, mostrando la capacità di coinvolgere attivamente le strutture sociali e di incidervi, apportando tangibili benefici, non solo culturali, ma di vita, nel senso più pieno. Inoltre, il ritorno al riconoscimento della funzione formativa del museo.
Nel primo caso abbiamo finalmente la legittimazione di un lungo tratto di storia contemporanea, quella che dalla fine degli anni sessanta, debordando da puri confini materiali, ha avuto la capacità e il coraggio di affacciarsi sulla realtà dell’ambiente e della vita, rivendicandovi persino il proprio ruolo politico, in modo che la spina dorsale su cui essa si reggeva, quella del comportamento e dell’etica – non certo dell’estetica – trovino finalmente la risposta che essa attendeva, anche a livello pubblico, sociale e civile, lontano dalla “morte” di ciò che è commemorato nel monumento e vicino, invece, ai bisogni materiali e spirituali della realtà della vita a tutto tondo.
Nel secondo caso, si afferma la priorità del ruolo educativo dell’arte e di tutti gli apparati necessari al potenziamento di tale scopo, contro la deriva consumistica,
di cui hanno sofferto i musei e, in generale, tutte le attività artistiche negli ultimi trent’anni, senza poter mascherare lo svuotamento di funzioni un tempo nobili, a profitto di mero intrattenimento, prodotto da regole consone più al commercio, che al bene culturale.
Nei loro documentati interventi di esperte sul campo, Susanna Ravelli ed Elisa Fulco hanno insistito sulle opportunità che l’uso dei collegamenti in rete offrono sotto il profilo della condivisione di obiettivi sempre più pluridirezionali e territorialmente allargati, creando integrazione fra scienza e arte, come fra ambiente e arte, grazie a bandi di concorso che è necessario indirizzare a questo scopo, in quanto certa autoreferenzialità dell’arte ha pregiudicato a lungo la collaborazione che oggi s’intravvede, invece, come possibile in ambiti strategici della società, dall’ambiente alla salute, dall’educazione alla giustizia sociale, facendo dell’attività artistica il tramite indispensabile per attraversare i diversi settori.
Sulla questione formativa e educativa dell’arte hanno insistito in particolare Denis Isaia del MART che rileva giustamente come il modo di esporre la collezione di un museo, sia spesso più votato alla presentazione del bell’oggetto che non alla sua contestualizzazione in un ambiente e in un periodo storico, atti a informare rigorosamente il visitatore; Jolanda Ratti, conservatrice del Museo del ’900, che avverte la necessità di una maggiore autonomia per i musei. Le mostre finanziate da soggetti esterni – ad esempio le case editrici – tendono a essere assoggettate alla dittatura dei biglietti, creando quell’accelerazione nel fattore produzione-consumo che oggi lamentiamo, mentre il ritorno alla vocazione formativa del museo consentirebbe di legare il museo al suo territorio, accrescendo il senso di appartenenza nei cittadini e offrendo servizi ad ampio spettro alla scuola e alle generazioni più giovani attraverso progetti di alto valore culturale.

MAMbo Bologna

Le proposte più incisive uscite dal Forum dell’Arte Contemporanea

Le proposte più incisive in questa direzione sono, tuttavia, quelle di Lorenzo Balbi direttore del MAMBO di Bologna, che le ha riassunte sinteticamente in questi 6 punti fondamentali: 1. Un’ IVA agevolata per i musei e l’abolizione di imposte sull’ affissione e l’occupazione del suolo pubblico 2. La riduzione dei diritti SIAE sulla riproduzione d’immagini e testi 3. La Garanzia di Stato per le assicurazioni, ad esempio nel caso della collezione permanente 4. Il superamento di fee fra musei pubblici, in occasione di prestiti, in quanto facenti parte di un grande organismo comune 5. Una semplificazione e sburocratizzazione in occasione di restauri, produzioni e acquisizioni. 6. Il definitivo riconoscimento dei musei come luoghi di formazione e educazione pubblica.
In senso generale, poi, avendo appena varato il Nuovo Forno del Pane, come centro di produzione artistica, Lorenzo Balbi riconferma la necessità di ripensare il museo, per il futuro, ripartendo dal riferimento al suo territorio e alla comunità.
Significativo, come sempre, l’intervento di Alessandra Donati sotto il profilo giuridico, dove torna ad affermare la necessità di estensione dell’Art Bonus anche al contemporaneo – da noi applicato solo nei settori della Conservazione, del Restauro e dei Beni Culturali – per dare riconoscimento al privato e responsabilizzarlo nelle sue scelte, realizzando in trasparenza i suoi interventi in collaborazione con il pubblico, nonché estendendo le donazioni ai beni. Si aggiunge alla prima la proposta dell’adozione di uno strumento nuovo per l’Italia, ma praticato nei paesi anglosassoni e in Francia, il Fondo di Dotazione che consentirebbe di superare le rigidità dei controlli della Fondazione, facendo intervenire i privati nella produzione.
Il tavolo relativo al mercato si è posto il problema di arrivare alla costituzione di una commissione unitaria, legittimata a interloquire con le istituzioni, con pochi, chiari punti da proporre. Interessante l’accento posto da Massimo Sterpi sull’annosa questione della Notifica – che impedisce di fatto ogni investimento da parte dei mercati stranieri, per il timore di incorrervi – con la proposta di portarla a 100 anni, invece che a 50 come è tuttora, nonché quello della Plusvalenza che necessita di una normativa, ma per cui si potrebbero adottare, provvisoriamente, gli stessi parametri vigenti per l’edilizia, considerando come speculazione solo le vendite avvenute all’interno di cinque anni dall’acquisto.
A tale proposito qualcuno ha mai pensato quanto gli squilibri a nostro perenne svantaggio, potrebbero essere utilmente riequilibrati con una forte riduzione fiscale per chi investe in arte italiana? Il mercato ne avrebbe un’immediata boccata d’ossigeno, e naturalmente se ne gioverebbero altresì, artisti, collezionisti e galleristi. Anche per questo sarebbe importante mettere immediatamente mano ai problemi causati dalla Notifica.
Non resta che sperare nel consolidarsi di quelle poche, ma fattive proposte del Forum che possano incontrare il favore del ministro, ma un grosso lavoro è stato svolto, che resterà di orientamento per il futuro.

La Galleria Nazionale, Roma

Le sfide dei musei

Quanto ai musei che saranno chiamati a rispondere di nuove sfide vedo in particolare la Galleria Nazionale, che era partita con un bello slancio, ma che è ferma ormai da tre anni sulla stessa mostra, senza che più si sia accennato a un progetto di ampliamento, interrotto sette anni fa, e assolutamente necessario perché le mostre più significative non restino confinate in spazi insufficienti, ma possano dare qualche esempio di eccellenza, sino ad ora assente. Peraltro il tentativo di aggiornamento e trasformazione della mostra Time is out of joint nel progetto Joint is out of time, dove un gruppo di curatori esterni è stato chiamato a inserire nuovi artisti, non ha visto la partecipazione di questi ultimi neanche all’atto di presentazione del catalogo, assumendo così il carattere di un’azione a freddo, priva di ogni reale adesione.
Anche il MACRO dopo l’apertura farraginosa, ma forse necessaria, operata dalla direzione De Finis per riagganciare il Museo a un territorio ricco quale è da sempre quello romano, oggi dovrà cercare di rendere concreto un progetto sofisticato, incrociando a quello del tempo, scandito dall’idea del giornale, il momento di uno spazio che lo incarni, se non vuole tradursi in un esercizio solitario lontano dal tessuto concreto della sua città.
Da ultimo spenderei una parola per il MART che non può rinunciare a una direzione artistica competente nel contemporaneo, come quella incarnata da Gianfranco Maraniello, per correre dietro a un Presidente super umorale e impegnato su troppi fronti per poter governare un museo strategico per la sua posizione, che potrà solo peggiorare in assenza della dovuta dedizione.

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