Intuizione, comparazione, corruzione del classico di Francesco Vezzoli tra passato e contemporaneo
“Metti un po’ di musica leggere perché non ho voglia di niente/Anzi leggerissima/Parole senza mistero/Allegre ma non troppo…” cantano Colapesce e Dimartino, in Musica leggerissima, tormentone sanremese dell’estate che sembra il sottofondo sonoro più adatto per cogliere quell’ebrezza leggera ma non superficiale delle mostra “Palcoscenici Archeologici. Interventi curatoriali di Francesco Vezzoli” (fino al 9 gennaio 2022).
Stiamo parlando dell’ambizioso progetto espositivo site-specific, incastonato negli spazi più significativi del sito UNESCO di Brescia, ideata dalla Fondazione Brescia Musei, presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov, che punta sulla valorizzare l’inestimabile patrimonio di Brixia, il parco archeologico di Brescia Romana e del Complesso museale di Santa Giulia, concentrata nell’area archeologica dal Capitolium a Santa Giulia, nel teatro romano alla cappella di Sant’Obizio nella Basilica di San Salvatore, per arrivare nelle Domus dell’Ortaglia e lungo la sezione romana del museo.
Questa mostra gioca sull’equilibrio precario tra identità e alterità, ci interroga sulla natura del classico non da classicisti dove la domanda potrebbe essere: come la Vittoria Alata, tornata a Brescia dopo il lungo restauro, assoluta protagonista del progetto bresciano, può coabitare con sculture contemporanee? E ancora, come futuro del classico può innestare nuovi processi dinamici, formali ed estetici?
Francesco Vezzoli (1971), edonista, eccentrico, eclettico artista mai scontato con ardita leggerezza desacralizza l’antico mettendo in scena slittamenti spazio-temporali trasgressivi, con opere metafisiche e glamour sempre nel rispetto del luogo, che lui stesso definisce Gli spostati, come i protagonisti del film, in cui compare per la prima volta Marilyn Monroe e nessuno sembra al posto giusto.
L’artista bresciano di fama internazionale, promosso da Miuccia Prada, per la prima volta nella sua città si cimenta nel duplice ruolo di artista e curatore, ideando un percorso metafisico dentro le tante storie di Brescia con otto sue sculture antiche molto contemporanee, ospitate negli spazi archeologici della Fondazione Brescia Musei, per celebrare il ritorno della Vittoria Alata, il bronzo romano restaurato dall’Opificio delle Pietre dure di Firenze, tornato nella sede originaria del Capitolium, riallestita in maniera straordinaria da Juan Navarro Baldeweg.
Si tratta di un dilago ideale tra passato e contemporaneo, un progetto intelligente di marketing culturale che ha vinto il bando dell’Italian Coucil 2019, attraverso otto sculture di Vezzoli inscenato nelle vestigia romane e longobarde di Brescia, che mirano a immaginare un’idea diversa di classicità, sempre presente per ripensare le nostre radici, ma tutto sta nel come lo si fa nell’epoca web.
Vezzoli apre il suo monologo immaginario con il passato con la Nike metafisica (che alla fine della mostra farà parte delle collezioni civiche di Brescia Musei), una scultura in cemento del XX secolo che riprende la Nike di Samotracia (Museo del Louvre di Parigi), ipnotica musa inquietante con la testa in bronzo simile a un manichino dechirichiano “en plein air” visibile di giorno e di notte, collocata ai piedi della austera scalinata che conduce al pronao esatilo.
Per Vezzoli , l’antico è soprattutto una trasgressione, come lo si intuisce anche dall’allestimento e basamenti delle sculture ideate da Filippo Bisagni, concepite come medium visivo per contestualizzare al meglio slittamenti di sguardi e cortocircuiti formali e cromatici pop-choc, tra cultura “alta” e “bassa”.
L’irriverente artista, continua la sua riflessione e rivitalizzazione del classico con opere dentro al Museo, come Achille!, un busto settecentesco dell’eroe greco celebrato da Omero, truccato come Twiggy nel suo ritratto fotografico di Richard Avedon; l’icona della prima top model del Novecento. Questo è uno “slittamento” audace tra neoclassicismo e l’immaginario fashion, tutto è comunicazione e fa moda, dentro lo specchio della vanità, l’eterno femminino è un ideale estetico di ieri e di oggi e imperativo categorico dell’impero dell’effimero.
Sono opere inedite anche La Colonne Avec Fin, una statua in bronzo con un’originale testa romana antica del II secolo d.C, collocate nella Sezione Romana del Museo di Santa Giulia, davanti al mosaico geometrico di età imperiale ritrovato a ridosso del monastero, in dialogo con l’erma posta in questo spazio, in cui l’allestimento valorizza al meglio l’incastro e le simmetrie tra classico e contemporaneo. E tra le altre sculture da scoprire come allegorie metastoriche, lungo il percorso espositivo della mostra, fa rumore, all’interno del silenzioso Teatro Romano di Brescia, nel Parco Archelogico Romano Bixia, il ritratto di Sophia Loren come Musa dell’Antichità (after Giorgio de Chirico), dea immortale della bellezza italiana; un mito dell’Olimpo cinematografico.
La mostra si chiude all’interno dell’incantevole Domus dell’Ortaglia, dove spicca la statua in bronzo Portrait of Kim Kardashian (Ante Litteram), che riproduce la Venere di Willendorf , scultura in bronzo del paleolitico a cui è stata innestata una testa marmorea romana del III secolo d.C., contrassegnata dalla lacrima, la firma iconica di Vezzoli ricorrente in molte opere, collocata su un piccolo plinto cilindrico posto di fronte al mosaico a scacchiera della Domus delle fontane, si impone allo sguardo dello spettatore, e in questo contesto gli intrecci culturali si coniugano in un allestimento magistrale.
La mostra rivela come la storia e le civiltà classiche possono configurare un “altrove” che si estende in un eterno presente, talvolta riconoscendo qualcosa di familiare, come le associazioni –evocazioni tra mito , cinema, moda, tv, politica, storia e memoria , slittamenti insiti nella ricerca di Francesco Vezzoli, come “vezzo” e segno di indiscutibile originalità.
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