A distanza di qualche anno ritroviamo, da Giò Marconi, l’artista Fredrik Værslev con una personale visitabile fino al 30 ottobre 2020.
Il titolo della mostra “World Paintings” presenta una ricerca iniziata nel 2000, in cui l’artista inizia ad interagire e confrontarsi con le bandiere e a volerle rappresentare nelle proprie opere.
La sua origine scandinava e gli studi in Germania, gli hanno permesso di sviluppare un approccio di stampo nord europeo, con una continua propensione alla ricerca pittorica.
Værslev è un artista che lavora con il mezzo pittorico tradizionale cercando di portarlo al limite nello sviluppo della sua ricerca espressiva.
Gli oggetti da cui parte sono oggetti della realtà, utilizzati nella vita quotidiana ma attraverso il suo sguardo assumono una nuova valenza espressiva. Egli non utilizza l’oggetto reale in quanto tale ma lo trasforma attraverso la pittura, i pigmenti, la struttura in legno: il tutto si trasforma in un’ambiguità.
In questa esposizione il processo stilistico si focalizza sull’utilizzo di una serie di bandiere, nello specifico dodici, raffiguranti vari paesi del mondo: dalla Bielorussia alla Repubblica Turca di Cipro Nord, passando per l’Inghilterra, il Pakistan, Panama e altre ancora, arrivando fino all’Uzbekistan.
Le bandiere però non vengono selezionate per la loro valenza politica ma per la pura rappresentazione formale, come la bandiera delle Seychelles con le bande a raggiera di differenti colori.
La presenza del bianco è l’elemento pittorico che accomuna tutte le opere, come uno spazio che dev’essere ancora “scritto”.
Da un lato il tutto è riconducibile alla pittura minimale mentre dall’altro lato l’opera viene sottoposta ad un procedimento di deterioramento.
Il suo è un approccio metodico ma in continua fase di sperimentazione, cercando continuamente il limite estremo tra l’oggetto e la pittura formale.
L’artista si pone a tutti gli effetti la domanda: fino a quanto può spingersi la pittura tradizionale? La sua sarà una continua ricerca fino a quando non troverà una risposta effettiva al suo quesito.
Con l’avvento del Covid-19, come racconta Dieter Roelstraete, in un saggio dedicato dal titolo They are the world, part I, la mostra assume un’altra valenza espressiva.
Il periodo storico che stiamo vivendo ha imposto notevoli divieti e rigide regole di comportamento, sottolineando ulteriormente la divisione tra i vari Paesi, impedendo gli spostamenti all’estero e gravando notevolmente sul sistema dell’arte.
L’arte contemporanea dovrebbe essere quel metodo espressivo che non ha vincoli e limitazioni geografiche, ma questa pandemia ha imposto solamente l’illusione reale di un possibile “viaggio globale online”, rafforzando però i confini territoriali nazionali. Frammenti di mondo che sono stati colpiti pesantemente da un virus, inondando la mostra di un’ulteriore significato, portandoci verso una riflessione anche sociale.
Anche se per Fredrik Værslev l’oggetto bandiera è solo “pittura”, senza valenza politica o territoriale.
Estraniando completamente l’oggetto dalla sua ideologia originale l’opera assume il significato di un dipinto minimale, segnale di risolutezza assoluta dell’arte.
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