Gabriella Belli va alla guida di Villa Panza a Varese. Il racconto della collezione e dell’incontro con il suo mitico fondatore

di - 25 Giugno 2024

È stata responsabile dal 1981 al 1987 dell’arte contemporanea del Castello del Buonconsiglio a Palazzo delle Albere a Trento, direttrice fino al 2011 del MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto e ha assunto nel 2011 la direzione dei Musei Civici di Venezia, che ha diretto per undici anni. Gabriella Belli, la cui storia colpisce per carattere e longevità alla guida di grandi istituzioni culturali italiane, aggiunge un nuovo capitolo al suo percorso, questa volta entrando a Villa Panza di Varese come curatrice della programmazione scientifica e delle mostre temporanee. Non si tratta però di una pagina bianca, bensì dell’epilogo di un percorso iniziato negli anni Novanta assieme a Giuseppe Panza di Biumo (Milano, 1923 – 2010), tra i più importanti collezionisti d’arte contemporanea della seconda metà del Novecento, la cui eredità è conservata ancora oggi nella magnifica villa settecentesca di Varese oggi di proprietà del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano. E proprio a Villa Panza è in corso, fino al 6 gennaio 2025, Nel tempo, una mostra curata da Gabriella Belli e Marta Spanevello che riunisce 59 opere appartenenti alla collezione che si interrogano su questo vasto tema, con lavori di Hanne Darboven, On Kawara, Joseph Kosuth, Jan Dibbets, Walter De Maria e Franco Vimercati, tra gli altri. È in questa occasione che Gabriella Belli, in questa nuova veste, ci ha raccontato le tappe più significative del cammino che l’ha portata fino a Villa Panza.

Gabriella Belli durante l’allestimento dell’opera Trasfigurazionesparizione di Cioni Carpi in mostra a Villa Panza. Credits FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano

Come ti senti ad essere approdata in questa realtà dopo aver chiuso l’esperienza alla guida dei ben undici musei civici di Venezia?

Ho sempre considerato Villa Panza come un gioiello, un unicum, in cui al suo interno troviamo arte, architettura e natura combinate in una corrispondenza “di amorosi sensi”. E di questo credo che se ne renda conto ogni visitatore, anche inconsapevolmente. Quindi sono contenta. L’eredità di Anna Bernardini è ottima, ma naturalmente come per ogni struttura che voglia crescere c’è bisogno di mettere in campo nuove energie, nuove idee. Ma è la parte bella del nostro lavoro: quella di progettare!

Di questa armonia godiamo oggi perché c’è stata una mente progettuale a pensare questo luogo. Ci puoi raccontare del rapporto professionale e intellettuale con Giuseppe Panza di Biumo attraverso il tempo?

Giuseppe Panza era un uomo molto riservato. Quella con lui è stata innanzitutto un’amicizia vera, sincera. Ci siamo conosciuti nel ’95, un anno prima della mostra a Palazzo delle Albere di Trento. L’ho contattato in un momento della sua vita delicato, quando c’erano state delle tensioni nel mondo culturale italiano che avevano stoppato la presenza della sua collezione in alcune città. Però lui non si scoraggiava, aveva trovato la sua soluzione. Per lui la mostra a Palazzo delle Albere fu come un preludio di quello che successe poi a Varese: stiamo parlando infatti di un palazzo rinascimentale, diventato poi la prima sede del MART. Prima di lui avevo ospitato tante mostre, tra cui la collezione di Ileana Sonnabend che aveva aperto la regia contemporanea della mia direzione.

E come è andata?

Ha accettato di buon grado allestendo personalmente questa mostra, sempre con un’attenzione maniacale al dettaglio. Da lui si imparava molto dal punto di vista museografico, la stessa sensibilità avuta per quello spazio che nel 2002 dedico alla sua collezione con una parte storica nella sala di quello che è attualmente il Mart di Trento e Rovereto. Anche in quel caso curò personalmente l’allestimento. Aveva un metodo personale in cui utilizzava dei fogli quadrettati e a matita disegnava tutta la disposizione delle opere.

Giuseppe Panza. Foto Giorgio Majno 2002. (C) FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano
7. Piero Fogliati, opere di, visone d’insieme, ©Michele Alberto Sereni, courtesy Magonza

Vi siete mai trovati in disaccordo?

Diciamo che negli anni quello che mi sono conquistata è stata la predisposizione ai dialoghi tra lavori diversi: la sua idea era riservare ogni spazio a un solo artista. Al contrario, io trovavo che il dialogo tra due o più artisti fosse prolifico, per vedere un determinato momento attraverso più sguardi in connessione tra di loro, che si completano. Su questo tema abbiamo sempre avuto degli intensi scambi di opinione, una strada che ho portato avanti anche a Venezia lavorando parallelamente su antico e contemporaneo attraverso i Musei Civici. Trovo che gli spunti critici più interessanti nascano dal raffronto di opere diverse.

E poi?

Poi nel 2011 riesco a convincerlo a fare questa mostra di arte concettuale, di cui alcune opere sono attualmente nell’esposizione in corso a Villa Panza. Lui pensava invece che i tempi non fossero maturi e continuava a dire questa frase, “è troppo presto”. Io al contrario pensavo che questo fosse un punto di forza, un’occasione di scoperta per il pubblico. Facemmo negli spazi del MART una mostra magnifica, che ancora ricordo come una delle mie preferite.

Nel Tempo.©Michele Alberto Sereni, courtesy Magonza

E poi c’è stata Venezia…

Quando sono andata a Venezia sono riuscita a mettere in mostra la parte storica della collezione, esponendola a Ca’ Pesaro del 2016. Un momento importante a cui è seguita, a quel punto da parte della famiglia, una donazione alle collezioni permanenti, che ho esposto nel 2022 al piano terra del Museo Fortuny prima concludere il mandato. È un racconto che fa anche parte della narrazione del mio percorso e della mia crescita professionale, dove questo suo collezionismo ha sempre rappresentato per me una luce nell’affollamento dei messaggi dell’arte contemporanea. Un luogo sicuro dove dal punto di vista estetico, umorale e intellettuale in cui ho sempre ricomposto le mie domande sull’arte contemporanea. È una bella storia che io cerco di onorare a Villa Panza.

Si tratta quindi di un ritorno a casa per te.

Certo, altrimenti non avrei mai accettato! Quando ho lasciato la direzione dei Musei Civici di Venezia ho giurato che non avrei mai più voluto avere un ruolo istituzionale, perché penso dopo 40 anni di aver dato tanto. L’opzione di Villa Panza è stato un richiamo troppo importante, grazie anche alla famiglia Panza e al Presidente Marco Magnifico.

Insomma, il richiamo di Villa Panza ti ha impedito di riposarti.

Ma questo non mi stanca! La vita nei musei è talmente legata al mio DNA che faccio questo lavoro con tanta gioia e passione che è impossibile stancarsi. Ho riscoperto però il piacere di andare ai musei come visitatrice, entrando dalla porta principale e non dagli uffici, percorrendone le stanze assieme agli altri visitatori, fermandomi sulle opere che più mi interessano e non su prestiti o quadri oggetto di lavoro. A differenza dei beni di consumo, i musei non si esauriscono, anzi non hanno una data di scadenza. I musei sono ancora una grande fonte di rigenerazione spirituale e anche esistenziale.

Hai quindi affermato che Villa Panza è un’oasi di pace e lentezza. La prima mostra da te curata si intitola Nel tempo”. È forse un caso?

È un tema ambizioso a dire poco! È un tema su cui si sono misurati letterati, filosofi e scienziati, fisici, astronomi fino ad arrivare all’alchimia. È anche un tema che ho in parte ereditato dalla precedente direttrice e che ho rispettato. Ad andare ad approfondire la collezione di Giuseppe Panza, si capisce che ci sono tanti artisti che lui ha acquistato trovando una corrispondenza con questo suo senso di ansietà nei confronti dello scorrere del tempo, ma anche interesse nel modo in cui viene utilizzata la vita e come l’arte cerchi a volte di trattenere il tempo e farcene sentire il suono, la geografia, i luoghi. È un tema esistenziale che lo ha ossessionato nel suo collezionismo.

Nel Tempo. Ph. Michele Alberto Sereni, courtesy Magonza

Come farai sì che le mostre temporanee giochino un ruolo di valorizzazione nei confronti della Villa? Sicuramente vorrei che Villa Panza prendesse più visibilità nel mondo delle case museo, ciò che veramente è. Per quanto riguarda le mostre temporanee lavoreremo sul tema del collezionismo, ma anche sulle figure di importanti maestri del Novecento che non sono mai stati presentati in Italia finora, in quello spirito di Panza che va a indagare un certo tipo di linea dell’arte internazionale, quella linea satura di valori esistenziali.

Puoi farci qualche altra anticipazione?

Faremo poi delle project room di artisti più giovani che sono coinvolti in alcune tematiche come la natura, la sostenibilità e ancora, il tempo.

Nata a Pesaro nel 1991, è laureanda nel corso di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l'Accademia di Brera. È residente a Milano dove vive e lavora come giornalista freelance per diverse testate di arte, concentrandosi sul panorama contemporaneo tramite news, recensioni e interviste su online e cartaceo. Oscilla tra utopia e inquietudine; ancora tanti sogni da realizzare.

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