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Gallerismi, il podcast che dà voce a gusti ed episodi dell’arte contemporanea
Arte contemporanea
C’è un fatto ancora irrisolto nei podcast d’arte: l’immagine è l’ingrediente onnisciente e profuma in ogni angolo, ma siamo pigri ad aprire lo scaffale dove lo abbiamo riposto (leggasi Google, Instagram o altri media 2.0). Alcuni esempi funzionano, ad esempio quando arriva un equilibrio tra divulgazione e supporto alla visita: succede a Una specie di tenerezza, il podcast realizzato nel 2022 da Chora Media per Palazzo Grassi in occasione della personale di Marlene Dumas: c’è la suggestione dell’humus del Sudafrica che ha incubato l’artista che sarà e un supporto utile tra le sale espositive.
In questo contesto acerbo, come è giusto che sia per qualsiasi medium giovane, c’è chi prova a parlare di storie dell’arte (come Paladine, condotto da Serena Dandini), oppure c’è la strada dell’evocazione: di nomi, gusti, episodi. Rientra in questo filone il podcast Gallerismi, nascituro estivo ideato da Roberta Petronio e Maddalena Santeroni. La prima è tra le firme dell’edizione romana de Il Corriere della Sera, la seconda è manager culturale, due professioni che tessono incontri e relazioni con addetti ai lavori ma soprattutto non, diventando il lievito di un prodotto come questo: da Costantino D’Orazio all’imprenditrice Cristina Fogazzi, dalla linguista Valeria Della Valle all’artista Pietro Ruffo, l’atmosfera è di salotto e microfono. Forse più vicino alla vivezza di una diretta radiofonica che alla densità narrativa del podcast letteralmente inteso; si ritrova però qualche punto fermo, diremmo ancestrale, di ogni racconto culturale.
Secoli fa, Piero di Cosimo nella penna di Giorgio Vasari era una figura più bestiale che umana, un artista che immaginava battaglie guardando muri sporchi e nuvole. Allo stesso modo il podcast Gallerismi solletica i suoi convitati invitandoli a organizzare un ideale banchetto d’arte, o quale sarebbe il loro primo emendamento se fossero direttori di un museo. Oggi come allora, la cronaca d’arte parte dai dintorni, quegli “-ismi” periferici che, poi, riportano sempre al centro.