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Artista visiva radicale e politicamente impegnata, anticipatrice di argomenti diventati poi attuali, tra l’identità e la smaterializzazione, protagonista della scena culturale della Romania degli anni ’70 e ’80 ma riconosciuta solo in anni relativamente recenti. Alla grande figura di Geta Bratescu, Hauser & Wirth ha dedicato un ampio progetto espositivo in due tappe a Zurigo, per mettere in evidenza il suo lavoro legato alla moda, che la impegnò negli ultimi anni della sua vita.
Conoscendo Geta Bratescu: il doppio progetto espositivo di Hauser & Wirth
Poco prima della sua scomparsa, il 19 settembre 2018, Bratescu stava lavorando con Albert Kiemler, direttore creativo della casa di moda svizzera Akris, per la collezione Primavera Estate 2019. La mostra, in esposizione da Hauser & Wirth Publishers, è composta da materiali di archivio selezionati da Kiemler, che ha rivelato come anche in precedenza molte delle sue creazioni di moda fossero legate all’arte di Bratescu. A ispirare lo stilista, l’uso netto del colore e della linea in relazione alla carta: «La sensibilità di Geta nel selezionare la carta è molto simile alla mia nella selezione del tessuto. La stoffa mi insegna tanto e, come la carta, è un materiale bellissimo, ha una qualità tattile», ha spiegato Kriemler, che conobbe le opere di Bratescu in occasione di documenta 14, nel 2017.
A completare il progetto, “Geta Brătescu. The Gesture, The Drawing”, presso l’altra sede di Zurigo di Hauser & Wirth Rämistrasse, che presenta una selezione ponderata di opere su carta che esplorano l’approccio unico dell’artista al disegno, alla linea e alla forma, organizzata in collaborazione con la Ivan Gallery di Marian Ivan. In occasione del progetto espositivo, inoltre, Hauser & Wirth ha presentato anche il volume dedicato alla collaborazione tra Bratescu e Kiemler, Game of Forms.
Una ricerca a misura di studio e di foglio di carta
Nata il 4 maggio 1926, Geta Brătescu studiò presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest, tra il 1945 e il 1949, quindi si iscrisse all’Accademia di Belle Arti, da dove venne espulsa, prima di laurearsi, a causa delle sue “cattive origini”. La famiglia, infatti, era inserita nella lista dei possidenti e quindi avversata dal partito comunista. Dopo l’esclusione dall’Accademia, Bratescu lavorò come illustratrice e animatrice e l’influsso di queste pratiche – come lo studio della letteratura – sarebbe tornato anche nella sua ricerca prettamente artistica. Infatti, pur sotto la pressione della censura, Bratescu continuò sulla sua strada, preferendo l’isolamento del suo studio al riconoscimento pubblico, come del resto molti artisti di quell’area geografica, tanto attivi tra gli anni ’70 e gli ’80 quanto appartati e che, oggi, meriterebbero una riscoperta.
Tra i tanti materiali preferiti da Bratescu, oltra alla carta, usata per numerosi collage, spicca il tessuto. Recuperando ritagli di stoffa già usati dalla madre, realizzò una serie di lavori dedicati alla figura di Medea, interpretata in chiave antifemminile. «I miei collage più recenti utilizzano carta colorata, disegnata per mezzo di contorni ritagliati con le forbici. Disegno con le forbici, un gesto creativo sopra il disegno accademico e senza preliminari a matita. Una forma richiede un’altra forma; non ci sono necessità preconcette; una forma creata attraverso la sua stessa energia crea un’altra forma e questa, a sua volta, ne crea un’altra», annotava nel 2014.
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, la sua ricerca e la sua figura ritrovarono il riconoscimento dovuto. Nel 1999, una grande retrospettiva le fu dedicata dal Museo Nazionale d’Arte della Romania, mentre nel 2008, per «Il suo contributo di rilievo allo sviluppo dell’arte contemporanea romena», la Bucarest National University of Arts le ha conferito un dottorato honoris causa. Nel 2015, la prima mostra personale di Bratescu nel Regno Unito si è tenuta alla Tate Liverpool e, nel 2017, venne stata scelta per rappresentare la Romania alla 57ma Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, alla quale, peraltro, aveva già partecipato in due edizioni, nel 1960, nell’ambito di una mostra collettiva, e nel 2013, al Padiglione Centrale.
Attualmente, oltre al progetto espositivo da Hauser & Wirth, un’altra mostra dedicata a Geta Bratescu, intitolata “L’art est un jeu sérieux “, è visitabile alla Kunstmuseum St.Gallen, fino fino al 15 novembre 2020.