Protagonista e star del padiglione italiano alla Biennale 2022 di Venezia, il lavoro di Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) si concentra sulla collettività e sulla memoria, attingendo dal collettivo e la sua accezione storica, politica e spirituale. L’artista lavora da sempre con il concetto di tempo e luogo, creando opere scultoree e grandi installazioni site-specific spesso destinate a durare ed essere vissute nello spazio. In HangarBicocca Tosatti presenta una serie di opere inedite nell’area dello Shed, in una mostra curata da Vicente Todolí, usando per prima volta una dimensione pittorica del linguaggio che crea un’architettura all’interno dello spazio.
Ritratti (2022) e NOw/here (2023), costituiscono una sintesi dell’operato dell’artista negli ultimi vent’anni. Tramite una matrice pittorica, apparentemente inedita per Tosatti, la fragilità e le contraddizioni dei tempi moderni vengono manifestate attraverso i contrasti dell’attuale civiltà e le sue possibili declinazioni future. Due le serie pittoriche: la prima, Ritratti, composta da quattro dipinti in oro e ruggine su pannelli di ferro assemblati e installati su strutture di tubo giunto; la seconda, NOw/here, costituita da dieci grandi campiture realizzate in grafite e carboncino bianco su tela, sospese a soffitto.
Le opere si presentano al visitatore come mappe dall’interpretazione libera, le quali, attraverso l’invito al dialogo caratteristico dell’artista, permettono di riflettere sulla realtà e il mondo interiore/esteriore, riflettendo come specchi il vuoto di chi li vede e li rende propri. Un rischio necessario che rende l’artista responsabile del proprio ruolo: solo spiazzando se stesso può restituire vitalità a chi ne fruisce. Diventando le opere <<Ritratti di comunità, di momenti e di un’idea collettiva>>, stando alle parole dell’artista, l’accostamento di materiali opposti invita il materico ed il simbolico ad unirsi nell’esemplificare la corruzione dell’umano.
Il passare del tempo, attraverso i processi di corrosione ed ossidazione del metallo, viene arricchito dall’oro bizantino, duecentesco e talvolta sperimentale, già utilizzato e trasformato in altre opere dell’artista come in Sette Stagioni dello Spirito (2013-2016) e in Histoire et Destin – New Men’s Land, dove la vernice dorata sulle rocce al confine della giunga di Calais circondava uno dei paradossali tra i ‘nostri’ fallimenti. Analogamente a Ritratti, le opere in grafite e carboncino su tela rendono tangibile ciò che per l’artista è spesso stato sottinteso con l’installazione: un passaggio dalla dimensione reale a quella immaginifica, attraverso paesaggi neri e desolati con orizzonti costellati da bianche sfere aliene che descrivono scenari astratti dalle sembianze reali.
La luce – concepita dal light designer e direttore della fotografia Pasquale Mari – è in penombra e accennata, ben visibile nel recente intervento Storia della Notte e Destino delle Comete (2022) presentato alla Biennale di Venezia. Una necessità visiva dell’artista e dei suoi interventi, spesso effettuati in aree di crisi e di imminente possibile apocalisse; Episodio di Odessa (2020) e Testamento (2011) sono esempi tangibili della solitudine luminosa percepita da Tosatti, un inno alla desolazione e al conseguente silenzio richiesto in un ambiente di riflessione.
Dei luoghi non luoghi, ‘here’, ‘now’, ma da nessuna parte, ‘nowhere’, le terre bruciate e disabitate di Tosatti fanno riferimento all’astrazione e alla quinta dimensione, invogliando la perdita di contatto consapevole col circostante e uno smarrimento destinato al ritrovamento. Il percorso espositivo della mostra lascia finalmente liberi di viaggiare e vagare attraverso i paesaggi di Gian Maria Tosatti: al di fuori dello spazio e del tempo, un passo oltre i confini, l’orizzonte di ciò che è sconosciuto viene rivelato.
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