Visitare la retrospettiva di Giancarlo Moscara (Lecce, 1940) al MUST di Lecce, fino al 13 marzo, equivale a compiere unâesperienza di spaesamento, di abdicazione alla tradizionale divisione tra i metodi del fare arte, in favore di un modus compendiario, che non conosce cesure ma solo continuitĂ tra pittura, scultura, grafica, illustrazione, poesia, moda. Allâorigine di tutto vi è il disegno, che lâartista ha usato come mezzo di evasione e di azione, strumento per estraniarsi dalla realtĂ e rifugiarsi in un mondo di pura fantasia, ma anche strumento di impegno socio-politico attraverso cui incidere sulla societĂ . A questo si aggiunge il colore, talvolta usato senza il contenimento della linea, come veicolo di espressione istantanea. Lo si vede bene in Quando il rosso screpola la notte del 2019, ultima opera, in cui una vasta macchia rossa è ferita aperta e sanguinante, per la pittura e lâanima, una nellâaltra.
Lâesposizione propone le opere di una vita, dal 1955, quando lâartista aveva appena 15 anni, al 2019, anno della morte, articolandosi nei due piani del museo e nella Casa-Museo di Cavallino, alle porte del capoluogo salentino, moderna casa dâartista, fucina di creativitĂ e di talento condiviso. Una mostra impegnativa non solo per le dimensioni ma anche per la mole di lavori che seleziona, analizza, struttura, in un ordine che è piĂš tematico che cronologico. Diversamente, dâaltronde, non poteva essere per chi, come Moscara, è stato âconvintamente diacronicoâ (lo sottolinea Titti Pece, storica dellâarte e sua compagna di vita), che ha attraversato il tempo senza preoccuparsi di mode e tendenze, fedele solo al suo modo di percepire (che è anche concepire) lâarte. Egli si è mosso con fermezza e leggiadria nel vasto campo delle arti visive, andando avanti e indietro, non assecondando il flusso del tempo (lui, eterno bambino con coscienza da adulto), ma solo quello del suo pensiero e della sua immaginazione. Si è mosso come il cervo, lâantilope e altri animali del suo fascinoso bestiario, cosĂŹ affascinanti perchĂŠ caratterizzati da âandatura elegante, lenta, a volte dolce, con improvvisi, repentini e imprevedibili scatti velociâ, cosĂŹ ha detto.
Un DNA quello di Moscara in cui lâartigianato non è disgiungibile dallâarte, lâuno riflesso nellâaltra come stratificazione genetica, storia di famiglia che parte dai genitori e dallo zio, abili sarti, e prosegue con il figlio Marcello, fotografo. La creativitĂ come genia e tradizione familiare, come passato ma anche futuro, racchiusi entrambi in quel marchio âMoscara Associatiâ, etichetta culturale e casa editrice, think tank ma anche bottega rinascimentale, come ha suggerito Raffaele Gorgoni.
Il bel catalogo, al pari della mostra, rivela come la storia dellâarte sia il vero fil rouge della ricerca di Giancarlo Moscara. Uno sconfinato serbatoio da cui attingere senza riserve, ma con attitudine non di melanconico citazionista ma di instancabile e giocoso riformulatore. Tutto è recuperabile e rivedibile, e lui lo reinterpreta senza un senso logico apparente, nĂŠ una precisa scansione temporale. Picasso, CĂŠzanne, Monet, Leonardo, Giotto, VelĂĄsquez, Goya, Vermeer, questi ed altri nomi li cita lui stesso nella sua opera-manifesto Europa del 2019, altri li chiamano in causa i suoi esegeti, tanti e prestigiosi, da Andrea Carandini a Marisa Dalai Emiliani, da Flavio Caroli a Rosalba BranĂ , da Maurizio Vitta a Massimiliano Cesari, autori dei testi contenuti nel catalogo, in cui si leggono i nomi di Bosch, De Chirico, Depero, Duchamp, Klee, DalĂŹ. Ma altri ancora se ne possono citare, specialmente guardando le prime opere. Ad esempio come non pensare ad un riflesso incondizionato da Modigliani guardando A mia mamma del 1960 o da Derain in Senza titolo dello stesso anno, dove la figura con pipa, soggetto di per sĂŠ caro ai fauves, è scomposta in tasselli cromatici sui toni del verde e del marrone. E ancora Basilica del 1959 sembra uscita direttamente dallâatelier di Franco Gentilini mentre il Senza titolo del 1964 sembra provenire da quello di Osvaldo Licini. Sono questi i primi segnali di una ricerca fervente e appassionata, che andava costituendosi sul crinale degli anni Cinquanta e Sessanta, in una personalitĂ assettata di immagini e di riferimenti, tutti da assimilare e reinterpretare, molti da cogliere nella letteratura e nella filosofia, tanti altri nellâarte, passata e in divenire. Unâattitudine imbibitoria che prosegue negli anni (Il bacio del 1986 è memore dalle celebri figure volanti di Chagall) e che si traduce in una cifra stilistica sempre piĂš personale, autonoma nel senso non di distacco dalle molteplici componenti apprese, ma di un raggiungimento di un amalgama raffinato e convincente. Il suo è un immaginario patafisico, toccato da impegno politico, accezioni surrealiste e suggestioni pop, attraverso cui lâartista si rivela costantemente alla ricerca di soluzioni bizzarre allâinterpretazione dellâoggi, non conformi al comune sentire ma proprio per questo attuali.
Dietro il suo linguaggio apparentemente scanzonato si cela un pensiero profondo, che punta a svelare (e salvare) lâarte come techne. Giancarlo Moscara è innanzitutto homo faber. In vita si è impegnato su molteplici fronti: la comunicazione dâimpresa, il disegno politico, lâattivitĂ editoriale, oltre naturalmente alla pittura. Una vita movimentata, trascorsa tra Bari, Roma e Milano, tra la dimensione sociale e lâambiente intimo e riflessivo dello studio. Tra gli anni Settanta e Novanta è stato innovatore dellâimmagine di Iri, Eni, Agip, Vorwerk, Olivetti e dellâillustrazione politica, accanto ad Altan, Tullio Pericoli e Alfredo Chiappori, tra i massimi rappresentanti del genere in Italia, con i disegni/editoriali per il periodico culturale Rinascita e i âGiornali muraliâ dellâARCI. Nel mondo dellâeditoria, invece, ha legato il suo nome soprattutto alla casa editrice De Donato di Bari per la quale ha inventato il volto della collana âDissensiâ, allâinterno della quale è stato pubblicato il celebre saggio, per certi versi revisionista, LâItalia storica e artistica allo sbaraglio di Ranuccio Bianchi Bandinelli. Ha anche disegnato centinaia di copertine, partecipando attivamente a quella che è passata alla storia con il nome di âĂcole Barisienneâ, definizione data da Giorgio Bocca al circolo di intellettuali ruotante proprio attorno la casa editrice barese. Una vita vissuta densamente che ora la mostra ripercorre puntualmente, rivelando un favolistico mondo interiore, popolato da âasini arpisti, pensatori, cavalieri, dame dai nomi vagamente evocativi e gli indossatori assenti dei gilet e dei panciottiâ, creature di una mente fervida, capaci di sfuggire alle maglie strette di un tempo e di uno spazio predeterminati.
Un nuovo record da Casa dâAste Martini, a Sanremo, per l'importante vaso imperiale (dinastia Qing, marchio e periodo Qianlong). Ă…
Un viaggio tra le gallerie e gli spazi dâarte del centro storico di Roma, da Via Giulia al Portico di…
Roma Arte in Nuvola ha aperto le porte della sua quarta edizione con varie novitĂ : diamo unâocchiata alla sezione Nuove…
Un anno di successi e riconoscimenti nellâarte contemporanea.
Doppio appuntamento, questa sera, alla Galleria dâArte Ponti: apre la mostra La societĂ âIn Arte Libertasâ, che proseguirĂ fino al…
Nella nuova mostra-dossier dedicata a Leonardo, le invenzioni del genio rinascimentale vengono raccontate attraverso oltre 200 macchine costruite in 3D…