“Il moltiplicarsi della violenza fisica sulle donne non è una questione personale, ma è una questione collettiva. Riguarda tutte le donne. E tutta la società”. Un richiamo a riaprire gli occhi e ad assumerci la responsabilità. Questa è una delle frasi fondamentali pronunciate dalla psicanalista Marina Valcarenghi, 83 anni, protagonista del film Il popolo delle donne dell’artista Yuri Ancarani, presentato della XX edizione delle Giornate degli Autori a Venezia.
È stata la prima 30 anni fa ad incontrare in carcere i detenuti per reati sessuali e oggi in una lunga serie di primi piani affronta il tema della violenza sulle donne con una profonda analisi sul perché esista una crescita esponenziale oggi. E come le motivazioni appaiano molto diverse da quelle di anni fa. Afferma che la principale è il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile. Una questione posta per la prima volta da lei in questo film con lucidità di indagine straordinaria. Yuri Ancarani, tra i più noti e talentosi video artisti contemporanei la filma nel cortile della Legnaia all’università degli studi di Milano, mentre dei giovani stanno preparando una manifestazione contro la violenza sulle donne.
Una lectio magistralis con stralci di testimonianze di uomini che usato violenza, raccolte nei tribunali, nel corso di colloqui in carcere o durante le sedute in studio. “Usate violenza sessuale di gruppo solo sotto l’effetto dello sballo?”. Racconta di un ragazzo. “Non lo so, è bello sapere che qualche volta si può fare di tutto. Soprattutto con le donne” Valcarenghi parla anche alle donne e le invita a reagire. Yuri Ancarani l’ha conosciuta mentre girava Atlantide, film documentario dedicato agli adolescenti del territorio veneziano, per cui ha avuto bisogno di psicanalisti. Ma da tempo voleva affrontare questo tema: “Come uomo fa parte della mia ricerca personale, mi interessa questo argomento pericoloso. Dopo tanti viaggi all’estero mi sono accorto che si tratta di uno dei problemi principali dell’Italia. Siamo in un sistema dove le regole sono esclusivamente maschili, e agli uomini non stanno bene. Per cui è necessario sviluppare delle consapevolezze sul fatto che noi uomini siamo vittime di stereotipi da demolire con i quali siamo stati educati. Per esempio, quello dell’uomo forte e vincente. E quindi se non lo sei sempre sei frustrato e incazzato”, spiega.
“L’unico modo era farlo così. Si è realizzato tanto sull’argomento, e affrontarlo con una storia poteva amplificare la morbosità dello spettatore. Girato così, è pulitissimo e al centro c’è l’informazione”. Quest’anno i femminicidi sono stati 70 fino a fine luglio, ricordiamo. “Il mio intervento come artista è essere puntuale. L’attitudine degli artisti è di essere degli anticipatori”. Purtroppo il tema è molto attuale: la cronaca riporta anche gli strascichi degli stupri di gruppo di Caivano e Palermo fatti da minorenni. Cosa si aspetta Yuri Ancarani? “Non lo so. L’obiettivo era provocare qualcosa dentro, tutto ciò che è necessario per comprendere”.
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