Visitabile fino al 26 febbraio 2022, “A house for a gentleman” è la prima personale di Giulio Scalisi in Portogallo. Gli spazi della Kunsthalle Lissabon offrono al visitatore la realtà “altra” creata dall’artista siciliano appositamente per la mostra portoghese. Sin da subito, parlando con Alberta Romano, dal 2020 curatrice presso lo spazio di Lisbona, emergono le peculiarità di questa mostra e della ricerca di Scalisi: «Ho sempre trovato i suoi lavori molto potenti non solo per la loro attinenza all’attualità , ma soprattutto per il modo in cui riescono a leggerla con un tono dissacrante».
La prima sala, nella quale troviamo diversi lavori dell’artista, introduce il visitatore nel mondo ideato da Scalisi attraverso la presentazione di diverse opere: The Obelisk è il prototipo abitativo del mondo ideato dall’artista, presentato sulle pareti in tre stampe che ne illustrano i vantaggi, mentre Do yourself a favor chiude il cerchio mostrando gli effetti negativi, quasi fatali, della vita all’aria aperta. Nella seconda sala trova posto invece un video di circa 15 minuti che racconta la vita di Paul Baseth: una giornata come le altre, una routine scandita da diverse attività (esercizio, lavoro, appuntamenti), ma attentamente seguita e monitorata dall’assistente virtuale, “Home”, elemento cardine di ogni abitazione.
Nel complesso, questi due spazi raccontano un’unica realtà attraverso approcci opposti, uno degli aspetti sicuramente più interessanti della mostra e uno degli argomenti da approfondire con Alberta Romano: «I due ambienti che sono nati da questa divisione sono molto diversi, uno immersivo nel quale lo spettatore finisce per trovarsi all’interno della distopia creata dall’artista; l’altro più minimalista, vuole rievocare l’atmosfera sospesa che si percepisce nei negozi di elettronica, nei quali i prodotti di ultima generazione vengono esposti su display bianchi, accompagnati da pubblicità semplici, dai toni quasi ieratici e ascensionali».
Nonostante si possa definire un mondo distopico, un futuro non troppo lontano dal nostro, il lavoro di Giulio Scalisi ci mette di fronte ad ansie e fantasmi che riflettono il presente. La componente che emerge maggiormente è infatti l’assoluta mancanza di qualsiasi contatto interpersonale, gli unici scambi sono quelli filtrati da uno schermo o dallo stesso assistente virtuale, mentre le interazioni con il mondo esterno si esauriscono nelle consegne a domicilio, anche queste però private di quei pochi secondi di relazione.
In quest’ultima mostra, Scalisi crea un mondo parallelo, assurdo e a tratti perturbante, ma man mano che si osserva questa realtà sembra sempre meno distorta, si riconoscono aspetti che risultano essere specchio della nostra e riflettere quelle stesse sensazioni che hanno caratterizzato la vita di molti. Se già dalla prima sala si percepisce l’alterità di questo mondo, nella seconda il video aggiunge allo scenario una componente temporale e narrativa, conferendo a quella realtà una qualità esistenziale che annulla la distanza tra la storia raccontata da Scalisi e la nostra quotidianità . Il linguaggio scelto non fa che evidenziare ancora di più gli elementi cardine della vita di tutti i giorni di Paul Baseth, innescando una riflessione sulla contemporaneità e sulla nostra percezione del mondo che ci circonda. Un progetto trasparente nel suo offrirsi alla fruizione, un’analisi diretta della perdita di contatto e di interazioni tanto fisiche quanto emotive.
In ultimo, chiedo ad Alberta quale sia a suo avviso la sensazione che prevale usciti dalla mostra, quale l’elemento che emerge maggiormente da quest’ultimo lavoro: «La sensazione che può lasciare a volte è di rassegnazione, altre può invece coincidere con un impulso ad alzare le spalle e scrollarsi di dosso quella routine diventata tanto, troppo familiare. Il punto però è quanto questi sentimenti siano forti dentro di noi, quanto l’uno riesca più facilmente a prevalere sull’altro, quale sia la loro durata, e quanto il mondo esterno manovri abilmente l’intensità dell’uno e dell’altro a seconda dei casi. Quello che emerge spesso dai lavori di Giulio Scalisi è sicuramente la nostra vulnerabilità , il nostro essere sempre più soli in balia di poche e moderate emozioni».
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