Gli occhi dello sciacallo. Michal Rovner alla Fondazione Merz

di - 11 Novembre 2022

Ha inaugurato nei giorni di Artissima, a Torino, presso le sale della Fondazione Merz la mostra di Michal Rovner. Si tratta di una progetto di eccezionale profondità culturale e intensità poetica, che coinvolge il pubblico in un’esperienza immersiva di grande impatto. La mostra è ospitata nelle sale della Fondazione,  ma nei giorni della fiera, il progetto comprendeva anche un’installazione sonora di grande impatto situata nel cortile esterno.

Realizzata con il sostegno della Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e in collaborazione con Città di Torino, Kurt & Bülow e Pace Gallery di New York, la mostra ha le caratteristiche di un grande evento internazionale.

Dal punto di vista del contenuto, il progetto artistico di Michal Rovner riflette sul tema dei rifugiati, considerando la loro condizione dal punto di vista esistenziale e personale. Secondo UNHCR, solo nell’ultimo anno, sono stati oltre cento milioni i rifugiati in tutto il mondo. La situazione dei profughi si qualifica quindi, drammaticamente, non solo come un fatto di attualità purtroppo sempre più frequente su tutte le latitudini del pianeta, ma anche come una delle condizioni paradigmatiche dell’essere umano nel mondo contemporaneo. L’artista vede infatti i rifugiati come individui che sono costretti a viaggiare lasciando alle loro spalle, insieme con il loro paese d’origine, la propria cultura, vita privata e identità.

Michal Rovner fa poi un altro passo, paragonando il modo di stare al mondo del rifugiato con quello degli sciacalli, animali considerati dal loro punto di vista simbolico e mitologico come creature solitarie e selvatiche, ma anche dalla grande valenza simbolica. La figura dello sciacallo è infatti in grado di evocare antiche divinità egizie, la cui vocazione consisteva, secondo la tradizione, proprio nel condurre le persone sul confine con l’aldilà e con la vita ultraterrena. Il compito dello sciacallo, secondo il mito, era abitare quindi la soglia tra vita e morte e renderla percorribile, creando così un varco per il mondo altro rispetto al nostro. Il riferimento è soprattutto alla dea Anubi, divinità femminile egizia dal corpo umano e la testa di sciacallo il cui compito aveva proprio queste caratteristiche psicopompe. Il rapporto con l’alterità, con tutta la sua componente fatta insieme di mistero, paura e desiderio, è, poi, un altro tema del progetto.

Per condurre la sua ricerca l’artista ha trascorso un lungo periodo di tempo nei campi abitati dagli sciacalli allo stato selvatico, passando intere notti in solitudine, in attesa di entrare in contatto con loro nel loro ambiente naturale. Rovner narra dell’incontro particolarmente intenso con una sciacallo femmina che si è fermata di fronte a lei, guardandola negli occhi, fuggendo e poi tornando, come per porsi in relazione.

Proprio da questo preciso incontro nasce l’installazione in mostra, che comprende due sale della Fondazione.

Sulle pareti è proiettata l’immagine degli sciacalli, in parte in movimento. In modo particolare, la parete della sala principale mostra l’immagine  gigantesca dello sciacallo femmina nell’atto di rivolgere il proprio intenso sguardo verso lo spettatore. Sullo sfondo, dietro l’animale, sono riprodotte piccole figure umane che si tengono per mano, a simboleggiare la figura del rifugiato riprodotta innumerevoli volte.

Quello che più colpisce è la capacità del progetto di entrare in contatto con il pubblico su diversi livelli contemporaneamente. Occupandosi del tema dei rifugiati, il lavoro tocca infatti l’aspetto sociale e politico, nel senso nobile del termine, e, data la centralità dell’elemento animale e naturale, anche il tema del rapporto uomo natura, oggi così attuale, qui assume un ruolo decisivo. Ma la cosa davvero interessante è che tutti questi aspetti sono affrontati da un punto di vista esistenziale e personale, non tralasciando neppure riferimenti culturali e spirituali intensissimi.

L’evento arriva perciò direttamente allo spettatore con un intenso carico emotivo, poetico e simbolico, stringendo chi guarda all’interno di un’installazione immersiva fatta di immagini gigantesche e fortemente evocative, che parlano direttamente al cuore e al cervello dello spettatore.

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