Presentate nella galleria Sabato Angiero Arte a conclusione del ciclo di esposizioni del progetto âconiugareâ, le due mostre âRilucereâ di Cristina Cusani e âGocce dâariaâ di Rino Rinedda tentano di trovare soluzioni possibili alle contraddizioni della nostra contemporaneitĂ , offrendoci immagini del mondo concepite come metafore epistemologiche, facenti parte di un nuovo modo di vedere, di sentire e di rappresentare il proprio universo.
Nella prima sala, si incontra il lavoro di Cristina Cusani (Napoli, 1984), di formazione romana, a lungo impegnata su temi di carattere socio-antropologico e nella sperimentazione del mezzo fotografico. Ă unâoperazione concettuale quella cui sono sottoposte vecchie cartoline di viaggio, ritrovate dallâartista e disposte a rovescio sotto un vetro per celarne lâimmagine fotografica e per mostrare allo spettatore solo il lato destinato al messaggio.
Lâattenzione è infatti concentrata sulla componente testuale della cartolina, che agisce come un vero e proprio commutatore linguistico, il cui significato varia a seconda della situazione comunicativa e della soggettivitĂ dello spettatore, il quale arbitrariamente ne attribuisce il proprio senso. Le scritte e le didascalie, svuotate dellâoriginario referente, rimandano a concetti polisemantici e a visioni determinate dallâimmaginario personale.
Unâistallazione a pieno campo occupa poi lo spazio buio della seconda sala, disseminato di steli che sostengono 48 singole diapositive retro-illuminate. Di qui proviene il titolo âRilucereâ, allusivo al rifulgere di memorie e di scene tratte dal privato, che si manifestano come fuochi fatui in nuove sembianze.
Infatti, le foto di famiglia â alcune recenti, altre risalenti alla metĂ dello scorso secolo â sono state donate allâartista da partenti, amici e conoscenti e, dopo aver subĂŹto un secondo processo fotografico di trasposizione su diapositiva, sono state composte per formare un mosaico di ricordi tanto individuale quanto collettivo, nel quale è possibile immedesimarsi. Alla forte suggestivitĂ , prodotta dallâevocazione dei sentimenti rappresentati, contribuisce anche la spiccata componente relazionale, che è allâorigine dellâatto creativo e che implica il coinvolgimento di una rete di persone.
La ricerca sulle relazioni umane è alla base anche delle opere realizzate da Rinedda (Napoli, 1974), visual artist e creative designer, la cui ricerca sonda anche i territori della grafica e della comunicazione. In âGocce dâariaâ egli investiga sulle nuove possibilitĂ di rapporto, comprendendo e sovvertendo gli schemi sociali consolidati da abitudini culturali. Lâartista adopera il medium scultoreo come un dispositivo performativo, capace di convertire la fruizione in âesecuzioneâ e lâatto interpretativo in partecipazione: in una delle due sculture, infatti, i visitatori sono messi in stretta connessione mediante un congegno che riproduce un respiratore e sono sottoposti a una condizione esistenziale di reciprocitĂ , in cui il muto scambio di respiro e dâesprit diventa il solo mezzo di sopravvivenza.
Situata al centro di una camera ad essa dedicata e al di sotto un video che scorre in loop, lâaltra scultura è avvolta da unâaura di ieratica sacralitĂ : due teste scabre e allungate, poste una di fronte allâaltra, serbano nel proprio incĂ vo figure e profili appartenenti a unâaltra dimensione, forse entitĂ alteriche o semplici proiezioni, colte in una sorta di mise en abyme del mito della caverna.
Qui il senso di mistero alimenta un profondo desiderio gnoseologico, solo in parte soddisfatto da unâintuizione sensibile che pone piĂš interrogativi di quanti sia disposta a risolvere.
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