Fino al 19 dicembre 2020, presso la galleria veneziana Marina Bastianello, sarà possibile visitare la mostra “Dura Madre suite”, una personale di Graziano Folata. La curatrice, Lucia Longhi, nel testo critico parla della pratica dell’artista come di un atto cosmogonico; la creazione di un nuovo universo, quindi, a partire dall’immagine straordinaria che la natura dà di sé. E in effetti la sensazione che si ha all’interno della mostra è quella di essere in un laboratorio in cui esseri ibridi tra materiali profondamente naturali, come il bronzo, il marmo e la pietra, ed elementi artificiali, hanno preso vita dopo essere stati manipolati dall’atto creativo umano.
L’artista nel suo intervento non si limita, tuttavia, a rielaborare le materie in questione ma, come una dura madre appunto, cerca di proteggerle per darne nuova vita attraverso membrane di cera, gomma siliconica, pellicola fotografica e cemento. “Dura Madre” si genera, quindi, dall’atto di vedere come atto formativo, a partire dal processo geologico-antropico di pietrificazione, e la mostra è l’esito di tre anni di ricerche ed esperienze in questo campo. Folata ci spiega: «Di fatto credo che dura madre abbia a che fare con la potenza metamorfica dei fenomeni e di come questa potenza realizzi di volta in volta i caratteri identitari delle forme. Come in un riflesso che non ci pone in linea diretta con il “visibile”,  così le opere si pongono quali fulcri in questa simmetria tra noi e il fenomeno poetico, testimoni della riflessività delle idee, depositarie della forma delle idee stesse, il vedibile è la categoria di loro appartenenza, come quella delle immagini che trovano natali nei riflessi dello specchio di Perseo. Per questo parlo di meduse e di pietrificazioni, perché penso che queste manifestazioni e il concetto di metamorfosi, riescano ad avvicinarmi alle problematicità dei valori plastici, alla domanda ontologica del fare scultoreo, al senso allegorico della materia come idea e alle ricerche di carattere estetico che ne derivano».
Il fascino per la pietrificazione, intesa sia come concetto legato al mito di Medusa, sia al fenomeno conseguente a fattori ambientali accidentali, come il caso della calcificazione della foresta di Maris in Sardegna -terra di origine dell’artista- l’ha portato a trasformare a sua volta cortecce fossili in membrane di bronzo e vetro, intervenendo attraverso una pietrificazione volontaria per renderle immortali. Con questo atto, volto a dare nuovo significato agli elementi naturali, Folata propone un inedito gesto dell’uomo nei confronti della terra: un gesto portatore di vita, che, attraverso lo sguardo pietrificante, pone una nuova visione del mondo basata sulla protezione dello stesso. Contro ogni tipo di distruzione.
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