Breathe in e Breathe Out sono i due capitoli del progetto a cui Gregorio Botta (Napoli, 1953) ha lavorato per diverso tempo convogliando il tutto in due mostre pensate per altrettanti spazi che parlano del senso dell’esistenza umana partendo dal soffio vitale e dal nostro rapporto con esso. Il primo “episodio”, ospitato presso lo Studio Trisorio di Napoli tratta il tema del respiro nel suo essere, un movimento di espansione verso l’interno, esplorando interiormente le sue proprietà poetiche.
La riflessione dell’artista ha visto il suo naturale prosieguo con la mostra bolognese alla Galleria Studio G7 ed è dedicato all’atto dell’espirazione, al lasciare fuoriuscire ciò che è trattenuto. Con “Breathe Out”, personale accompagnata da un testo di Marinella Paderni, la galleria di via Val D’Aposa ha inaugurato, lo scorso primo ottobre, la nuova stagione espositiva.
I lavori in mostra sono legati tra di loro dal concetto, delicatamente comunicato, del rilascio, dell’abbandono e della conseguente leggerezza, un moto che porta con sé anche il significato della perdita. “Enspira”, breathe out, si articola in un’esposizione dove l’atmosfera creata dalle opere è quella di una imperscrutabile lievità anche grazie all’utilizzo di materiali quali vetro, cera e carta di riso. L’espirazione è il momento del rilascio, dell’abbandono, dell’uscita dal sé; tutto parla di purezza, sospensione e fascino. Attraverso una riflessione ancora più profonda ed esplicita che indaga le tematiche principali della sua ricerca, Botta affronta l’idea del vuoto, il senso di precarietà, la percezione di equilibrio stabile e instabile offrendo al visitatore un percorso che si fa passaggio.
L’artista presenta due importanti installazioni inedite, realizzate appositamente per lo spazio, cui fanno eco opere di piccolo e medio formato. Una stanza del silenzio dentro la quale vivere poeticamente la percezione del respiro in maniera spirituale, quasi zen. Un’esperienza possibile grazie alle trasparenze dei vetri tondi e le minuscole terrecotte di Hölderlin Paradise alla sottile consistenza delle carte semitrasparenti e al calore della cera talvolta vergata dal segno leggerissimo dell’artista. Non solo, l’azione dell’espiro viene suggerita dalla leggerezza delle opere che aleggiano nello spazio comunicando la liberazione della materia dal peso dei corpi e del distacco da ogni affanno terreno in un allestimento ridotto al minimo che ricorda per certi versi le filosofie orientali. In questo movimento l’artista evoca il rilascio dello stato precedente di apnea (presente in Breathe in), l’allontanamento dalla sospensione temporanea del respiro a favore di un abbandono purificatorio e dell’apertura verso l’alto, il firmamento. La grande lastra in vetro In molti luoghi ignoti accoglie lo spettatore come una soglia aperta verso di lui, invitandolo a esplorare l’indefinitezza intima dell’essere. Un’immagine epica, rafforzata dalla presenza di un vaso in cera posto all’estremità superiore che rimanda al passaggio tra dentro e fuori, come un portale, che in qualche maniera può rappresentare anche una barriera invisibile da superare riflettendo chi la osserva.
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