Poco prima della sua morte, nel marzo del 2019, Okwui Enwezor, uno dei curatori più influenti degli ultimi decenni, stava lavorando a una mostra dedicata ai temi della negritudine e del suprematismo bianco, in programma per le elezioni presidenziali del 2020. E adesso, un gruppo di curatori ha preso carico di quel lavoro, più attuale che mai, per portarlo a termine. “Grief and Grievance: Art and Mourning in America” sarà curata da un team di eccezione, composto da Naomi Beckwith, curatrice senior al Museum of Contemporary Art di Chicago, dall’artista e curatore Glenn Ligon, dal curatore indipendente Mark Nash e dall’italiano Massimiliano Gioni, direttore artistico, dal 2007, del New Museum di New York, dove la mostra aprirà il 27 gennaio 2021, Covid permettendo, ovviamente.
Proprio il museo newyorchese, infatti, è stato recentemente bersagliato da alcune polemiche, in seguito ad alcuni licenziamenti sospetti, ufficialmente causati dal taglio del budget, da 14 milioni di dollari a 11, in seguito alla crisi pandemica, ma ufficiosamente, secondo quanto riportato dal New York Times, mirati a estromettere quei dipendenti che avevano espresso malumori in merito alle condizioni di lavoro.
“Grief and Grievance”, cioè “dolore e lamento”, presenterà i lavori di 37 artisti contemporanei, tra i più rappresentativi delle rispettive generazioni, come Arthur Jafa, il cui video Love Is the Message, the Message Is Death – che abbiamo visto anche dalle nostre parti – sarà il fulcro della mostra. E poi, tra gli altri, Kerry James Marshall, LaToya Ruby Frazier, Nari Ward, Deana Lawson, Kara Walker, Jack Whitten, Mark Bradford, Ellen Gallagher, Jennie C. Jones e Julie Mehretu.
«Enwezor aveva espresso il desiderio di aprire la mostra in prossimità delle elezioni presidenziali americane, come una potente risposta alla crisi della democrazia americana e come un chiaro atto d’accusa della politica razzista di Donald Trump. Sebbene la pandemia abbia ritardato l’apertura della mostra, le opere incluse parlano con forza del passato, del presente e del futuro dell’America», spiegano dal New Museum
«La mostra è un tributo al coraggio, all’impegno e alla feroce intelligenza di Okwui Enwezor, un gigante nel nostro settore e uno dei curatori più importanti della sua generazione», ha dichiarato Lisa Phillips, direttrice del museo. «La sua presenza rimane viva, così come la sua eredità, che ha cambiato la storia dell’arte e della realizzazione di mostre. Alla vigilia di un’elezione presidenziale in cui la posta in gioco non è mai stata così alta, la visione di Okwui e le voci del gli artisti selezionati per questa mostra non potrebbero essere più rilevanti», ha continuato Phillips.
Nato in Nigeria, nel 1963, Okwui Enwezor era conosciuto per le sue mostre ambiziose e complesse, delle pietre miliari nella produzione culturale, come “Postwar: Art Between the Pacific and the Atlantic, 1945-1965”, alla Haus der Kunst di Monaco, nel 2017. Nel 2015, inoltre, Enwezor curò la 56ma Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, intitolata “All the World’s Futures”, l’edizione immediatamente successiva a quella curata proprio da Massimilano Gioni. Numerosi e prestigiosi anche gli altri incarici, come direttore della seconda Biennale di Johannesburg, nel 1996, di documenta 11 a Kassel, della settima Biennale di Gwangju Biennale in Corea del Sud, nel 2008, della Triennal d’Art Contemporaine di Parigi al Palais de Tokyo, nel 2012.
Ad agosto, poi, in occasione della mostra “Le muse inquiete”, la Biennale di Venezia ha attribuito un Leone d’Oro Speciale a Enwezor, oltre che a Maurizio Calvesi, Germano Celant e Vittorio Gregotti, quattro ex direttori artistici del settore arti visive della Biennale scomparsi recentemente e, ognuno a suo modo, «testimone di momenti particolarmente significativi per la storia delle grandi mostre e della Biennale».
Okwui Enwezor iniziò a lavorare a “Grief and Grievance” nell’autunno del 2018, a partire da una serie di conferenze sul lutto nero e sul nazionalismo bianco per l’Università di Harvard. Dopo la sua morte, nel marzo 2019, sono stari ritrovati numerosi documenti che testimoniavano uno stato già piuttosto definito della mostra, tra elenchi di opere d’arte e di artisti e testi critici. Così, il New Museum ha deciso di convocare un team per realizzare l’idea di Enwezor, includendo Ligon, che lo stesso Enwezor aveva considerato tra i possibili curatori, e Nash, Beckwith e Gioni, che avevano già collaborato con Enwezor.
«Abbiamo cercato di non allontanarci dal progetto che Okwui ci ha lasciato. Laddove ciò non è stato possibile, abbiamo cercato di lavorare come un restauratore, per colmare le lacune», ha spiegato Gioni al Washington Post.
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