Milano si anima ancora una volta per la settimana della moda, che vibra, racconta e mostra una città piena e ricolma di intrecci tra arte e poesia. Nel cuore di Brera, fra le strade acciottolate, Gucci, in occasione della sfilata Gucci Ancora, ha inaugurato una mostra temporanea con quattro giovani artisti che hanno frequentato l’Accademia di Brera e che hanno vissuto quegli spazi, quelle strade e quei volumi: Cristiano Rizzo, Martino Santori, Noura Tafeche e Valerio Eliogabalo Torrisi stuzzicano, con immagini, colori e parole, nuove prospettive.
«È una storia che nasce dalla gioia di vivere. Dalla passione e dall’umanità, dalle persone e dalla vita reale, da un fascino irriverente, dalla provocazione e dalla sicurezza di sé, dalla semplicità, dalle sensazioni repentine e dalle emozioni. Da una forma d’arte precisa, fatta di parole – parole nelle opere, parole nelle foto, parole negli spazi, solo parole. È una storia di ricchezza e di desiderio. È una storia a carte scoperte orgogliosa, manifesta. È una storia di musica e di nottate, di sudore, di balli e di canti. È una storia di famiglia, di baci, tanti e tanti baci. È la storia di tutto, ancora, un tutto che stavolta si manifesta attraverso la gioia», ha dichiarato Sabato De Sarno, il nuovo direttore creativo della casa di moda, che con la curatela di Stefano Collicelli Cagol racconta di connessioni, flussi e frammenti della storia culturale e artistica di Milano.
La mostra ha un concept lineare, vuole esplorare e riscoprire la bellezza, le emozioni e gli scorci nascosti, il tutto unito da parole, da opere fatte di parole, da parole che diventano opere, viaggiando attraverso plurime intimità, tra immaginario e realtà.
Valerio Eliogabalo Torrisi apre lo spazio con le proprie opere tra verità e finzione. Racconta esperienze personali che si espandono per diventare collettive. Sono racconti di protesta, racconti contro costrutti sociali, culturali e storici che si mischiano in un unicum espressivo in difesa dei diritti delle persone queer. Con Ogni volta il gran sogno, lo spazio diventa una grande festa, ricca di coriandoli e colori. Un’opera calpestabile e viva, che muta nel tempo e diviene medium narrativo. Cumuli di coriandoli si formano e si sfaldano, individualità che si separano e si uniscono. Tuttavia, questa grande festa non tarda a diventare un grande incubo, un sogno della solitudine, una riflessione sul contesto sociale che viviamo. Il tutto è coronato da un grande scritta rossa: “Fingevamo l’intimità ed era l’unico modo per amarci”.
In mostra, segue Martino Santori con una video installazione che ha la volontà di proiettare l’osservatore verso nuove prospettive, scorci nascosti di Milano e cartografie spesso ignorate. Una riflessione sul fruire degli spazi, su come essi vengano silenziati dalla troppa velocità e dal poco ascolto di ciò che ci circonda. Poetica che si riflette in un frottage di grandi dimensioni che fa sfondo all’intero ambiente. È il rilievo del manto stradale, tanto presente nelle nostre città, che ci pone una domanda: ci siamo mai soffermati a studiarlo? Santori porta in luce nuove mappe, corpi geografici presi su quell’asfalto e, come un cartografo o esploratore di terre perdute, dà voce a catene montuose, vallate, fiumi, coste, crateri e montagne isolate. Mappe intime che raccontano infiniti percorsi.
Cristiano Rizzo basa la sua pratica sulle forme naturali, trasformandole ed evolvendole. Due lunghe tele si contrappongono nello spazio, palesano corposità altre generate da elementi naturali che diventano corpi vivi, intimi e personali. Radici, foglie e fiori sostituiscono le parole, creano altri linguaggi e forme. Le opere raccontano due quartieri di Milano, due zone care alla scrittrice Patrizia Valduga, aree reinterpretate e nuovamente plasmate dall’artista.
L’ultima sala è interamente dedicata alle bandiere di Noura Tafeche. Con il progetto Mai viste prima l’artista mette in mostra altre nazionalità, bandiere utopiche che raccontano collettività e unione. Come in una riunione multinazionale, sventolano nove differenti stendardi che oltrepassano confini geografici e politici. Ecco che allora sventola la bandiera delle persone che provano nostalgia, la bandiera delle persone che ridono senza motivo o addirittura la bandiera delle persone che piangono sempre quando tagliano le cipolle.
Ancora è un invito verso nuove prospettive, o come scrive Stefano Collicelli Cagol è una lettera d’amore a Milano e alla sua arte.
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