Falene, install 4
Dopo le recenti inaugurazioni delle sedi di Ordet e di UNA Galleria, apre Limbo Contemporary, nuova galleria di iper-contemporaneo in zona porta Venezia a Milano, testimoniando la vivacità crescente della zona. La mostra inaugurale Falene, a cura di Zoë de Luca, ospita le pratiche di tre artisti, dialoghi in tensione tra ecologia e studi postnaturali. È Anni Wu, la fondatrice, a raccontarci le sfide e i cambiamenti di questo nuovo percorso.
Anni, raccontaci qualcosa in più sulla mostra e gli artisti che, insieme alla curatrice, avete scelto per questo primo appuntamento inaugurale
«Le falene sono creatura creature liminali, in metamorfosi tra il giorno e la notte. La pratica de* tre artist* in mostra, Ludovica Anversa, Federico Arani e Leilei Wu, a cura di Zoë del Luca, sono infatti accomunate da una esigenza di incontro tra terreno e ultraterreno, come portali tra mondi sensoriali. I loro lavori, tra pittura, scultura e installazione, sono detriti di una narrazione apocalittica e post ecologica, riverberi di un’esigenza non figurativa legata all’inaccessibile, al transcorporeo, alla mitologia e al mondo post-sociale. Ludovica Anversa, artista di Milano, espone quattro dipinti olio su lino, come aperture verso la dimensione interiore senza direzione e dagli echi spettrali e nebulosi. LeiLei Wu lavora con la stampa 3D a un imaginario fantascientifico e distopico, creando sculture sospese e leggere dalle forme sintetiche e organiche, che ragionano sul rapporto feticistico tra uomo e tecnologia. L’artista Federico Arani, che vive e lavora tra Londra e Roma, porta in galleria sculture realizzate con archeologie industriali, ottone, gres, gomma, telai in acciaio, ragionando sull’intersezione tra proto-scienza, biologia evolutiva e natura alchemica dei materiali. Falene, installata sui due piani della galleria, si conclude con Study for dowsing (Ear) di Arani, del 2024, un’installazione di luce rossa emessa da una lampada a infrarossi, che riscalda un piccolo corpo alieno in ceramica.»
Prima di raccontarci la tua esperienza e il tuo lavoro, perché la scelta di aprire una galleria a Milano?
«Sono nata in Cina, cresciuta a Padova e vissuta a Milano. È la mia città, qui ho creato un buon network, che sappiamo essere fondamentale, conosco il panorama, il tessuto sociale e scopro le nuove proposte. Perché non in Cina, mi dirai? Vivo in Italia da ventiquattro anni e, per quanto parli cinese, non potrei aggiungere materiale utile alla comunità. In Cina è stato fatto un lavoro denso e super capillare nella promozione e valorizzazione dei beni artistici. I miei amici, riferimenti e modelli di ispirazione, oltre ai miei contatti lavorativi, appartengono a Milano.»
Cosa ti ha formato nel campo artistico e quali esperienze, in questi anni, hai accumulato nel settore?
«Durante la triennale in Economia e specialistica in Management per l’arte alla Bocconi, ho fatto brevi esperienze in campi diversi, da un’agenzia di comunicazione eventi tra Italia e Cina, poi nella redazione di Vice, quando ancora esisteva, e poi ancora in una galleria dedicata all’arte informale. In seguito alla laurea, ho lavorato per sette anni da Sotheby’s dove mi occupavo di valutare opere del post-war e moderno ed ero responsabile delle aste online. Con Sotheby’s ho consolidato una formazione analitica ed economica delle dinamiche di mercato. L’esperienza è poi giunta a una naturale conclusione: avevo bisogno di tempo per capire chi fossi e cosa volessi davvero. D’altronde, sono un segno d’aria, creativa e sognatrice!»
Cosa ha significato per te aprire Limbo? Come hai concepito, progettato e realizzato questo desiderio?
«Aprire una galleria è una grande sfida, una grande e bellissima prova. È importante avere molta consapevolezza e conoscenza del settore, delle proposte internazionali, avere dei riferimenti. Era il momento giusto. Ho affittato questo spazio da sola, autofinanziandomi completamente. Posso affidarmi alle mie competenze e all’aiuto di persone che mi affiancheranno nella curatela. Ora sto lavorando alla creazione dell’identità a livello di galleria e roster di artisti. Tante narrative possono coesistere, ibridarsi, dialogare, sul confine tra uno stato e in un luogo: come in un limbo.»
Ci racconti come è nato il tuo primo amore per l’arte?
«Ricordo un episodio particolare. Da piccola, passeggiando con mia madre per Padova, dove abitavo, incontrammo per caso una piccola mostra di artisti cinesi contemporanei, progetto collaterale della Biennale di quell’anno, dove avrebbero poi esposto. Fermarono mia madre per chiederle se fosse disponibile a mediare come traduttrice. Il giorno dopo ci portarono alla Biennale! Ho scoperto molto della Cina tramite l’arte, vera urgenza comunicativa che riflette soprattutto sul sociale, sulla collettività e sull’individualismo. Dove il collettivismo viene vissuto, forse subìto, in molte sfumature, come può emergere l’individuo? La mia tesi specialistica approfondiva i musei privati d’arte contemporanea in Cina, dopo un lungo viaggio di ricerca. Nel paese ci sono molti edifici di galleristi o collezionisti privati, strutture bellissime pensate da archi star la cui selezione di opere all’interno risulta poco solida, non abbastanza densa di contenuto. Ho analizzato il passaggio da struttura a contenuto, da hardware a software. Ogni tanto torno in Cina, nella provincia di Hunan, sopra il Canton, a trovare la famiglia: mixed feelings!»
Ci puoi anticipare quali mostre e progetti vedremo a Limbo nei prossimi mesi? A cosa vi dedicherete?
«Abbiamo già confermata la programmazione fino a gennaio 2026. Per le prime tre mostre mi affiancherà Zoë De Luca, curatrice indipendente e aiuto prezioso nello scouting e nella selezione degli artisti. Siamo in sintonia su tematiche come l’ecologia, la dark ecology e le teorie postnaturali. Ad aprile ospiteremo un duo show incentrato sulla scultura, con due artiste internazionali che lavorano con materiale di scarto, alluminio, componenti meccaniche di auto e moto. A giugno, invece, mi dedicherò alla pittura, linguaggio con cui ho un rapporto forse più complesso.»
Per quanto riguarda la promozione della galleria all’estero?
«La strategia è partecipare a poche fiere ma di qualità, dopo questo primo anno di assestamento. Penso ad Artissima in Italia, ARCOmadrid, Liste, Basel. Sicuramente, ci saranno collaborazioni con gallerie estere, progetti che seguo e ammiro, per promuovere uno scambio culturale qui in galleria e organizzare show condivisi, andando oltre le geografie.»
Hai fatto molte esperienze e girato il mondo: quali credi siano gli insegnamenti di vita più preziosi? Quali i tuoi principi, nel lavoro, e a cosa non intendi rinunciare?
«Per me è importante non rincorrere questa frenesia vorace del mercato, per uscire dai centri di grande distribuzione dell’arte e spostarmi in zone più periferiche. Mantenersi in equilibrio. Vorrei muovermi in modo trasversale, trovando alternative oltre agli appuntamenti più mainstream, che certo rimangono imprescindibili. La comunità dell’arte è piccola e in continuo spostamento, con una non indifferente carbon footprint: preferisco ora, dopo anni di esperienza, rimanere con un piede dentro e uno fuori. Esploro con frequenza spazi indipendenti, micro fiere iper-curate o, ancor meglio, project space e studi d’artista, visite indispensabili se si acquistano o commissionano opere – e, senza dubbio, i momenti più piacevoli del nostro lavoro! Nel lavoro, nella vita, in galleria, devi sempre chiederti, dove vuoi andare, davvero? Cosa ti interessa mostrare, davvero?»
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Interessante questa nuova iniziativa di nnuove proposte. Complimenti vivissimi a la prossima mostra. Ciao.......