“L’arte non è né speranza né utopia. È una realtà che esiste. Che ci aiuta a vivere”. È in questa lapidaria affermazione, dichiarata in una delle rare interviste concesse dall’artista alla Televisión gallega in occasione della mostra Etcétera (1995), che Giovanni Anselmo esprime appieno la sua concezione dell’arte e dell’essere artista. Mentre la fotografia La mia ombra verso l’infinito dalla cima dello Stromboli durante l’alba del 16 agosto 1965 (1965), enuncia completamente il suo concetto di opera: un momento che diviene opera nell’istante in cui accade, per quella concomitanza arte/vita. Una fotografia che, allo stesso tempo, ha segnato un momento fondamentale della sua carriera artistica, perché è equivalso alla presa di coscienza di essere parte di una ciclicità infinita dell’universo, consapevolezza dalla quale hanno preso forma tutti i suoi lavori futuri che, sempre, hanno tenuto conto dei fenomeni naturali, come i campi magnetici, la forza gravitazionale, l’orientamento, l’energia.
Scomparso nel dicembre del 2023, Giovanni Anselmo. Oltre l’orizzonte, curata da Gloria Moure, è l’ultima mostra progettata personalmente dall’artista prima della sua morte. Così, dopo la tappa al Guggenheim di Bilbao, l’esposizione, visitabile fino al 6 ottobre 2024, arriva al MAXXI di Roma, ripensata appositamente per la Galleria 5 del museo. Uno spazio sicuramente suggestivo, soprattutto per la presenza della grande vetrata, ma che raramente riesce a rendere giustizia alle mostre allestite al suo interno, se non con progetti site specific, per il suo essere ampia e dispersiva.
Le trenta opere esposte, per lo più provenienti dalla collezione di Anselmo stesso, spaziano dagli anni Sessanta alle più recenti realizzate per la mostra di Bilbao, nonché la varietà dei materiali utilizzati, e propongono, dunque, un focus pressoché completo sulla ricerca dell’artista, nato a Borgofranco d’Ivrea nel 1934. E, in qualche modo, ampliano e completano la retrospettiva Giovanni Anselmo. Entrare nell’opera (novembre 2019 – 31 gennaio 2020), allestita all’Accademia di San Luca in occasione del conferimento del Premio Presidente della Repubblica 2016 per la Scultura all’artista.
Con un pieghevole redatto con stralci tratti dall’intervista di Andrea Viliani in Torino, 15 giugno 2006. In conversazione, in Giovanni Anselmo (MAMbo), la mostra è stata impostata come un viaggio attraverso le principali opere da lui realizzate, a partire da Particolare (1972-2024), collocata immediatamente all’uscita dell’ascensore, all’inizio della passerella che conduce alla Galleria 5. Una passerella che, contrariamente alla prassi, è già area espositiva. Sono, infatti, qui presenti due monitor, che trasmettono Identifications: Giovanni Anselmo (1970 – in poco meno di un minuto presenta la genesi di una delle opere forse più iconiche dell’artista poverista: Torsione, 1968) e la già menzionata Etcétera (1995), e l’immagine della fotografia dell’alba di Stromboli dell’agosto 1965. Senza alcun dubbio, la potenza dei lavori di Anselmo è tutta racchiusa nel suo operare al confine tra il visibile e l’invisibile, andando a sollecitare le più ardite associazioni e la libertà immaginifica nel visitatore.
Quell’ago di bussola (reale in Direzione, 1967, o iperrealisticamente disegnata in Direzione (Est) e Direzione (Nord), 1967-1978) o quei massi appesi alla parete (Mentre verso oltremare il colore solleva la pietra, 1995), o sostenuti da novanta tele (Senza titolo, 1992), o quella che spunta da una grande tela (Il panorama con mano che lo indica, 1982-1984), o la precisa incisione VISIBILE di Invisibile (1970-1998-2007) su un parallelepipedo di pietra scura perfettamente levigata, cos’altro aprono, se non infinite possibili visioni/percezioni, accompagnati anche dalla poetica di alcuni titoli?
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