“HOW MANY LANDSCAPES?” con opere di Gabriele Basilico, Paola De Pietri, Francesco Jodice, Silvia Mariotti, Filippo Minelli, Alessandro Sambini, Alberto Sinigaglia, Davide Tranchina e Jacopo Valentini, a cura di Carlo Sala, è un progetto di Fondazione Cariverona, in collaborazione con Urbs Picta e la direzione artistica di Jessica Bianchera.
La mostra nasce in primo luogo come punto di avvio del progetto VISUAL ART COLLECTIONS MANAGEMENT AND CURATING di Fondazione Cariverona in collaborazione con Università di Verona, Accademia di Belle Arti di Verona, IUSVE, Urbs Picta e a cura di Jessica Bianchera, il cui scopo è quello di formare giovani e analizzare dinamiche sociali, culturali e territoriali attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea. Il primo ciclo del workshop intende coinvolgere gli studenti su un’ampia riflessione legata al ruolo della fotografia nella documentazione e rilettura di un paesaggio. Il desiderio è che la mostra venga vissuta quotidianamente da chi è all’interno della Fondazione, da chi viene ricevuto e dai visitatori, ponendo Fodazione Cariverona anche come punto fisico di riferimento culturale della città di Verona e del territorio.
La mostra HOW MANY LANDSCAPES? si schiude a partire da un corpus di opere di Gabriele Basilico (1944-2013), parte delle collezioni di Fondazione Cariverona, della serie Architettura e Memoria (2005-06) incentrata sul complesso architettonico degli Ex Magazzini Generali di Verona.
Da qui il dialogo con otto artisti e artiste le cui opere offrono differenti punti di vista sul paesaggio contemporaneo: Paola De Pietri (Reggio Emilia, 1960) presenta la serie in bianco e nero Improvvisamente, che comprende sia fotografie di edifici devastati dal terremoto avvenuto nelle Marche, sia la documentazione dei container, le nuove forme di abitative create come soluzione al disastro sismico, i cui bianchi creano un forte contrasti con i toni scuri di Basilico; Jacopo Valentini (Modena, 1990) fa una ricerca molto minimale sia sulle nature morte sia sul paesaggio, tra cui una serie sui coralli; di Davide Tranchina (Bologna, 1972) viene presentata una serie di paesaggi irreali che sono stati scelti da degli intellettuali come luoghi di eremitaggio, prodotti dall’artista lo scorso anno in studio attraverso sagome retroilluminate; Alessandro Sambini (Rovigo, 1982) ci propone immagini create da un’intelligenza artificiale, istruita dall’artista stesso in modo da riconoscere e riproporre dei topos dati (crocifisso, Gesù Cristo, arcobaleno, scheletro e Marte); Filippo Minelli (Brescia, 1983) lavora sull’ambiguità dell’immagine e la sua riproduzione, presentando in mostra immagini in cui lo scatto è qualcosa che finge di essere altro.
Salendo alla Sala del Consiglio si trovano ancora una volta le opere di Gabriele Basilico legate agli Ex Magazzini Generali, sul recupero dell’area per una rinascita del quartiere, punto di partenza di tutta la mostra e cuore del workshop del progetto VISUAL ART COLLECTIONS MANAGEMENT AND CURATING. Di particolare rilievo si nota la rotonda di Basilico, un’isola architettonica messa in relazione a un’isola lacustre dell’opera di Francesco Jodice (Napoli, 1967), anch’essa parte della collezione della Fondazione.
Lo Spazio Udo appena fuori dalla Fondazione, invece, è abitato dalle opere di Alberto Sinigaglia (Arzignano, 1984) che, a partire da un’idea archeologica, realizza campionature del terreno per la realizzazione di blocchi scultorei che si compongono sia di elementi naturali, sia di elementi vegetali, e dalle opere di Silvia Mariotti (Fano, 1980), caratterizzate dalla ricreazione del sublime attraverso la natura, lavorando sull’ombra e sulla sovrapposizione di diverse fotografie.
La mostra si completa di un programma pubblico che accompagna i due mesi di apertura fino al finissage.
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