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Hybrida Tales by Untitled Association #14: Kunstschau e Laboratorio KH
Arte contemporanea
di redazione
Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato circa 150 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.
Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.
Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.
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Kunstschau
Kunstschau nasce nel 2018 attorno a un collettivo di artisti, storici dell’arte, designer, social media manager al fine di operare all’integrazione tra ricerca artistica indipendente e progettazione/management di eventi culturali.
Il primo progetto concepito dal collettivo, Kunstschau_Contemporary Place, un box auto all’interno di uno spazio condominiale nel cuore del quartiere San Pio di Lecce, ha come obiettivo la decontestualizzazione dell’arte al fine di garantire la possibilità di una fruizione realmente pubblica e non formale, talvolta inattesa e occasionale.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Kunstschau_Contemporary place è uno spazio di sperimentazione nella sua forma più sintetica, un cubo bianco a completa disposizione di un artista, un luogo preliminare privo di condizionamenti dove l’opera si definisce in maniera naturale.
La forte connotazione site specific del progetto ci permette di seguire da vicino la realizzazione dei vari interventi proposti per il project-space, constatando ogni volta la capacità delle pareti di mutare epidermide seguendo le coordinate concettuali dei diversi artisti ospitati.
Crediamo che l’arte contemporanea agisca su disparati livelli, alle volte impercettibili, caratterizzati da labili confini dove artista, opera e pubblico sono parte della stessa formula. Il fruitore rappresenta un elemento di snodo per l’opera contemporanea, per questo abbiamo cercato di avvicinare il più possibile l’opera a chi la osserva, in modo da ridurre le distanze e attivare una sorta di fusione tra pubblico e artista, nel rispetto di tutti i linguaggi funzionali alla sincera sintetizzazione di un concetto efficace».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Il luogo in cui operiamo è parte integrante del progetto, Kunstschau_ Contemporary place nasce dall’esigenza di confrontarsi con il contesto urbano in maniera diretta, quasi confidenziale, esigenza che si è concretizzata in un box auto al centro di un cortile nel quartiere San Pio, circondato dai balconi dei residenti del civico 72 in via Toma a Lecce.
Sin dalla prima mostra lo spazio ha palesato la sua singolarità, ossia la capacità di garantire al pubblico un momento di fruizione libero, privo di infrastrutture e direttamente collegato con una quotidianità che da estranea diviene parte integrante dell’installazione di volta in volta proposta.
Per noi il nodo con i luoghi è fondamentale, cerchiamo, infatti, di mantenere questo legame anche nei progetti istituzionali o nelle operazioni realizzate Outside the Box. Da quando è nato Kunstschau, abbiamo lavorato sul territorio in maniera costante, allo scopo di divulgare l’arte contemporanea nella sua multiformità».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«L’obiettivo di una sperimentazione è testare la funzionalità di un prodotto, studiare in che modo reagisce agli agenti esterni, constatare le reazioni che innesca. Analizzare tutte queste condizioni per noi è sperimentare. Questo è ciò che accade a Kunstschau, si verifica l’efficacia di un’opera, se il suo concetto trapela dalla risoluzione strutturale, se il pubblico la recepisce e se visivamente funziona, ma l’aspetto più interessante è che tutte queste domande non potranno avere risposta fino all’apertura della saracinesca».
Laboratorio KH
Laboratorio KH si propone come laboratorio creativo che indaga la nuova scena artistica. Il contenitore sarà incentrato sul pensiero artistico e la programmazione andrà di pari passo con la ricerca di nuovi contenuti, nuovi volti e nuovi argomenti. Vogliamo porci come vero e proprio luogo di indagine e di dialogo. Ideato da Guido D’Angelo e Fabrizio Pizzuto è interamente gestito a più mani.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Il visual del nostro spazio è tratto da un fotogramma del film diretto da Werner Herzog, L’enigma di Kaspar Hauser (1974). Il protagonista è portatore di messaggi indecifrabili. L’artista contemporaneo si comporta allo stesso modo, raccoglie i residui di realtà elaborandoli e traducendoli in un messaggio che attende di essere decodificato dallo spettatore.
La nostra contemporaneità è data dal vivere nel 2021, oggi c’è compenetrazione tra le arti e non vi è differenza qualitativa di fruizione tra i vari linguaggi artistici. La nostra ricerca guarda ogni declinazione dell’arte ricavandone ispirazione sempre nuova».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Roma è il nostro punto di incontro. Quasi tutti i collaboratori KH vengono da altre regioni, tuttavia questa città è diventata la nostra base logistica. Siamo partiti con una ricerca che guardasse dall’interno la scena contemporanea romana, ma non in modo esclusivo. In programma abbiamo artisti della scena Milanese e Veneziana, e contiamo di indagare anche altri territori».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Dove l’arte è una forma di organizzazione, la sperimentazione è la ricerca del senso. E “sperimentare” non è distante da “fare esperienza” di qualche cosa. Lo sguardo neotenico di Kaspar Hauser si riflette nel laboratorio di KHLAB, rendendolo spazio di incontro fisico e virtuale, un contesto di ricerca, visualizzazione e analisi pluridirezionale. Quei simboli, residui del reale, vengono codificati e decriptati nel continuo rapporto di scambio fra creatore e fruitore, di cui il Laboratorio si rende medium, veicolo e contenitore critico».
Redatto da KH Angel’s: Beatrice Levorato, Giulia Romolo ed Emma Sartori.