17 giugno 2021

Hybrida Tales by Untitled Association #15: Studio Corte 17 e Spaziomensa

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Untitled Association presenta Hybrida Tales, una mappatura di spazi indipendenti, artist-run spaces e associazioni culturali in tutta Italia: tappa da Studio Corte 17 e Spaziomensa

Spaziomensa
Cose Viste, Marco Eusepi - Sergio Sarra, exhibition view at Spaziomensa, 2021. Ph. Giorgio Benni

Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato circa 150 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.

Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.

Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.

 

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Studio Corte 17

Studio Corte 17 nasce all’interno dello spazio industriale EX Lanificio Bini, a Prato. Dal 2005 al 2008 si propone come studio personale di Chiara Bettazzi, trasformandosi nel tempo in un vero e proprio progetto che ha visto la corte passare da luogo industriale abbandonato a spazio condiviso da giovani creativi.

Oggi SC17 è uno spazio no profit formato da un gruppo eterogeneo di artisti e curatori attenti alle contraddizioni del paesaggio e alla ricerca costante di formati ibridi di condivisione, che si concretizzano in progetti connessi all’arte contemporanea e all’archeologia industriale.

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«Negli ultimi anni stiamo assistendo a una continua sfida che riguarda tutti gli attori locali di un territorio che si devono confrontare con le trasformazioni in atto delle città. La mia attività, nasce nel 2005 e rappresenta un progetto che si sviluppa in maniera spontanea dal basso, all’interno di una Corte ex industriale di Prato a quel tempo abbandonata e recuperata negli anni attraverso azioni, progetti che hanno portato alla rivalutazione di questo luogo attraverso l’arte contemporanea e i linguaggi sperimentali. SC17, è uno spazio ex industriale che si trova all’interno della Corte e oltre ad essere il mio studio d’artista, è sempre stato pensato come una sorta di display attraverso il quale si attuano forme di condivisione con varie figure professionali, una sorta di dispositivo attraverso il quale far emergere contraddizioni del paesaggio, coinvolgendo artisti, curatori, videomaker e pubblicitari. Credo che questo mix di cose rappresenti l’unione tra l’attività che svolto in maniera collettiva e che mi vede organizzatrice d’ interventi.  SC17 è visto come luogo di incontro, uno spazio, attraverso il quale innescare collaborazioni, che si aprono ad uno sguardo contemporaneo e a nuove visioni sulla città».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate? 

«I progetti che porto avanti attraverso SC17 sono legati in maniera molto intensa alla Città di Prato. La ricerca che da anni si estende al paesaggio industriale vuole infatti sensibilizzare i cittadini a un’idea naturale delle cose, al tempo, alla spontaneità delle relazioni, al rispetto dei luoghi e degli edifici industriali che li costituiscono e li caratterizzano. SC17 è un progetto di ricerca che indaga il paesaggio industriale della città. Sicuramente però attraverso i progetti che realizziamo, quello che si crea è un legame forte con la memoria delle persone e i ricordi che hanno con i luoghi storici della città».

Cosa significa per voi sperimentazione? 

«Sperimentazione significa per noi creare progetti trasversali, in cui i linguaggi multimediali diventano nuovi formati di lettura e motore per creare nuove immagini.  Significa fare ricerca, e indagare le ossessioni, le questioni marginali, significa cercare di rispondere a domande attraverso visioni e innovazioni diverse».

Spaziomensa

Spaziomensa è un artist-run space fondato a ottobre 2020 da Sebastiano Bottaro, Dario Carratta, Marco Eusepi, Alice Faloretti, Alessandro Giannì, Andrea Polichetti e Silvio Saccà. Lo spazio nasce all’interno del progetto di rigenerazione urbana di CityLab 971, legato all’ex cartiera di Via Salaria, configurandosi come luogo aperto alle pratiche artistiche che popolano lo scenario romano.

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«Siamo un gruppo eterogeneo ma con delle visioni comuni.

Non siamo un collettivo, ma singoli che introducono il proprio network e la propria ricerca. L’idea è quella di essere fluidi e di mutare forma ogni volta che lo riteniamo opportuno, coinvolgendo altri artisti e attivando con tempistiche diverse le molteplici aree dello spazio.

Il sistema è evidentemente in crisi e la mancanza di un sostegno solido a cui “aggrapparsi” è stata uno dei motivi principali per il quale ci siamo uniti.

Quella grossa nube che chiamiamo contemporaneo si sta dissolvendo e si sta creando una netta distinzione con il passato. Si avvertono grandi cambiamenti e crediamo che sia necessario attuare dei metodi di resistenza per non “soccombere” a questi.

La nostra unione nasce quindi da una vera esigenza di fare gruppo, per cercare di far fronte insieme alle mutazioni che sono in corso e che riguardano anche l’arte e tutto ciò che è connesso ad essa, a partire dai suoi ruoli e dalle sue dinamiche principali».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate? 

«Roma è una città sacra, da cui è difficile allontanarsi per chi ha la vocazione dell’artista. È un luogo mitico e pieno di contraddizioni che cavalca dei ritmi molto lenti e molto veloci allo stesso tempo. Tutti noi siamo inevitabilmente assorbiti da questa centrifuga.

In questa fase iniziale di Spaziomensa ci stiamo concentrando sul tessuto romano, proponendo progetti trasversali, utilizzando di volta in volta diverse aree dello spazio e cercando di includere diverse realtà e diversi artisti».

Cosa significa per voi sperimentazione? 

«Significa non ricercare l’approvazione ma seguire la propria consapevolezza.

Seguire un flusso e assecondare gli eventi. Non organizzare tutto nei minimi dettagli e non domandarsi più di tanto se qualcosa funziona o non funziona. Fare semplicemente qualcosa che tu per primo vorresti vedere da spettatore per sentirti appagato almeno per qualche istante».

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