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Hybrida Tales by Untitled Association #17: IDEM Studio e takecare
Arte contemporanea
di redazione
Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato circa 150 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.
Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.
Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.
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IDEM Studio
IDEM Studio nasce nel 2015 dalla condivisione delle ricerche dei tre artisti Ruggero Baragliu, Samuele Pigliapochi e Angelo Spatola, al fine di unire i propri percorsi sperimentali per raggiungere una comune visione critica riguardo l’immagine contemporanea, incoraggiando i rapporti inevitabili che si vengono a creare in una dimensione collaborativa di contaminazione.
Il progetto, ospitato nel relativo spazio, mantiene la coesione generata dai tre artisti che di volta in volta, conservando la formazione di base, si confrontano con personalità e contenuti esterni, ricercando continui dialoghi in grado di far evolvere il percorso del collettivo e restituire i suoi risultati al territorio.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Le nostre ricerche individuali dal carattere ossessivo, ci portano a lavorare insieme sia sull’opera che sullo spazio, in una dimensione di condivisione totale, in controtendenza rispetto certe derive attuali, dove spesso si ha un approccio narcisistico finalizzato ad un estremo individualismo».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«La nostra città è tra le principali in Italia a vivere un particolare fermento riguardo l’arte emergente, molteplici sono gli spazi e i progetti nati negli ultimi anni, che hanno contribuito allo sviluppo di questa sua identità.
In questo contesto abbiamo sviluppato le nostre ricerche approcciando lo spazio in maniera totalizzante, materia plasmabile e colore, una continua sfida anche per i curatori che collaborano ai nostri progetti».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«La sperimentazione è alla base di ogni nostro progetto, volto alla ricerca di un terreno condiviso, di un quarto artista, risultante dall’unione delle nostre tre identità, emblema di un lavoro fondato sulla relazione e sulla continua collaborazione, inseguendo l’ideale di opera totale. Collettiva».
takecare
Dal 2017 takecare sviluppa una ricerca indipendente attraverso un progetto editoriale periodico che ha come focus la pratica di scrittura nell’arte, intesa come “tecnologia del sé” e come possibile processo di de-soggetivizzazione e di r-esistenza. takecare “riflette” sul concetto di “cura di sé” nel tentativo di formulare uno studio sulle diverse pratiche – e politiche – che costituiscono un esercizio delle soggettività (anche non-umane e più-che-umane) nel contemporaneo. Ciò che emerge è la possibilità a cui apre la scrittura: svincolarsi dal soggetto storicamente e culturalmente determinato e costruito, per divenire esperienza di movimento, molteplicità e sperimentazione di sé indisciplinato.
Tra i numerosi progetti di cui si occupa, dal 2020 takecare collabora con APULIART CONTEMPORARY al progetto Salgemma, dedito alla ricerca curatoriale e editoriale finalizzato alla costruzione di una “bibliografia ginnica” come esercizio di pensiero sulla geografia artistica e culturale contemporanea in Puglia.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«takecare sviluppa un focus sulla scrittura e sull’editoria, tentando di condurre la sua ricerca nello spazio performante e intimo del libro. La pratica editoriale nel contemporaneo è pratica di sperimentazione e di ricerca artistica che apre un dialogo anche ad un pubblico più allargato, ma diventa anche pratica curatoriale e dispositivo tecnologico della parola».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«takecare ha da subito applicato un’etica della partnership stabilendo un’alleanza progettuale con altri spazi/progetti attivi sul territorio pugliese.
Questa mobilità sulla geografia (che è molto differenziata e localizzata a sud) e flessibilità non-autoriale, ha mosso la ricerca di takecare verso uno sguardo indisciplinato, sperimentando l’indagine sulla scrittura in relazione ai contesti, luoghi e pratiche diverse dell’arte».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Fare esercizio indisciplinato di esistenza e relazione: incoraggiare un riposizionamento radicale».