Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato oltre 200 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.
Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.
Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.
Innesto Spazi di Ricerca nasce a Ravenna con l’intento di indagare le contaminazioni artistiche e la ricerca culturale contemporanea dando voce agli artisti emergenti. Come spazio aperto, definito solo dal limite geografico e attivo anche virtualmente, Innesto rende concrete le idee nate ancor prima nella città di Ferrara grazie all’omonima associazione culturale creata da cinque giovani.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Innesto Spazi di Ricerca, come ne è testimone il nome, accorpa una molteplicità di campi di studio e di visioni grazie alle eterogenee propensioni di ricerca delle sue componenti. La contemporaneità è indagata in modo fluido attraverso l’alleanza di fonti letterarie, visive e storiche cercando di tradurre ogni studio in un punto di vista comune».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«La maggior parte di noi proviene da altre città dell’Emilia-Romagna e il legame con Ravenna è stato in principio una casualità perché abbiamo avuto l’occasione di avere in concessione lo spazio di Via S. Alberto. Una volta insediate in città abbiamo stretto varie collaborazioni e si è unita a noi una ragazza del luogo. Questa differenza di prospettive ha avuto un effetto positivo sul nostro lavoro anche se Innesto è sempre stato concepito come un luogo aperto, online e offline, senza un’identità specificatamente locale».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Sperimentazione per noi significa contaminazione, non solo di medium ma anche di pensieri e culture. Creare un dialogo tra arti visive, grafica, musica, performance ma anche tra contemporaneità e storia è ciò che mettiamo in atto nei progetti che costruiamo. Insieme agli artisti ci proponiamo di creare una narrazione che suggerisca una prospettiva di visione e un’interpretazione delle tematiche attuali stimolando un processo di riflessione a tutto tondo».
spazioBUHO nasce dalla necessità di coniugare un luogo di ricerca artistica a uno spazio espositivo. È prima di tutto uno studio, in cui più persone portano avanti singolarmente il proprio lavoro artistico, e, insieme, offrono un nuovo punto d’incontro. Un vero e proprio buco, in cui giovani artisti ospitano giovani artisti, dando vita a un continuo scambio che risulta essenziale per la promozione culturale. spazioBUHO è un confronto, una porta aperta, uno spazio di dialogo con l’altro.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Ogni artista all’interno di spazioBUHO, pur rimanendo in contatto con gli altri, lavora singolarmente al suo percorso. Nessuno di noi si è prefissato un fine collettivo ma il singolo è padrone delle ragioni e dei motivi del proprio lavoro. Ciò non toglie che lavorare in stretto contatto abbia permesso di avere forti rimandi e contaminazioni proficue. Siamo anzitutto un gruppo di amici. Una fase collettiva ben diversa riguarda l’esposizione del lavoro di un artista all’interno degli spazi».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Questa domanda è già più complessa ed è difficile rispondere in maniera univoca perché va a toccare quelle che sono le esperienze individuali di ognuno di noi. Abbiamo aperto lo spazio nel novembre del 2020 e molti di noi sono arrivati a Torino solo pochi mesi prima per l’inizio dell’anno accademico. Torino non manca né di giovani realtà, né di interesse verso il nostro spazio. L’intenzione è quella di portare avanti nella piena libertà quest’esperienza».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Anche in questo caso, per una risposta unitaria, si può far riferimento al momento in cui il laboratorio diventa luogo espositivo. La sperimentazione è legata a una serie di scelte collettive che partono dal proporre l’evento all’artista fino alla pubblicazione di una zine da presentare in concomitanza. Per un paio di settimane lo studio è dedicato all’evento, quindi inagibile alla produzione. Lavorare insieme significa mettersi a disposizione del gruppo, anche a discapito del proprio lavoro».
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