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Hybrida Tales by Untitled Association #47: PNEUMATICA Editions e UNPAE
Arte contemporanea
di redazione
Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il progetto con cui Untitled Association ha individuato oltre 200 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.
Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituisce una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.
Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.
PNEUMATICA Editions
Pneumatica è un progetto editoriale di Massimiliano Tommaso Rezza. Pneumatica pubblica libri fotografici a tema. Pneumatica individua di volta in volta dei casi fotografici che evidenziano aspetti relativi al linguaggio e all’uso. Pneumatica esamina quegli aspetti del fotografico in cui prassi, estetica ed etica convergono. Pneumatica riflette in particolar modo sulla politica della pratica fotografica, sulle convenzioni che essa istaura, sulle limitazioni che determina e sulle loro ricadute sul pubblico, ma prima ancora sullo stesso operatore fotografico.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Non posso chiedermi se il mio lavoro sia contemporaneo. Mi preoccupo se quello che faccio abbia una sua consistenza, quello sì. Credo e spero che possa essere utile come spunto di approfondimento o scambio. Poi io ho una particolare allergia al concetto di “contemporaneo”. Molto spesso è un attributo che serve a convalidare o certificare l’idoneità del proprio lavoro rispetto all’ambiente, alle pratiche e alle politiche del mondo dell’arte, appunto, “contemporanea”. Forse dovremmo solamente riferirci al “contemporaneo” come tempo nel quale certe istanze o necessità spontaneamente affiorano e si palesano, e questo dovrebbe bastare.
Se questi affioramenti sono produttivi daranno frutti, altrimenti moriranno senza lasciar traccia. Non posso preoccuparmi della conformità del mio lavoro rispetto a un termine di riferimento esterno, preferisco preoccuparmi della sua qualità. Un lavoro, credo, dovrebbe infatti essere capace di tradire, smentire, la propria epoca, non comprovarla, consolidarla».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Dopo trent’anni di vita a Roma, sono tornato a vivere nel paese in cui sono nato. Il mio rapporto con questo luogo non è quindi soltanto casuale. La città, differentemente dal passato, non ha più la prerogativa di essere un luogo di creazione artistica o di disseminazione, e questo grazie anche alla connettività. Poi, nel caso specifico dell’Italia, la provincia è il vero centro della ricerca e produzione artistica; l’Itali deve moltissimo alla provincia. Questo è inoltre il luogo in cui giungono già esausti i dettami “contemporanei”, le richieste implicite, le mode, il “now”.
Come la fascia esterna di una galassia nevrotica, la provincia riesce ad afferrare e raccogliere questi frammenti esausti e sa guardarli sempre con ironia. Questo atteggiamento distaccato somiglia molto al mio cinismo, cinismo che ho sempre praticato con grande soddisfazione e piacere. Un’ultima cosa: in provincia c’è molto tempo e abbastanza silenzio per concentrarsi. Molti lavori che finiscono in Pneumatica ma anche altri lavori che vengono pubblicati da altre case editrici fotografiche sono nate qui in provincia e presentano i segni di tutto quanto ho finora detto».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Sperimentare è l’unica attività che non si cura dell’errore, perché l’errore lo ha già messo in conto, anzi, forse è esattamente lo strumento e il termine negativo, ma ccettabile, dello sviluppo di un’idea. Credo che alla base della sperimentazione ci sia una necessità libertaria, un’insofferenza nei confronti del consueto o del dettato. È vera e profonda attività politica.
Il medium artistico, qualunque esso sia, viene smontato e rimontato senza fretta per capirne i limiti e le ricadute sul suo eventuale contenuto. Sperimentare, poi, può essere un’attività sia speculativa sia pratica, sia fattiva sia irriflessiva, o tutte queste allo stesso tempo. Ma quello che mi interessa nella sperimentazione è la sua natura critica, detonante».
UNPAE
UNPAE “Un paese tutto per te” è un programma indipendente di residenze d’artista che ha luogo nel villaggio di Roccacaramanico, nelle montagne abruzzesi. Artisti, curatori e ricercatori di ogni genere sono liberi di esplorare il borgo, i suoi abitanti e i suoi paesaggi, e di lavorare in un clima generale di libertà e spontaneità.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Il progetto è nato in maniera spontanea, seguendo l’esigenza di condividere l’atmosfera vacanziera e rilassata che si provava durante i giorni di vacanza, tra un gruppo di artisti, ricercatori e creativi. Ricercando quel momento di estrema rilassatezza e libertà nel quale nascevano le idee più spontanee e libere. Una spontaneità nella creazione che è presente nella vita quotidiana. Come emerge spesso nei nostri discorsi la sola presenza degli artist* sul luogo è un atto creativo».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Il legame è molto forte. La casa che ospita gli artisti è una casa di famiglia, ex ostello montano, arredata con molti oggetti che sono stati depositati naturalmente negli anni dalla famiglia di Andrea Croce e che contribuiscono nel creare quel lato di affettività e famigliarità che vorremmo provassero gli artist*. Nel paese vive una comunità di persone che noi conosciamo e che ci ha sempre sostenuto nelle azioni, ma anche offrendoci liquori e racconti. I residenti vivono tutti gli spazi del villaggio: la piazza principale, la zona dei ruderi, il cimitero abbandonato, la chiesa sconsacrata e in generale i luoghi naturalistici che lo circondano (il borgo si trova ai piedi del Morrone e davanti a se ha il massiccio della Majella)».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Ogni anno cerchiamo di sentirci liberi nel ricreare nuovi rapporti con il contesto, con gli artist*, con i villeggianti… senza mai cadere nel ripercorrere dinamiche uguali a se stesse. D’altronde il contesto muta costantemente – seppur non in modo così evidente – e anche le persone che lo vivono, chiaramente uno stimolo per usare approcci sempre diversi. Un altro dei nostri obiettivi è quello del chiamare a vivere il luogo persone con differenti metodologie, ma anche con ricerche sempre nuove così da poter sviluppare nuove visioni.
Recentemente ad esempio abbiamo pensato di realizzare un progetto editoriale che potesse raccontare l’aspetto intangibile del Ricordo, progettato insieme al Graphic designer Gabriele Zagaglia che nel 2021 è stato uno dei residenti. Abbiamo quindi chiesto ai partecipanti delle varie edizioni di ripensare alla residenza e produrre un contributo, dal carattere spontaneo, che potesse esprimere il ricordo passato».