Iginio Iurilli, La forma del colore – Castello Carlo V

di - 14 Agosto 2021

Riparte dal Castello Carlo V la programmazione culturale del comune di Monopoli, località della costa adriatica sempre più votata al turismo. Dopo mesi di incertezza e prolungata chiusura, solo parzialmente dovuta alla pandemia, il comune pugliese sceglie l’arte contemporanea per dare il via ad un nuovo corso di turismo culturale, che oltre al maniero cinquecentesco coinvolgerà anche altri luoghi, intimamente legati alla storia cittadina, sia fuori che dentro il centro storico. Una programmazione fondata sulla qualità delle proposte che si avvicenderanno nei prestigiosi contenitori, alcuni dei quali in fase di ristrutturazione e avviamento, grazie anche ad un protocollo d’intesa con la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare, che insieme all’amministrazione comunale vaglierà le proposte che via via giungeranno. L’obiettivo è quello di evitare mostre blockbuster e di coinvolgere il pubblico in un’offerta espositiva di qualità, capace di far dialogare presente e passato, valorizzazione dei maestri pugliesi e promozione dell’arte contemporanea nazionale ed internazionale. La (ri)partenza è segnata proprio da un maestro pugliese, Iginio Iurilli (Gioia del Colle, 1943), che da oltre un cinquantennio solca la scena nazionale sperimentando indistintamente, senza soluzione di continuità, pittura e scultura. Due procedure artistiche distinte ma conciliabili, che in lui si susseguono, apparendo una la necessaria prosecuzione dell’altra e raggiungendo la loro ideale sintesi nel colore.

Iginio Iurilli. La forma del Colore, ph. Marino Colucci

Da qui il titolo “La forma del colore” con cui Iurilli ha voluto intitolare la rassegna monopolitana, a cura di Lorenzo Canova (in corso fino al 31 ottobre), così come quella nella Galleria Cattedrale a Conversano, che della prima è il necessario completamento (visibile fino al 31 agosto). Due sedi dunque per una sola mostra, “una grande opera unica in più capitoli”, l’ha felicemente definita Canova, con evidente allusione anche all’intera produzione dell’artista, che da tempo attendeva nella sua terra un nuovo ed efficace riconoscimento. Nella prima sede, a Monopoli, il percorso è strutturato attorno a tre grandi installazioni, due delle quali già presentate in precedenti esposizioni ma, per l’occasione, riformulate in formula site specific; opere di indiscusso impegno fisico oltre che intellettivo, poste in dialogo diretto con gli spazi castellari. La seconda sede, a Conversano, è invece interamente occupata da opere di piccole formato, in carta, tela o terracotta, alcune delle quali recentissime, testimonianze di nuovi percorsi espressivi intrapresi dall’artista. La mostra, organizzata da Contempo di Valentina Iacovelli, evoca i tempi della materia e della memoria di Iurilli, riassumendo l’ultimo trentennio della sua ricerca.
L’incipit del percorso monopolitano è segnato da Gabbia magica, rielaborazione recente di Cubo magico, lavoro del 1981, esposto nell’importante antologica dell’artista svoltasi nel 2008 alla Pinacoteca Provinciale “Corrado Giaquinto” di Bari ed ancora oggi esposta, in forma permanente, nello stesso museo: una gabbia di rete metallica in cui sono infilzati migliaia di cartucce, piccoli coni di carta rievocativi del gioco infantile della cerbottana. Un’opera fondamentale, che sul principio degli anni Ottanta ha segnato ufficialmente il passaggio (già in atto da un biennio) dalla prima fase pittorica di estrazione ecologista alla più matura fase scultorea, e che oggi sancisce un nuovo ritorno alla pittura (percepibile soprattutto nella sede di Conversano), seppur con modalità totalmente mutate. Un’opera interattiva che accoglie al suo interno e respinge all’esterno, irta com’è di aculei. In essa spazio interno ed esterno si compenetrano facendo dell’installazione un organismo complesso di cui lo spettatore, una volta abitato, diventa il cuore pulsante, quell’elemento imprevisto e imprevedibile che alla gabbia dona la sua ragione di esistere. Nessuna reclusione (la gabbia ha un lato aperto e nessuna porta di chiusura), nessuna costrizione ma accoglienza. Nella scelta della parola “gabbia”, comunemente associata ad una situazione di imprigionamento, si cela in realtà il fare ironico dell’artista che non disdegna di giocare con sensazioni contrastanti, sfruttando simboli e immagini a suo piacimento, traslandone non di rado i significati verbali e visivi in evidenti doppi sensi.
Ridefinisce i consueti rapporti di pieno e vuoto, dentro e fuori anche l’installazione Amedeo o come sbarazzarsene, anch’essa visibile nell’esposizione di Monopoli, già esposta al Castello Alfonsino di Brindisi nell’ambito di “Intramoenia Extra Art”, rassegna curata nel 2010 da Achille Bonito Oliva e Giusy Caroppo, a Venezia, nell’evento collaterale alla 54° Biennale di Venezia, organizzato dalla Fondazione Pino Pascali nel 2011, e al Teatro Rossini di Milano. Traendo ispirazione dal teatro dell’assurdo di Ionesco, Iurilli ha immaginato un ipertrofico riccio che ingrandendosi a dismisura perfora la parete della stanza. Allo spettatore, collocato nel vano attiguo, è consentito vedere solo gli aculei che hanno oltrepassato la parete, lasciando all’immaginazione il dramma che si consuma nella stanza vicina, che è e resta solo ipotetica.

Iginio Iurilli, “La forma del Colore. Pittura-scultura-pittura” nella sede di Conversano, ph. Marino Colucci

Tornando alla gabbia monopolitana, punto di origine e protagonista dell’opera è la “scartuccia”, piccolo elemento scultoreo ottenuto arrotolando fogli di carta su cui l’artista ha preventivamente fatto gocciolare del colore. Una tecnica quella del dripping che è indubitabilmente pittorica ma che nel coinvolgimento fisico e nella potenza del gesto ha in sé anche connotazioni scultoree. Di qui l’idea di farne una nuova produzionil- tutta esposta nella galleria di Conversano – in cui protagonista non è più la forma conica ma il colore, con tutte le sue molteplici implicazioni compositive ed emotive. Pittura gestuale in cui il peso, l’intensità e la direzione si nutrono di un’energia istintiva ma anche di una consumata perizia artistica. Le opere infatti sono il risultato di una perfetta combinazione di caos e rigore, casualità segniche e ragionate scelte cromatiche e compositive.
La mostra, in entrambe le sedi, si presenta come un catalogo eterogeneo di interventi pittorici e scultorei, fra astrazione radicale, figurazione ispirata al paesaggio, sintesi grafica ed esperimenti segnici, tutti di buona qualità ed allocati con assoluto criterio rispetto ai contesti. Un’esposizione polimorfa che rende giustizia ad un percorso espressivo coerente eppure mai uguale a se stesso.

Carmelo Cipriani

Nato a Terlizzi nel 1980, è giornalista, critico d’arte e curatore indipendente. Dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Lecce, si perfeziona sull'Arte del Novecento all'Università degli Studi di Bari. Già cultore della materia in Museologia presso l’Università degli Studi della Calabria e docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Vibo Valentia, ha condotto studi specialistici e curato mostre per Soprintendenze, istituzioni e musei.  

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