Dove finisce l’arte e inizia la vita? È una di quelle domande enormi, una questione da acuti mal di testa. Però si può almeno provare a circostanziare, contestualizzare, precisare gli ambiti e, allora, ci si può chiedere, senza ampliare troppo il campo sui massimi sistemi, qual sia il limite tra arte concettuale e truffa, considerando la prima come una parte per il tutto dell’arte contemporanea e la seconda come sezione integrante della quotidianità, con tanto di norme giuridiche a regolamentarla e, nel caso, a sanzionarla. E infatti, a stabilire un confine è stato un tribunale, che ha condannato l’artista danese Jens Haaning a risarcire il Kunsten Museum of Modern Art di Aalborg, per aver esagerato con il concettualismo, parafrasando un po’ la sentenza.
Nel 2021, Jens Haaning aveva ricevuto dal museo 532.549 corone danesi, equivalenti a circa 72mila euro, che avrebbe dovuto usare letteralmente come materiale per riprodurre due sue opere che rappresentavano i salari annuali dei lavoratori austriaci e danesi. Ma quanto le casse di imballaggio furono aperte, si rivelarono due grandi tele bianche, dal titolo tanto enigmatico quanto significativo: Take the Money and Run, prendi i soldi e scappa.
Nato nel 1965 e attualmente di base a Copenhagen, Haaning ha spesso lavorato sui complessi cambiamenti e sui grotteschi paradossi che caratterizzano la società occidentale e in molti casi le sue opere rappresentano delle vere e proprie provocazioni al senso comune. Per una mostra alla Kunsthalle di Middelburg, nei Paesi Bassi, nel 1996, trasportò nella sede espositiva un’intera fabbrica di abbigliamento, completa di infrastrutture e forza lavoro.
L’opera commissionata dal Kunsten Museum of Modern Art di Aalborg fa parte di una serie risalente al 2007, composta da banconote incorniciate e corrispondenti al reddito medio annuo dei lavoratori danesi, An Average Denmark Annual Income. Per Hanning, l’opera riflette sulla relazione tra arte, mercato e capitale, nonché sulla produzione di valore. Il valore di scambio effettivo, cioè quello nominale delle banconote usate per l’opera, è soggetto a una rivalutazione non solo simbolica ma anche reale, a causa della sua presentazione come prodotto di lavoro artistico, il cui valore di scambio è sempre superiore a quello effettivo delle materie prime, andando così a creare un plusvalore.
Nel caso delle opere realizzate per il Kunsten Museum of Modern Art di Aalborg, il plusvalore è andato però un po’ troppo oltre, visto che le banconote non sono mai state usate. Dal museo non l’hanno presa bene e quando Haaning ha rifiutato di restituire il denaro, hanno deciso di fargli causa. E adesso il Tribunale di Copenaghen ha stabilito che Haaning dovrà pagare 492.549 corone danesi, avendo detratto dall’importo originario 40mila corone, che costituiscono il compenso dell’artista, visto che le opere sono state comunque realizzate ed esposte, anche se con le cornici vuote. «Sono scioccato, ma allo stesso tempo è esattamente quello che avevo immaginato. Poi insieme all’avvocato si valuterà se è opportuno ricorrere in appello», ha dichiarato Jens Haaning.
«Il lavoro è che ho preso i loro soldi. Non è un furto. È una violazione del contratto e la violazione del contratto fa parte del lavoro», dichiarava Haaning all’epoca dei fatti. «Incoraggio altre persone che hanno condizioni di lavoro miserabili come le mie a fare lo stesso. Se fanno un lavoro schifoso e non vengono pagati, anzi, gli viene chiesto di pagare per andare a lavorare, allora prendi quello che puoi e sconfiggilo».
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