11 luglio 2023

Il Catalogo generale dell’opera di Tano Festa nelle parole di Anita Festa

di

Voluto e curato da Anita Festa, Il Catalogo generale dell’opera di Tano Festa dona la giusta considerazione storico-critica a un artista tra i più importanti e geniali della seconda metà del Novecento

Il catalogo generale di Tano Festa

1.736 opere realizzate tra il 1957 e il 1987 sono il contenuto della grande operazione che ha portato alla pubblicazione – lo scorso 20 giugno – del Catalogo generale di Tano Festa, uno dei maggiori esponenti della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo, insieme a Mario Schifano e Franco Angeli, ascrivibile al movimento della Pop Art romana.

Il volume che intende aiutare il pubblico ad apprezzare la figura dell’artista e anche offrire gli strumenti per riportare il lavoro di Tano Festa alla valutazione che merita, è stato voluto e curato da Anita Festa, che oggi ci racconta l’importanza di questa iniziativa, approfondendola. 

Anita Festa, ritratto

Il Catalogo generale arriva 26 anni dopo il catalogo edito nel 1997 dall’allora archivio ufficiale autorizzato dalle Eredi Festa. Che valore ha quest’operazione culturale rispetto al passato ed in relazione al presente e al futuro?

«Questa nuova pubblicazione è anche la prima esistente che si differenzia dalla precedente e da qualsiasi altra pubblicazione su mio padre in relazione a tre importanti aspetti. Il primo è il grande quantitativo di opere presenti; il secondo è il rigoroso ordine cronologico in cui si svolge la sequenza tenendo come punto di riferimento principale, nell’ambito di ogni anno, il mese e anche il giorno ove indicato da Festa, tentando al contempo una narrazione dell’evoluzione del pensiero dell’artista nell’ideare le sue opere, e quando troppo difficoltoso da realizzare per l’assenza di un determinato numero di esse, ed era dunque percettibile un interruzione dello svolgimento creativo, ho fatto appello al criterio dell’estetica. In ogni caso per creare un ordine ed un’integrità stilistica ho preso in considerazione sia lo stile pittorico che il soggetto di alcuni nuclei di opere assemblandole, consapevole del fatto che nella realtà non è stato in quest’ordine che l’artista le ha eseguite ma in quel determinato lasso temporale. Terzo aspetto è dato dalle didascalie, quasi del tutto inedite poiché mai pensate e redatte in maniera filologicamente corretta ad oggi, così aderente ai materiali realmente utilizzati. Ho operato anche al fine di realizzare una descrizione veritiera in ordine agli elementi che compongono determinate opere, quali ad esempio: le opere su tavola che ricreano gli oggetti di mobilio domestico o le persiane, così come per le opere che raffigurano le teste di Adamo e dell’Aurora di Michelangelo degli anni ’70. Di fatto questa è la prima pubblicazione integra e scientificamente attendibile oggi esistente sull’artista mio padre e ne sono davvero contenta poiché il suo grande lavoro lo meritava da troppo tempo».

1963, Particolare della Cappella Sistina. Collage fotografico, legno, smalto industriale su tavola. Cm 195×130

Vita tormentata e temperamento anticonformista: che figura emerge di Tano Festa e come le 1.736 opere realizzate tra il 1957 e il 1987 e inserite nel catalogo generale restituiscono questa figura? 

«Ritengo che per me che l’ho realizzato sia davvero difficile definire la figura dell’artista poiché sono ancora troppo vicina al lavoro svolto e intimamente coinvolta per potere avere il necessario distacco che mi permetta di avere una visione completa con uno sguardo rivolto all’esterno che implica questa domanda. Di certo è che mio padre è stato un gran lavoratore e un grandissimo pittore nel senso stretto del termine; lo aveva come dono innato. Emerge come egli sia stato un artista eclettico e funambolico nello sperimentare una variegata gamma di stili pittorici e di soggetti tanto diversi tra loro, per quanto tornasse in maniera scientificamente ossessiva sui medesimi soggetti, alcuni dei quali rielabora puntualmente quasi di anno in anno. Questo fenomeno è molto visibile soprattutto nell’arco degli anni ’70, ed altri, sempre i medesimi, (li definirei dei leitmotiv del suo percorso artistico), vengono realizzati in una forma nuova in ogni decennio della sua produzione. Di fatti osservando lo svolgimento del percorso delle opere nel catalogo si evince che il suo lavoro ha una rapida svolta puntualmente nei primi anni di ogni decennio e ciascun decennio è fortemente caratterizzato dagli stili, dai soggetti e dai temi trattati. Potendo reperire, spero in un prossimo futuro, tutte le opere da lui create, potendo dunque fruire del materiale iconografico completo, questa valutazione potrebbe essere effettuata nella sua verità e interezza».

Tanto Festa all’opera, nello studio di Via Cimarra che condivideva con l’artista Renato Mambor a Roma. Foto di Renato Mambor. Courtesy Archivio Mambor, Roma

«È da decenni che io, figlia primogenita di Tano Festa, desidero ardentemente, così come lo desiderava mio padre in vita, che esista finalmente un catalogo degno di nota che lo rappresenti come merita e che illustri realmente il suo lavoro nella maniera più completa, ma soprattutto più veritiera possibile». Recuperando il desiderio paterno, come si è lavorato in quest’arco temporale, attraverso quali strumenti e secondo quali criteri?

«Il criterio è stato molto pragmatico, meno intellettuale, come invece si può credere del lavoro di un archivio. Le difficoltà nel reperire la documentazione sulle opere, anzitutto, è stato un percorso lungo ed estenuante. Ho iniziato mettendo la targa sul citofono, mi piace dire: ovvero la pubblicistica, la scelta del logo, il materiale tipografico sono state le prime cose concrete, ed anche la pubblicità sui giornali specializzati che ha scatenato ire su di me, poiché mi ero presentata al pubblico come prosecutrice dell’archivio precedente, così consigliata da collezionisti che temevano un cambio di guardia radicale, che era proprio quello che avevo in animo di attuare. Prima ancora c’era stato un percorso tortuoso per tentare di riappropriarmi di ciò che non era mai stato mio, ovvero nostro in qualità di Eredi legittime dell’artista poiché avevamo delegato terzi ad occuparsene. Di fatto già nel 1996 ho iniziato a desiderare di diventare il punto centrale di riferimento sul lavoro di mio padre con la volontà di mettere ordine nella sua produzione artistica nella speranza di poter pulire il mercato dalle innumerevoli opere false. Il criterio principale che mi ha guidata è da sempre stato improntato all’onestà morale e intellettuale nel valutare le opere che mi venivano presentate, scevra da qualsiasi sorta di sollecitazione che poteva provenire dall’esterno, in primo luogo dalle precedenti autentiche o dall’assenza di esse e dalle provenienze dichiarate dai collezionisti, non sempre attendibili. Ho sempre preso in esame solo ed esclusivamente l’opera in sé per sé, per essere filologicamente più corretta possibile nell’effettuare la valutazione di autenticità. Ho avuto la fortuna di acquisire già agli inizi la chiave di lettura sul principale filone delle opere falsificate da una persona molto vicina a mio padre e da lì ho compreso che il comitato tecnico che avevo sin da subito istituito, consapevole del fatto che i più potevano diffidare di una figlia così giovane che non aveva conosciuto il padre, dopo un paio di anni di riunioni era infruttuoso. Mi resi conto che i suoi componenti non avevano alcun criterio nel discernere tra le opere autentiche e quelle false; essi possedevano una conoscenza circoscritta alle opere degli anni ’60 che avevano vissuto da vicino o studiato. Così ho optato per proseguire il percorso da sola coadiuvata da un paio di persone fidate che non comparivano ufficialmente».

1978-32, Dalla creazione dell’uomo. Pittura industriale, smalto all’anilina, negativo fotografico emulsionato su tela. Cm.80×115

Come è organizzato il catalogo, quali informazioni trasmette e lascia in eredità, e di quali progetti futuri sarà precursore?

«Il catalogo è di grande fruibilità poiché e strutturato in maniera semplice, efficace e trasparente. Sono 23 pagine indicizzate a fondo pagina così da permettere al pubblico di consultarlo con facilità. Ogni pagina è composta da 11 file di 7 opere ciascuna, in totale 77. I filtri sono stati impostati in relazione agli anni di esecuzione e alle dimensioni; essendo le tecniche tutte revisionate e aggiornate ed essendo i titoli solitamente trascritti in maniera errata, di fatto inventati, non era di alcuna utilità predisporre i filtri in relazione a questi due dati. L’eredità che questo catalogo lascerà è il catalogo stesso, dunque tutte le opere ivi contenute incluse le didascalie da cui sono corredate, le migliori ad oggi esistenti sull’artista mio padre. Seppure la vera eredità esisterà in maniera importante quando il catalogo verrà ultimato. Dipenderà dai collezionisti dare il loro contributo per permettere che questo catalogo sia il più completo possibile. Spero che venga compreso quanto sia assolutamente necessario, ai fini di una reale e duratura rivalutazione e valorizzazione del patrimonio culturale lasciato da Tano Festa, avere la volontà di passare al vaglio tutte le opere ad egli attribuite, soprattutto in relazione a quelle già presenti nell’archivio in precedenza autorizzato da noi Eredi. Infatti, il corpus documentale che lo componeva è per la maggior parte di nostra proprietà e consta in fotografie di opere e schede in originale facenti parte della documentazione dell’archivio Tano Festa, da me istituito e curato, che ho studiato negli anni e da cui ho tratto una cospicua quantità di immagini di opere oggi pubblicate nel catalogo generale digitale. Pertanto, è di vitale importanza per l’archivio fare un censimento delle opere così da potere discernere su quali appartengano realmente al suo repertorio artistico e usufruire del materiale documentale e iconografico aggiornato e completo da integrare all’interno del catalogo. Le opere, dunque, dovrebbero essere tutte corredate dai certificati del legittimo archivio che lavora con rettitudine ed ha davvero a cuore il bene dell’artista e che intende restituire finalmente al mondo una panoramica a 360 gradi sul suo lavoro. Questo catalogo comunque è sin d’ora un gran risultato e permette già di lavorare in direzione di un importante retrospettiva antologica dell’Opera di Tano Festa in sedi istituzionali».

1978, Veuve Cliquot. Pittura industriale, smalto all’anilina, negativo fotografico emulsionato su tela. Cm 70×55

2 Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui