Esiste un posto dove la matematica e la pittura camminano insieme verso l’Altrove? A Bologna, fino al 24 settembre 2023, Palazzo Fava ospita Viaggio verso l’ignoto, mostra dedicata alla figura poliedrica di Lucio Saffaro, a cura di Claudio Cerritelli e Gisella Vismara. L’esposizione, progetto della Fondazione Lucio Saffaro e realizzata grazie a Palazzo delle Esposizioni, Genus Bononiae e Fondazione Carisbo, ricostruisce – attraverso quasi 100 opere – il percorso di una delle personalità italiane più interessanti del secondo Novecento.
Pittore, matematico, scrittore. Nè concettuale nè ambientalista. “Saffaro solo”, appartato rispetto ai suoi contemporanei e dedito a una ricerca che prescinde dal tempo, pur consapevole del rapporto tra antichità e modernità. Quella di Lucio Saffaro pare essere una solitudine stilistica ed esistenziale necessaria: al centro della sua poetica, l’Essere in quanto tale, nella sua interezza e nella sua connessione cosmica, ricercato tanto nelle forme quanto nelle formule. La sintesi del suo enigma? La geometria, vera protagonista dell’esposizione. L’aura ontologica di Viaggio verso l’ignoto ricostruisce l’intera indagine di Saffaro attraverso dipinti, litografie, disegni e libri. Arte e scienza, piani diversi di accesso alla realtà, vengono vissuti qui come momenti adiacenti e consecutivi di un’unica ricerca, solidificando continuamente il pensiero nell’immagine.
Dalle sperimentazioni giovanili degli anni ‘50 al periodo più maturo e noto degli anni ‘90, ogni opera è una finestra sull’Altrove, un Altrove rappresentato con scene surreali, ritratti immaginari, composizioni simboliche e architetture impossibili. I mondi visionari costruiti da Saffaro sono abitati da una geometria prima usata come sintassi per narrazioni allegoriche e poi sublimata per tradurre il mondo onirico: figure e spazi metafisici lasciano pian piano il posto a costruzioni labirintiche e piani concavi e convessi, fino ad arrivare al fascino di poliedri, sfere e stelle. Accanto alla precisione chirurgica del disegno c’è la seduzione del colore – a volte malinconico – come quell’azzurro che ricorda tanto Trieste, città natale dell’artista.
Tutte le opere dell’infinito sono raccolte in un solo assioma, quello dell’uniformità assoluta: così scrive Saffaro in Dispute ternarie e monodiche. Ogni parte di Viaggio verso l’ignoto si offre dunque come un ponte possibile tra il pensiero e il conoscibile, pronto a condurci verso l’ignoto grazie a una linea, un piano o una campitura. Sala dopo sala, tra fasi di sperimentazioni e di disorientamento, emerge l’uomo che si misura con il nulla e con il tutto, con l’origine e con la fine. In Lucio Saffaro la condizione umana e lo studio formale finiscono così per coincidere, entrambi aprendo strade per sondare l’infinito nascosto in piena vista nei limiti del reale.
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