vedovamazzei è una coppia di artisti formata da Stella Scala e Simeone Crispino che lavorano insieme dal 1991. Formatisi all’Accademia di Napoli, si trasferiscono successivamente a Milano dove vivono e lavorano. I loro lavori ironici e dissacranti, ma sempre profondamente riflessivi, toccano e attraversano diverse tecniche e medium. Li abbiamo incontrati per Il gioco delle coppie, rubrica che presenta artisti che lavorano in coppia (uniti da legami affettivi, amicali o familiari), per capire cosa significhi essere in due ma risultare una singola identità autoriale.
Per prima cosa dobbiamo dire che siete stati davvero anche una coppia in senso affettivo e non solo lavorativo. Avete iniziato a lavorare insieme e poi vi siete fidanzati oppure è avvenuto il contrario? E come è maturata la scelta del lavorare insieme?
«Ci siamo conosciuti tra i corridoi del liceo artistico di Napoli nel 1980.
Un vero e proprio colpo di fulmine: pioveva.
Negli anni successivi maturammo l’idea di collaborare insieme e prendemmo in affitto il nostro primo studio.
Lavorare in due costava meno e potevamo dividerci il lavoro da fare.
Abbiamo iniziato una collaborazione distratta.
Poi la distrazione si è mutata in una collaborazione effettiva».
Anche dietro la scelta del vostro nome c’è una storia interessante…
«Adottammo il nome vedovamazzei come firma del gruppo perché in effetti cercavamo un brand che ci potesse rappresentare entrambi. Sulla targa in ferro e in porcellana che trovammo per strada era stampato questo nome vedova con la iniziale in minuscolo e pensammo che volesse indicare lo stato civile della donna e Mazzei in maiuscolo, il cognome del marito defunto.
La targa in bianco e nero, aveva una grafica retrò e il nome conteneva il femminile e il maschile, le iniziali v-m come vita e morte, vita/vedova era la donna ancora in vita e morte/Mazzei era l’uomo marito etc….altre casualitá, coincidene, giochi di parole…
Ci piacque da subito e divenne la nostra prima opera e il nostro nome di battesimo».
Quale è stata la vostra prima mostra? Precedentemente avevate un percorso o dei progetti artistici indipendenti?
«Italia ’90: Ipotesi arte giovane. alla Fabbrica del Vapore di Milano nel 1990/91.
Organizzata e prodotta dalla rivista Flash Art che propose poi il mensile come il catalogo da acquistare in edicola e dai critici, curatori e storici dell’arte che lavoravano in quegli anni in Italia. Censimento, rilevazione di artisti diretta ad accertare l’entità e le condizioni di un movimento artistico collettivo.
Poi arrivò una mostra personale a Milano e la richiesta di risiedere a Milano.
In effetti non abbiamo mai avuto tempo per riflettere su progetti individuali e indipendenti dall’altro».
Cosa ha rappresentato per voi il trasferimento a Milano?
«Sapevamo di poter raggiungere una certa autonomia economica e lavorativa che altrimenti non avremmo mai ottenuto a Napoli.
Ma la migliore risposta la daremo 5 minuti prima di morire».
Dissacranti, riflessivi, ironici, talvolta cinici. Spesso questi gli aggettivi usati per descrivere i vostri lavori. Vi ritrovate in questa lettura e, se sì, chi di voi due si ritrova e identifica maggiormente in questi aggettivi?
«Viviamo come in una sorta di bipolarismo elevato alla seconda in quanto coppia. Socialmente ci considerano tali e probabilmente lo siamo, poi però tutto ciò si ripercuote nella vita privata condizionando il procedere artistico.
Noi siamo il risultato della lettura che altri hanno su di noi.
Personalmente non pensiamo mai di essere come siamo».
C’è un’opera che avreste voluto fare voi ma invece l’ha realizzata un altro artista?
«Tante, tantissime opere da artisti d’ogni tempo.
Ma nel cuore rimane un’impronta indelebile: Cold Shoulders di David Hammons del 1990, (anno di nascita di vedovamazzei) e per affinità poetica con noi in quanto coppia, il magnifico lavoro di Fischli & Weiss, Snowman del 1987».
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