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Il gioco delle coppie: la pittura si fa casa nella ricerca artistica di Genuardi / Ruta
Arte contemporanea
Prosegue la rubrica di exibart “Il gioco delle coppie”, a cura di Arianna Rosica. La rubrica presenta artisti che lavorano in coppia (uniti da legami affettivi, amicali o familiari) per capire cosa significhi essere in due ma risultare una singola identità autoriale. Come si confrontano due personalità, magari diverse tra loro ma capaci di dare forma a un’opera che ne sintetizzi il pensiero e la visione? Come pratica e poetica del singolo si esprimono, quando si è in coppia? La rubrica indaga i processi mentali, le interazioni, gli scambi, i dialoghi ma anche gli scontri, che portano dall’ideazione di un’opera fino alla sua realizzazione.
Genuardi / Ruta è un duo artistico formato nel 2014 da Antonella Genuardi (Sciacca, 1986) e Leonardo Ruta (Ragusa, 1990). Attualmente vivono e lavorano a Palermo. Nelle loro opere la dimensione pittorica travalica i limiti della tela per aprirsi allo spazio e concorrere alla sua costruzione fino ad arrivare all’idea di una “pittura da abitare”. Li abbiamo incontrati per la rubrica “Il gioco delle coppie” per farci raccontare la loro pratica e poetica.
Antonella, Leonardo, come e perché avete deciso di lavorare insieme?
Lavoriamo insieme come unica identità dal 2014. L’Osservatorio Arti Visive è il luogo in cui si è definito e cristallizzato il nostro lavoro. Si tratta di un appuntamento che si svolge all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Palermo con tre docenti (Daniela Bigi, Gianna Di Piazza, Toni Romanelli); è un punto di dialogo, di crescita e di messa in prova del lavoro, sia sotto l’aspetto laboratoriale che teorico. In uno di questi appuntamenti abbiamo per la prima volta allestito due nostri lavori nella stessa parete ed è stato subito chiaro che le nostre erano due visioni complementari.
E cosa significa, e comporta, essere una coppia?
Lavorare in due ha sicuramente i suoi vantaggi. Il confronto continuo apre nuovi varchi e il sostegno reciproco regge l’urto, all’occasione.
La vostra pittura si confronta col site-specific e quindi, di conseguenza, con lo spazio e l’architettura. Lavorate sempre a quattro mani?
Quello che ci interessa è creare, attraverso il filtro architettonico, un habitat, una pittura abitativa. Lavoriamo sempre a quattro mani spinti da una necessità ma anche da una certa curiosità, anzi è proprio nella fase di realizzazione dei progetti che i nostri ruoli si mescolano.
Come nascono i vostri progetti?
Le nostre riflessioni derivano dalla complessità di relazioni tra la luce naturale e i volumi architettonici. Una luce che disegna in maniera netta le superfici.
Nel vostro lavoro conta più un approccio riflessivo e di progettazione o il diretto confronto con la materia e l’ambiente?
Ci lasciamo ispirare dalle malte, dai pigmenti, dalle croste naturalistiche che si stagliano sul paesaggio, dalle geometrie organiche stratificate nel tessuto urbano. Tutti questi elementi sono delle basi fondamentali per costruire lo spazio pittorico. Per fare un esempio recente parleremmo di “Le trombe d’oro della solarità“, un progetto di ricerca vincitore della borsa di studio in Arti Visive, promosso dalla Fondazione Sicilia, presso l’American Academy in Rome.
Cosa c’è alla base?
È un’idea di rapporto con la curiosità, ripercorre una suggestione che riguarda la nostra formazione e le persone che hanno fatto la storia dei nostri luoghi. Pensiamo agli stucchi del Serpotta che ornano molte chiese siciliane; pensiamo alla gente che ha calpestato nel tempo i pavimenti in marmo delle chiese. Ripercorre questa suggestione attraverso materiali nuovi e che ci sorprendono. Proviamo sempre una certa curiosità per quello che sta accadendo nell’opera, un enigma. Siamo partiti in questo caso da una suggestione come un’arcata o un pilastro delle architetture di Pier Luigi Nervi presenti a Roma, da un’attenzione per quell’architettura minerale che ci porta ad indagare il rapporto con la propria esistenza. Così anche la relazione tra l’oro, il bianco e il blu è legata a un’esperienza minerale, ma anche a un’idea di verticalità; un’attenzione per la luce attraverso la materia organica.
Per il futuro cosa state preparando?
È importante trovare la giusta dose di equilibrio tra i due approcci. La fase iniziale di ogni nostro intervento richiede un certo tipo di riflessione partendo dal paesaggio, dalle necessità e dai valori di certe visioni che non sono solamente storici ma anche sentimentali. In corso di progettazione il rapporto diretto con la materia diventa fondamentale per restituire un’esperienza nel pieno delle attività sensoriali.
Ci potete anticipare qualcosa?
Nei prossimi lavori esploreremo altri materiali e tecniche che vorremmo integrare nei nuovi ambienti. Continueremo a portare avanti il progetto “Spazio Acrobazie” a cura di Antonio Leone ed Elisa Fulco (sostenuto da Fondazione Sicilia e Fondazione con il Sud) che prevede la riqualificazione degli spazi dell’Istituto Penale Minorile Malaspina. Abbiamo già ridisegnato insieme ai ragazzi la Sala Ricreativa e la Biblioteca e stiamo progettando il pallone ufficiale della prossima stagione per la Palermo Calcio.
E per quanto riguarda l’estero?
Stiamo preparando dei progetti espositivi tra Roma e Palermo e una residenza in Marocco presso il Connect Institute, una rete di centri e programmi dedicati a sostenere i giovani attraverso la cultura e la creatività, fondato da Taha Balafrej che abbiamo conosciuto all’American Academy. Realizzeremo un intervento site-specific insieme agli studenti dell’Istituto. Inoltre L’Ascensore, spazio espositivo di cui siamo direttori artistici, avrà una fitta programmazione per tutto l’anno; anticipiamo con l’occasione la prossima personale di Carmelo Nicotra a cura di Tabea Badami che inaugura il 22 aprile.