Un’opera di Francesco Vezzoli, entrata a far parte della collezione permanente del Comune di Firenze, è stata collocata all’interno di Palazzo Vecchio. Intitolata Pietà e installata nel terzo cortile, la scultura monumentale raffigura un leone rampante novecentesco installato su un basamento antico e intento a stritolare tra le fauci una testa romana del II secolo d.C. Con il suo stridente contrasto tra i soggetti, l’opera compendia quel rapporto critico tra il contemporaneo e i resti dell’antichità, un processo di trasformazione e rimodulazione sempre in atto, sul quale Vezzoli ha incentrato gran parte della sua ricerca più recente. La scultura era stata già presentata in Piazza della Signoria, in occasione della mostra “Francesco Vezzoli in Florence”, a cura di Cristiana Perrella e Sergio Risaliti, nel cui ambito era stata presentata anche un’altra opera, La Musa dell’Archeologia Piange, all’interno dello Studiolo di Francesco I de’ Medici a Palazzo Vecchio.
«Siamo felici che il leone sia tornato ed abbia trovato qui una nuova casa che lo protegge dopo la mostra dello scorso anno e siamo orgogliosi di questa nuova stagione della città che ha abbracciato la sfida del dialogo e a volte del conflitto tra il Rinascimento e la contemporaneità con tanti artisti che si sono misurati in questo, da Fabre a Koons a Penone e ora a Francesco Vezzoli», ha detto il sindaco Dario Nardella, che proprio ieri, 25 luglio, è stato impegnato in un incontro a Roma con il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, per salvare la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. A questo proposito, è stato sottoscritto un accordo del valore di circa 7,6 milioni di euro per far rinascere l’istituzione, sprofondata in una crisi di liquidità, commissariata a marzo scorso e con 300 lavoratori a rischio cassa integrazione. «Palazzo Vecchio è un simbolo per Firenze e luogo vivo e pulsante di lavoro, di civismo, di politica, incarnazione dell’identità della nostra città», ha continuato Nardella.
E alla storia civica fiorentina si è rifatto anche Vezzoli. Nella Repubblica, infatti, il leone, detto Marzocco o Marzucco, era il simbolo del potere popolare, elemento totemico in difesa della libertà comunale. La sua raffigurazione più celebre è quella di Donatello, la cui copia si staglia sull’arengario, mentre l’originale è conservato al Museo Nazionale del Bargello. Due leoni, come vigili sentinelle, si trovano poi a segnare la scalinata di accesso alla Loggia dei Lanzi, uno antico e l’altro una invenzione moderna. Un leone dorato svetta assieme alla banderuola sulla vetta della Torre di Arnolfo e altri si trovano nel cortile della Dogana all’interno della Signoria e nella sala dei Gigli. Pare inoltre che proprio Palazzo Vecchio, nel secondo cortile, si manteneva un serraglio di ben 24 leoni.
Se il Marzocco come vuole la tradizione protegge tra le zampe il Giglio, simbolo della libertà fiorentina, il Leone di Vezzoli invece stritola tra le fauci aperte una testa in marmo d’epoca romana, un frammento di civiltà perduta e una figura togata acefala. Dell’intero non resta che una parte, un frammento, come quelle statue distrutte dalla furia degli uomini o dal tempo. La bella testa marmorea di epoca romana sembra contrastare con la fattura un po’ prosaica del leone. Quell’essere fiero qui si rivolta contro la civiltà passata, la storia delle immagini e dei monumenti classici e, superbamente, ruggisce a dimostrare la sua potenza, una sovranità tanto fiera quanto irrazionale.
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