Tra tutte le correnti architettoniche, il Brutalismo è probabilmente una delle meno digeribili, in effetti, a prescindere dai gusti, quei robustissimi volumi di cemento a vista certamente non si tagliano con un grissino. Ma Carsten Höller ha promesso di farceli piacere e per il suo nuovo ristorante di Stoccolma ha pensato un menù a tema, che traduce in sapore tutti gli aspetti salienti del movimento teorizzato negli anni ’50 nel Regno Unito. I piatti serviti al Brutalisten sono caratterizzati da pochi e assolutamente non confusi ingredienti selezionati. Saranno anche buoni? Ma è la domanda giusta da porre? La stessa definizione manichea di buono o non buono, per pietanze del genere, è ancora l’unica accettabile? A prescindere dal grado di sofisticazione concettuale, se l’arte basta vederla, un filetto tagliuzzato di coregone oceanico non può non essere assaggiato, anche perché la disposizione nel piatto è minimale, così come le decorazioni, che sono addirittura bandite.
Di certo, la direzione percettiva è esattamente opposta a quella ormai stabilizzata e monotona del #foodporn. Le fotografie dei piatti del Brutalisten – sul sito ufficiale del ristorante non ci sono immagini – non sono poi così instagrammabili, o meglio seguono un altro filone, tutt’altra categoria, secondo i dieci punti del Manifesto della Cucina Brutalista (chi volesse gradire quello della cucina Futurista può dare un’occhiata qui) stilato da Höller, che inizia così: «La cucina brutalista è una cucina dogmatica in cui si applicano determinate regole». Insomma non si sfugge, non c’è spazio per l’interpretazione o per la variante, del resto nella Carbonara ci va il guanciale, tassativamente.
Il menu, ideato dallo chef Stefan Eriksson, è stato suddiviso in tre sezioni: piatti “semi-brutalisti”, che consentono l’utilizzo di olio o una quantità minima di altri ingredienti, piatti “brutalisti”, che consentono solo sale e acqua, piatti “ortodossi-brutalisti”, che non consentono alcun ingrediente aggiuntivo, come il granchio cotto nel proprio guscio (che poi, anche dalla nostre parti il polpo si lascia cuocere nel suo brodo). La lista delle bevande comprende una birra brutalista appositamente realizzata senza luppolo e prodotta solo con malto di grano, oltre a una varietà di bibite analcoliche brutaliste a base di frutta, alghe e, ovviamente, funghi, un soggetto ricorrente in tutta la produzione dell’artista.
«La cucina brutalista è intitolata in riferimento all’architettura brutalista, rinomata per il suo aspetto lineare e squadrato», è il secondo punto, da cui deriva la regola principale: «Gli ingredienti si usano da soli per un determinato piatto; si possono aggiungere solo acqua e sale». E così entriamo nell’essenza politica e sociale di questo manifesto, «Nella cucina brutalista ortodossa non viene aggiunta né acqua (né sale). In generale, la cucina brutalista si occupa meno di ricette e più di trovare e preparare gli ingredienti». E in tempi di sostenibilità ambientale e di attenzione alle filiere di produzione, diffusione e consumo, in cui il rovescio della medaglia è una spropositata, pantagruelica mole di cibo ammucchiato in un piatto o in un panino, che diventa spazzatura di ogni tipo – anche visiva –, questo spostamento di prospettiva è una rivoluzione copernicana.
«Andiamo nella direzione opposta. L’obiettivo è scavare verticalmente nel gusto di un determinato ingrediente e liberarlo dal rumore di fondo», ha spiegato Höller, che già nel 2017, insieme a Fondazione Prada, realizzò il Double Club, un’installazione che funzionava come un vero e proprio night club, presentata durante Art Basel Miami Beach.
Ma anche gli altri punti del Manifesto di Cucina Brutalista presentano notevole interesse e di certo possono essere un acceso argomento di discussione a tavola: «Non sono ammessi ingredienti diversi nello stesso piatto, devono essere presentati come unità diverse. I diversi piatti possono essere serviti contemporaneamente» e poi «Il mangiatore può combinare i gusti di diversi ingredienti mentre mangia. Invece di uno chef che impone cosa dovrebbe andare insieme e quale importo per una determinata porzione, è il mangiatore a prendere queste decisioni». E ultimo ma non ultimo: «Le porzioni tendono a essere di dimensioni notevoli». Se volete prenotare un tavolo, aprile è già tutto full.
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