Da millenni l’umanità ha cercato di catturare e riprodurre l’immagine attraverso diverse modalità artistiche, come il disegno e la pittura. Tuttavia, con l’avvento della riproduzione fotografica e, successivamente, della riproduzione digitale e degli strumenti di intelligenza artificiale, la fissazione dell’immagine su supporti è stata profondamente influenzata dalla tecnologia. In concomitanza con questi progressi, si è più volte profetizzata la morte della pittura. Tuttavia, una riflessione più approfondita ci rivela che l’arte visiva continua a svolgere un ruolo fondamentale nell’espressione umana e nella comunicazione emotiva.
Se prendiamo in considerazione la tecnologia più semplice e remota, la fotografia, possiamo notare come essa rappresenti una riproduzione paraoggettiva dell’immagine. Tuttavia, la fotografia ha le sue limitazioni quando si tratta di rappresentare immagini cariche di significato antropologico e culturale. Immagini come l’alba e il tramonto o le foto delle catene montuose che sono intrinsecamente legate a concetti di inizio e fine vita, di nascita e di morte, sono difficili da catturare completamente attraverso una lente fotografica. Le foto delle montagne, ad esempio, possono sembrare più una cartina geografica che una rappresentazione estetica, poiché la macchina fotografica non può catturare le profonde connessioni culturali ed emotive che gli esseri umani hanno attribuito alle montagne come simbolo di grandezza, aspirazione e quiete.
La pittura, d’altro canto, offre un mezzo più flessibile per riprodurre l’immagine come viene percepita dal nostro sistema nervoso. Gli artisti possono esternalizzare non solo ciò che vedono ma anche una parte del significato che l’immagine evoca. Questo concetto è stato anticipato dagli impressionisti, che hanno iniziato a esplorare il processo di percezione visiva che oggi le neuroscienze hanno ampiamente studiato. Gli impressionisti si sono concentrati sul momento retinico, il momento in cui l’immagine visiva interagisce immediatamente con il soggetto percipiente.
Oggi sappiamo che i neurotrasmettitori, attraverso l’uso del colore e delle associazioni di colore, stimolano aree corticali del cervello, spesso collegate ai centri ipotalamici e limbici, responsabili delle emozioni. La realtà fotografata, sebbene fedele, è meno idonea a suscitare emozioni profonde. Questo perché il nostro cervello è abituato e assuefatto ai modelli e alle forme della realtà esterna rappresentati dalla fotografia. L’arte, quindi, non è semplicemente una costruzione di senso, ma un mezzo attraverso il quale l’artista può creare situazioni non abituali per stimolare il processo neurofisiologico che produce emozioni cognitive.
In altre parole, l’artista diventa un medium tra il mondo esterno e il mondo interno dell’osservatore. Attraverso la sua interpretazione e manipolazione dell’immagine, l’artista sfida l’osservatore a vedere il mondo con occhi diversi, a emozionarsi e a riflettere sulla propria percezione. L’emozione è un elemento chiave nella conoscenza e nell’apprendimento, come ci hanno insegnato le tragedie greche e le moderne ricerche delle neuroscienze.
In conclusione, nonostante l’avvento di nuove tecnologie e strumenti, l’arte visiva e la pittura continuano a giocare un ruolo vitale nella rappresentazione dell’immagine e nella trasmissione di emozioni e significati profondi. L’arte non è solo un mezzo di espressione, ma un ponte tra il mondo esterno e il mondo interno dell’essere umano, una finestra attraverso la quale possiamo esplorare la complessità della percezione e della mente umana. Mentre la tecnologia avanza, l’arte continua a dimostrare la sua capacità di comunicare emozioni e significati che vanno ben al di là della semplice riproduzione dell’immagine.
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