La Fondazione Eduardo De Filippo e il suo presidente, Tommaso De Filippo, presentano, nella splendida cornice di Palazzo Scarpetta a Napoli, sede della Fondazione, la mostra Il Sindaco del Rione Sanità, progetto che riunisce i lavori frutto della collaborazione tra gli artisti Piero Golia, Marco Pio Mucci e Matteo Pomati. L’esposizione, basata sull’opera di Eduardo scritta nel 1960, è curata da Francesco Tenaglia e sarà visitabile dal 26 settembre al 4 dicembre 2020, articolata in un corpus di 26 tavole disegnate dagli artisti seguendo il genere della graphic novel. Le opere di Mucci e Pomati fanno parte del piano editoriale SGOMENTO, ideato nel 2017 dai due artisti come piattaforma di collaborazione. SGOMENTO traccia linee di continuità tra arte e fumetto, ponendo l’accento sui linguaggi anziché sfumarli e l’apporto di Piero Golia, artista napoletano di casa a Los Angeles, fortemente voluto dal curatore, ha creato nuove possibilità espositive di grande fascino. Ci dice di più Francesco Tenaglia.
La mostra il Sindaco del Rione Sanità che approderà a Napoli a settembre, fa parte di un progetto iniziato nel 2019 da Marco Pio Mucci e Matteo Pomati e presentato a Parigi all’Istituto Italiano di Cultura, ci può spiegare in che modo si innesta l’apporto di Piero Golia in questa esposizione inedita?
«L’esperienza all’Istituto di Cultura Italiano a Parigi è stata il primo approccio al progetto—un esercizio di raffigurazione della parte introduttiva della commedia—con la mostra che aprirà a Napoli sono più votati alla commistione tecnica, meno alla tradizionale tavola a fumetti. Il desiderio di collaborare con Piero Golia, nasce innanzitutto per la grande stima che nutriamo per l’artista: per un interessante gioco di riflessi, Piero è uno degli artisti partenopei più celebri internazionalmente, ma vive da decenni Los Angeles, città con la quale è spesso associato: possiamo anche dire che è stato uno degli agenti fondamentali del recente rinascimento artistico della città californiana. Più specificamente, ho individuato in Piero Golia la persona perfetta, dopo aver passato qualche giorno insieme a Los Angeles lo scorso febbraio: Golia è, come si dice nel folklore e nella mitologia, un “trickster”. Un autore che riesce a scombinare o gettare nuova luce su situazioni e ambiti preesistenti con intuizioni lineari, lucidissime e ironiche, ed è allo stesso tempo un educatore pionieristico: ha fondato nel 2005 la Mountain School of Art che ospita annualmente, senza alcun fee d’iscrizione, studenti da tutto il mondo che desiderano approfondire ampi campi d’indagine. Ecco, questo duplice livello è, per me, molto affascinante: un artista abituato a ribaltare l’ordinario, a offrire nuove letture con intuizioni spettacolari o intrufolandosi mimeticamente, in punta di piedi, in vari mondi e l’immagine di un insegnante — per quanto alternativo e anti-accademico — che collabora, condivide, trasferisce i propri punti di vista alla generazione più giovane».
La figura di Antonio Barracano, ispirata a un personaggio realmente esistito e presentata da Eduardo come un capo-rione napoletano di fine Ottocento, è stata recentemente adattata da Martone al cinema nelle vesti di odierno camorrista, più vicino agli scenari della Gomorra televisiva. Quale ulteriore passaggio si registra nella trasposizione all’interno delle tavole disegnate da Mucci e Pomati?
«L’operazione di Mario Martone propone un’interpretazione molto diversa da quella che gli artisti hanno seguito per la mostra: questo a ulteriore riprova dell’estrema ricchezza narrativa e complessità del lavoro di Eduardo. L’autore aveva voluto rivolgere un messaggio diretto alla giustizia e nella trasposizione espositiva ci concentriamo soprattutto sulla complessità delle vicende umane, sull’attenzione che De Filippo ha voluto porre su personaggi colti nella complessa ricerca di una propria identità nella difficile situazione sociale del dopoguerra e che, soprattutto, vivono le contraddizioni tra la morale formale e quelle umane».
Dal teatro alla graphic novel, ritroviamo una narrazione che si cristallizza su momenti precisi e determinati. Quali momenti si è deciso di rappresentare per restituire la complessità della commedia eduardiana?
«La mostra con la Fondazione De Filippo si focalizza su alcune immagini chiave della commedia, alcune inedite: la scelta è ricaduta sull’equilibrio tra il rispetto del testo eduardiano e l’autonomia della messa in scena che non intende essere una mera narrazione didascalica. Marco Pio Mucci e Matteo Pomati si sono identificati nei due personaggi, hanno studiato le scene incentrate su di loro, hanno tentato di identificare i momenti che i personaggi avrebbero ritenuto più salienti. Certamente aiutati dalla prossimità di ormai lunga data con il lavoro di Eduardo, di cui sono entrambi appassionati. In questo gioco sull’autorialità, sull’identità, sulla miemesi, crediamo che l’intervento di Piero Golia possa rappresentare un intrigante ennesimo livello».
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